Kosovo (prima parte): una storia lunga millenni

(di Guglielmo Maria Barbetta)
15/09/23

La storia del Kosovo è estremamente estesa nel tempo e ricca di numerosi eventi cruciali. In questo articolo si esamineranno, per quanto brevemente, i principali passaggi storici fino ad arrivare alla conclusione delle Grandi Battaglie del Kosovo.

L'area geografica del Kosovo ha fatto parte in età antica dell'Impero macedone e successivamente dell'Impero Romano. Con l'indebolimento dell'Impero bizantino, pur conservando l’assetto sociale e culturale proto-albanese, venne colonizzata dagli slavi e divenne parte dell'Impero Bulgaro per poi diventare parte del regno medievale di Serbia e dell'Impero serbo. Con la frammentazione di quest’ultimo, e a seguito della sconfitta nella Battaglia della Piana dei Merli nel 1389 (immagine apertura), il Kosovo passò sotto dominio ottomano per più di cinque secoli.

Dalla Storia Antica al Medioevo

L'area del Kosovo è stata abitata senza interruzione sin dal neolitico, periodo in cui erano attive comunità umane appartenenti alla cultura di Starčevo1 e, quale secolo dopo, alla cultura di Vinča2.

Nel IV secolo a.C., l'area del Kosovo si trovava all'estremo orientale dell'Illiria3, ai confini con la Tracia4. Le prime tribù di cui si abbia notizia sono i Traci triballi, concentrati nell'attuale Valacchia, la cui portata si estendeva però fino all'attuale Kosovo fino al III secolo a.C., e i Dardani, che fecero loro seguito tra il III e il I secolo a.C.

Nei secoli successivi, l'area del Kosovo, nota come parte della Dardania e caratterizzata in epoca antica da un livello molto scarso di urbanizzazione e di penetrazione della civiltà classica, fu occupata da Alessandro Magno nel IV secolo a.C.

L'antica regione dei Balcani comprendeva approssimativamente l'attuale Kosovo e le zone limitrofe dell'Albania, della Macedonia del Nord, della Serbia e del Montenegro. Era abitata dalla tribù illirica dei Dardani, da cui prese il nome.

Venne conquistata da Roma nel 160 a.C. e successivamente incorporata nella provincia romana dell'Illirico nel 59 a.C. Divenne poi parte della Mesia5 nell'anno 87 d.C.

A partire dal IV secolo, l'area del Kosovo, ormai in gran parte romanizzata, venne integrata nella Provincia di Dardania dell'Impero Bizantino, il quale era però costantemente concentrato sulle guerre in Oriente contro i Persiani e gli Arabi6.

Con l'allentarsi dell'autorità e del controllo di Bisanzio sull'entroterra balcanico, la regione rimase esposta a varie incursioni barbariche, che culminarono nelle grandi migrazioni slave del VI e VII secolo dall'Europa orientale7.

La successiva storia politica e demografica del Kosovo non è conosciuta con assoluta certezza fino al XIII secolo.

La regione venne assorbita nel primo Impero Bulgaro attorno all’850, con il definitivo consolidamento del cristianesimo e della cultura slavo-bizantina. Venne riconquistata dai bizantini nel 1018 e divenne parte del nuovo Thema di Bulgaria8.

In quanto punto focale per la resistenza slava al potere di Costantinopoli nella penisola, la regione cambiò spesso dominazione, tra serbi e bulgari da una parte e romani di Bisanzio dall'altra, fino all’arrivo del principe serbo Stefan Nemanja9 (immagine), che se ne assicurò il controllo alla fine del XII secolo.

La Serbia a quell'epoca non era ancora un regno unificato: esisteva un gran numero di piccoli principati serbi a nord e a ovest del Kosovo, i più potenti dei quali erano la Rascia (corrispondente alla zona centrale della moderna Serbia) e la Doclea (ossia l’attuale area del Montenegro e del nord dell'Albania). Questi principati erano spesso in lotta con l'Impero.

Nel 1180, il signore serbo Stefano Nemanja prese il controllo della Doclea e di parte del Kosovo. Il suo successore, Stefano Prvovenčani, assunse il controllo del resto dell’area dal 1216, creando in tal modo uno Stato che incorporò la maggior parte dell'area costituita dalle attuali regioni della Serbia e del Montenegro10.

