Kosovo (quinta parte): la Jugoslavia Socialista e la Primavera di Pristina

(di Guglielmo Maria Barbetta)
26/10/23

Lo status costituzionale del Kosovo nella Jugoslavia titina1 fu quello di provincia autonoma della Serbia. La Provincia Autonoma di Kosovo e Metochia venne infatti costituita nel 1946 in seno alla Repubblica Popolare di Serbia, la principale delle repubbliche che costituivano la Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia.

La Provincia venne ufficialmente costituita come provincia autonoma della Repubblica Socialista di Serbia con la costituzione del 1963. Gli anni ‘70 ne videro accrescere l'autonomia, fino a diventare nel 1974 una delle unità federali della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, prendendo la denominazione di Provincia Socialista Autonoma del Kosovo.

Lo status di grande autonomia ottenuto dal 1963, e soprattutto dal 1974, non fu comunque paritario a quello delle sei repubbliche costituenti (Slovenia, Croazia, Bosnia, Serbia, Montenegro, Macedonia) che avevano il diritto costituzionale di secessione.

Nel dopoguerra, gli albanesi del Kosovo vennero trattati duramente e considerati dei collaborazionisti dei nazi-fascisti e nemici del nuovo ordine socialista. Tuttavia, il nuovo governo socialista di Belgrado abbandonò il progetto interbellico di ricolonizzazione serba, nella speranza di mettere fine al violento ciclo di vendette, e inizialmente impedì il rientro in Kosovo degli sfollati serbi2.

Dopo alcune proteste, questo blocco fu revocato e alcuni rientrarono in Kosovo3. La conseguenza di queste scelte fu comunque un forte cambiamento degli equilibri demografici, con la prevalenza dell'elemento kosovaro-albanese4.

Negli anni successivi, il governo di Belgrado cercò di valorizzare il Kosovo e di promuoverne la crescita economica. L’obiettivo era quello di ridurre il crescente divario in termini di qualità della vita in confronto alle altre repubbliche della federazione ma l'economia regionale non riuscì a decollare come sperato.

Negli anni ’70, infatti, furono destinati massicci investimenti al Kosovo, soprattutto verso il settore industriale. Molte risorse vennero indirizzate allo sviluppo e alla valorizzazione del capitale umano, come avvenne ad esempio con l'apertura dell'Università di Pristina, e fu istituito un fondo speciale destinato all’implementazione di ulteriori progetti appartenenti a questa sfera d’azione.

L'etnia albanese, dal canto suo, aveva apertamente manifestato, anche se invano, il desiderio di un Kosovo con lo status di Repubblica già nel 1968, ottenendolo de facto ma non de jure nel 1974.

Vi furono numerose manifestazioni anche nel marzo 1981, a pochi mesi dalla morte di Tito, quando ebbero luogo le c.d. Primavere di Pristina (1981-82), segnate da una brutale repressione compiuta dalla polizia di Stato contro la popolazione che protestava per le precarie condizioni in cui versava la regione e che premeva per una maggiore autonomia. La popolazione albanese aumentò, nel periodo socialista, passando dal 75% a oltre il 90% del totale. Al contrario, la popolazione di etnia serba continuò a calare, diminuendo dal 15% all'8%.

Durante il periodo dell'ascesa del nazionalismo serbo nella Jugoslavia degli anni '80 e '90, vennero pubblicati volumi revisionisti che propagandavano la tesi secondo cui i serbi sarebbero stati l'unica etnia vittimizzata in Kosovo durante il periodo jugoslavo5.

Il 24 ottobre 1986 fu pubblicato a Belgrado l'anti-titino ed anti-albanese “Memorandum della Accademia Serba delle Scienze” (il c.d. Memorandum SANU). Nel 1987 l’allora leader della Lega dei Comunisti di Jugoslavia in Serbia Slobodan Milošević fu inviato in Kosovo a fini di pacificazione, ma prese immediatamente le parti dei serbi dichiarando che “mai più nessuno potrà toccare un serbo” e proclamandosi leader nazionalista.

Nel marzo 1989, Milošević riuscì a far revocare, con metodi non costituzionali, gran parte dell'autonomia costituzionale del Kosovo e della Vojvodina. Peraltro, fu revocato lo status paritario goduto dalla lingua albanese che fino ad allora rappresentava la lingua co-ufficiale del Kosovo, accanto al serbo-croato.

Il 28 giugno 1989, durante il 600º anniversario della prima battaglia del Kosovo, a Kosovo Polje, il luogo dove si svolse la famosa battaglia, Milošević, Presidente della Repubblica di Serbia già dall’8 maggio di quell’anno, pronunciò un violento discorso contro l'etnia albanese, rivolgendosi anche ai turchi ottomani.

Il discorso del 1989 segnò così l'avvio di una politica di assimilazione forzata della provincia, con la chiusura delle scuole autonome di lingua albanese e la sostituzione di funzionari amministrativi e insegnanti di etnia albanese con serbi o figure ritenute fedeli alla Serbia.

Inizialmente, l'etnia albanese reagì alla perdita dei suoi diritti costituzionali con la resistenza nonviolenta, guidata principalmente dalla Lega Democratica del Kosovo (LDK) di Ibrahim Rugova. Gli albanesi boicottarono le istituzioni e le elezioni ufficiali, stabilirono istituzioni e scuole separate e dichiararono l'indipendenza della Repubblica del Kosovo il 2 luglio 1990, riconosciuta soltanto dall'Albania. Inoltre, adottarono una costituzione nel settembre 1990 e tennero un referendum sull'indipendenza nel 1992, che registrò la presenza dell'80% degli aventi diritto al voto e il 98% di sì: il referendum non venne mai formalmente riconosciuto ma vi parteciparono comunque degli osservatori internazionali.

A seguito dell'Operazione Tempesta6 dell'agosto 1995, che portò all'esodo di 200.000 serbi (foto) di Croazia7, il governo di Belgrado decise di reinsediare forzatamente 20.000 profughi in Kosovo, nel tentativo di modificarne nuovamente l'equilibrio demografico. Numerosi membri della comunità internazionale fecero appello al governo serbo perché concludesse al più presto le operazioni.

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1 Titismo (o titoismo) è un termine in uso dal 1948 e indica un adattamento dell'ideologia comunista, caratterizzato da un atteggiamento ideologico e politico di indipendenza dalle direttive del Cominform, e quindi dall'Unione Sovietica, assunto da Tito per dar vita ad una “via jugoslava” al socialismo. Il termine è usato per descrivere lo specifico sistema socialista costruito in Jugoslavia a seguito del suo rifiuto delle Risoluzioni del Cominform del 1948, quando il Partito Comunista di Jugoslavia rifiutò di prendere ulteriori ordini dall'Unione Sovietica.

2 M. Anthony, The bridge betrayed: religion and genocide in Bosnia. University of California Press, p. 54

3 R. John R., Yugoslavia as history: twice there was a country. Cambridge University Press, 2000, p. 228

4 P. Mojzes, Balkan Genocides: Holocaust and Ethnic Cleansing in the Twentieth Century, pp. 94-96

5 J. Dragović-Soso, Saviours of the nation: Serbia's intellectual opposition and the revival of nationalism, McGill-Queen's Press, 2002, p. 127

6 L'Operazione Tempesta (in croato Operacija Oluja) è stata un'operazione militare, durante la guerra d'indipendenza croata, coordinata dall'Esercito croato e supportata militarmente delle forze bosniache dell'Armata della Bosnia ed Erzegovina, contro l'Esercito Serbo della Krajina e delle milizie bosniache ribelli della Regione Autonoma della Bosnia occidentale.