La composizione etnica della popolazione del Kosovo durante questo periodo è ancora oggi oggetto di controversie fra gli storici serbi e albanesi.

L’etnia serba sembra sia stata la popolazione culturalmente e linguisticamente dominante, e probabilmente rappresentò anche la maggioranza demografica: lo prova la carta di fondazione di Dečani, il più antico dei rarissimi documenti esistenti, che risale però al 1330, circa un secolo dopo l'inizio della dominazione serba.

Nel XIII e XIV secolo, il Kosovo divenne centro politico e spirituale del regno serbo. Alla fine del XIII secolo, la sede dell'arcivescovato serbo venne spostata a Peć, mentre i sovrani si muovevano tra Pristina, Prizren e Skopje.

Nello stesso periodo vennero costruite centinaia di chiese, monasteri e roccaforti feudali. Il Kosovo fu, in quegli anni, economicamente rilevante, come lo era la capitale del Kosovo moderno, Pristina, che fu un rilevante nodo commerciale sulle strade che conducevano ai porti del mar Adriatico. Del pari, anche l'attività mineraria ebbe grandissima importanza.

L'apice del potere serbo nella regione venne raggiunto nel 1346 con la formazione dell'Impero serbo e l'incoronazione di Stefano Dušan a zar dei serbi, vlachi, greci e albanesi. Tuttavia, alla sua morte, avvenuta nel 1355, l'impero serbo si frammentò in una serie di principati feudali. Il Kosovo divenne terra ereditaria dei casati Mrnjavčević e Branković.

Nel tardo XIV e XV secolo, alcune aree del Kosovo, raggiungendo anche la stessa Pristina, fecero parte del principato di Dukagjini, in seguito incorporato nella federazione anti-ottomana composta dalla totalità dei principati albanesi, la Lega di Alessio11.

Ciò si verificò in concomitanza con la prima espansione ottomana nei Balcani: l'Impero ottomano colse l'opportunità offertagli dalla debolezza greca e serba e invase quei territori12.

Le Grandi Battaglie del Kosovo

Uno degli scontri più conosciuti della storia dei Balcani è certamente la Battaglia della Piana dei Merli. Il conflitto avvenne sull’omonimo campo il 15 giugno 1389, quando il knez13 di Serbia, Lazar Hrebeljanović, radunò una coalizione di soldati cristiani, composta da serbi ma anche da bosniaci e magiari, e di un contingente di mercenari sassoni14.

Il sultano ottomano Murad I riunì anch'egli una coalizione di soldati e volontari dei vicini paesi di Rumelia e Anatolia. Fornire cifre esatte non è certo facile, ma alcuni resoconti forniti degli storici suggeriscono che l'esercito cristiano era di gran lunga inferiore a quello ottomano. Si ritiene che il totale dei due eserciti fosse inferiore alle 100.000 unità. L'esercito serbo fu sgominato e Lazar venne trucidato. Anche Murad I perì in quello scontro leggendario15.

In seguito a ciò, il figlio di Lazar e altri principati serbi accettarono una forma di vassallaggio nominale al sultano ottomano, cui venne offerta in sposa la figlia di Lazar per suggellare la pace. Già nel 1459, però, i turchi conquistarono la nuova capitale serba, Smederevo, lasciando Belgrado e la Vojvodina sotto il potere magiaro fino alla metà del XVI secolo16.

La seconda e la più importante battaglia del Kosovo fu combattuta da Giorgio Castriota Scanderbeg, che liberò Kosovo e Albania dall'invasione degli ottomani nella battaglia di Mokra il 10 ottobre 1445. L'esercito ottomano, composto da 15.000 cavalieri e guidato da Firuz Pascià, aveva l'ordine di distruggere Scanderbeg e gli albanesi. Castriota decise di attendere l’offensiva presso le gole di Prizren il 10 ottobre 1445 e, grazie alle doti strategiche, ne uscì vincitore.

Murad II aveva mandato un esercito di 25.000 uomini, di cui 15.000 cavalieri, al comando di Alì Pascià, il suo generale più illustre. Questi ultimi entrarono in Albania dalla parte nord est del Kosovo. Una delle prime misure del principe albanese fu quella di creare una schiera di spie militari distribuite in tutti i nodi di comunicazione tra Adrianopoli e l'Albania. Grazie a questa intuizione, rimase a conoscenza di ogni movimento e seppe sempre con precisione il numero di nemici diretti verso di lui. Immediatamente reclutò 15.000 uomini, di cui 7.000 cavalieri, ed accampò a Torvioll, vicino all'odierna Tirana, in una valle di piccole dimensioni (un rettangolo di terra di circa sette miglia per tre), circondata da monti, a loro volta coperti di boschi. In questi boschi nascose metà della sua cavalleria, lasciando in campo solo una piccola parte della sua fanteria e muovendo poi verso Ali Pascià, attirandolo con delle manovre nel piccolo campo dove aveva deciso di dar battaglia.

Qui vi giunse il 28 giugno 1444 e quel giorno schierò definitivamente tutte le sue unità. A destra i montanari del Dukagjini, a sinistra i bulgari della Mokrena e al centro la guardia di Scanderbeg. Era inoltre presente una riserva più arretrata di oltre 3.000 uomini. Altri 3.000 al comando diretto di Hamza Castriota erano nascosti nei boschi intorno al campo.

La superiorità nemica venne quindi annullata dall'angustia del campo: i turchi non poterono in alcun modo circondare l'esercito cristiano.

I turchi ebbero 8.000 morti, 2.000 prigionieri, 24 bandiere perse e tutto il loro campo finì nelle mani dei vincitori. Murad II, impaurito dagli stratagemmi utilizzati dai cristiani, chiese la pace agli ungheresi e la ottenne per dieci anni.

Il 12 luglio 1444 essa fu sottoscritta a Szegedin, con le condizioni per il sultano di restituire la Serbia occupata a Đurađ Branković, insieme ai figli presi in pegno, e l'impegno a non invadere le terre di Scanderbeg.

La pace decennale però durò soltanto sei settimane. Ladislao, re di Polonia e Ungheria, decise di rompere il trattato e ad attaccare, approfittando dell'assenza del sultano. Il Re entrò quindi in Bulgaria con un esercito composto da 14.000 unità tra polacchi, ungheresi e romeni. Mise il campo a Varna e attese che giungessero gli alleati crociati. Scanderbeg si impegnò infatti a raggiungere l'alleato polacco e si mise in movimento il 15 ottobre, dopo aver raccolto altri 15.000 uomini. Vi sarebbe giunto se non avesse trovato il passo sbarrato il sovrano Brankoviç, il quale, non avendo rotto la pace col sultano, non voleva certo inimicarsi quest'ultimo.

Scanderbeg perse così più di tre settimane in trattative e, sfiancato e inquieto, diede ordine ai suoi di passare comunque, nonostante il disaccordo dei serbi. Si era ormai inoltrato in Serbia quando, però, venne a sapere da ungheresi e polacchi fuggiaschi della sconfitta e della morte di Ladislao.

Murad II dovette dunque continuare la lotta nei Balcani e occuparsi di Scanderbeg. Il sultano inviò Hajredin Bey con proposte di pace, che vennero però rifiutate. Per mantenere la situazione sotto controllo, venne inviato un esercito di 9.000 cavalieri guidati da Firuz Pascià. Il loro compito non era quello di provocare gli albanesi, ma avrebbero dovuto temporeggiare e tendere un’imboscata nel momento in cui questi ultimi avessero varcato il confine.

Scanderbeg affrontò l’esercito ottomano nella pianura della Mokrena, abitata da bulgari, ma sotto il suo diretto dominio, con la sua sola guardia. Lo affrontò il 10 ottobre 1445 in un bosco, nei pressi di Prizren, dove lo aveva spinto con numerose, rapide e decisive azioni di guerriglia. Gli uomini a cavallo ottomani erano impediti dagli alberi e furono annientati dagli albanesi appiedati che sbucavano da ogni dove. Lasciando 1.500 morti e 1.000 prigionieri, Firuz Pascià tornò sconfitto ad Adrianopoli.

Giorgio Castriota Scanderbeg fu l'unico condottiero, tutt’ora considerato eroe nazionale albanese, a liberare il Kosovo dall'invasione degli ottomani.

Il Kosovo mantenne la propria indipendenza insieme all'Albania fino alla morte di Scanderbeg nel 1468. In seguito, la regione fu nuovamente conquistata di nuovo dai Turchi.

La terza battaglia fu combattuta lungo l'arco di due giorni nell'ottobre del 1448, fra la forza ungherese comandata da Giovanni Hunyadi e l’esercito ottomano guidato da Murad II. Significativamente più imponente della prima battaglia, con entrambi gli eserciti del doppio della consistenza del conflitto del 1389, il risultato finale fu però il medesimo, e l'esercito ungherese fu sconfitto in battaglia.

Quando le truppe albanesi di Scanderbeg, il quale non riuscì a prendere parte personalmente alla battaglia, si mossero per unirsi a quelle ungheresi, esse caddero in un'imboscata tesa loro dal serbo Đurađ Branković, ufficialmente alleato degli ottomani, e non giunsero mai sul campo di battaglia.

Sebbene la sconfitta in battaglia costituisse un passo indietro per quanti resistevano all'invasione ottomana dell'Europa, essa non costituì un colpo definitivo, tant'è vero che Hunyadi fu in grado di mantenere la resistenza ungherese attiva contro gli Ottomani durante la sua intera vita.

Leggi "Kosovo (seconda parte): l'Impero Ottomano"

Leggi: "Kosovo (terza parte): le Guerre Balcaniche (1912-1913)"

Leggi: "Kosovo (quarta parte): la Prima Guerra Mondiale e il Regno di Jugoslavia"

Leggi: "Kosovo (quinta parte): la Jugoslavia Socialista e la Primavera di Pristina"

Leggi: "Kosovo (sesta parte): verso il conflitto"

1 Cultura archeologica neolitica proveniente dall'Europa Orientale e Balcani, risalente fra il VII e V millennio a.C. La popolazione che sviluppò la cultura Starčevo è considerata la fondatrice di Belgrado, l'attuale capitale della Serbia, in un'epoca in cui, però, non vi erano ancora popoli slavi nei Balcani.

2 Cultura preistorica che si sviluppò nella penisola Balcanica tra il VI e il III millennio a.C.

3 Regione corrispondente alla parte occidentale della penisola balcanica, ossia la costa sud-orientale del Mare Adriatico, abitata dagli Illiri, antica popolazione di lingua indoeuropea.

4 Regione posta nell'estrema punta sudorientale della penisola balcanica. Rispetto ai confini odierni, comprende il nordest della Grecia, il sud della Bulgaria e la Turchia europea.

5 Area corrispondente alle attuali Serbia e Bulgaria.

6 A. Stipčević, The Illyrians: history and culture, Noyes Press, 1977, p. 76

7 F Curta. The Making of the Slavs. 2001, p. 189

8 Il termine “thema” designa le circoscrizioni che nel VII secolo furono create per opera dell'imperatore bizantino Eraclio I, al fine di rinnovare l'assetto amministrativo e territoriale di tutto l'impero.

9 Il Gran Principe è considerato tutt’ora il padre della nazione serba, poiché riunì in un solo stato le diverse entità slave dei Balcani.

10 A. Madgearu e M. Gordon, The Wars of the Balkan Peninsula: Their Medieval Origins, Scarecrow Press, 2008, p. 25

11 La Lega di Alessio, o Lega di Lezhë, è stata un'alleanza difensiva di principi albanesi, formatasi a Lezha (Alessio) il 2 marzo 1444, nell'ambito della ribellione contro l'Impero ottomano. Il 28 novembre 1443 l'Albania ha proclamato poi la propria bandiera, esistente tutt'oggi, e dichiarato l'indipendenza dai turchi.

12 M. Sellers, The Rule of Law in Comparative Perspective, Springer, 2010, p. 207

13 Principe

14 M. Vickers, Chapter 1: Between Serb and Albanian, A History of Kosovo, New York Times, Columbia University Press, 1998

15 Essays: 'The battle of Kosovo' by Noel Malcolm, Prospect Magazine May 1998/30, prospectmagazine.co.uk

16 B. Jelavich, History of the Balkans, Cambridge University Press, 1983, p. 31