Lo strumento navale della Corea del Nord

(di Renato Scarfi)
01/04/23

Da più di un decennio il padrone della Corea del Nord, Kim Jong-un, destina buona parte delle risorse del paese nello sviluppo di una capacità strategica di risposta. Gli strumenti che ha deciso di impiegare sono i missili.

La spasmodica ricerca di strumenti dissuasivi balistici e nucleari (e correlate spese) ha, tuttavia, portato a uno strumento militare terrestre che vede un ridondante esercito convenzionale e assai poco sofisticato, con una scarsa capacità di manovra, specialmente se bersagliato da incursioni aeree avversarie. In sostanza, si tratta di un colosso immobile e particolarmente vulnerabile alle operazioni dal mare, come quelle anfibie. Per limitare questa criticità e lasciare quanti più fondi possibili allo sviluppo missilistico Pyongyang ha, quindi, scelto di adottare una strategia tesa a impedire operazioni navali nelle sue acque (Anti-Acces/Area Denial A2/AD). Ma una tale strategia, se non supportata da idonei mezzi navali, può essere applicata fino a una distanza di poche centinaia di chilometri dalle coste e, inoltre, non è certamente adottabile contro gruppi aeronavali consistenti e ben difesi né permette di mantenere una significativa presenza navale a presidio delle aree contestate.

La flotta di superficie

Le scelte effettuate e le risorse disponibili, pertanto, hanno determinato l’attuale configurazione della Marina nordcoreana, che conta 46.000 militari, 700 unità e una decina di elicotteri. Il numero delle unità, tuttavia, non deve far pensare a una potente Marina d’altura, giacché si tratta di unità piuttosto piccole, sostanzialmente incapaci di assicurare una significativa e duratura presenza in alto mare.

Tra queste vanno ricordate le 6 unità classe “Nongo” (200 t), le 12 “Huangfeng” (205 t) e le 12 Komar (70 t). Le prime sono state ideate e costruite dalla Corea del Nord, mentre le seconde sono costruite su licenza cinese e le “Komar” sono originarie dell’URSS. Hanno caratteristiche comuni, che si riassumono in alta velocità (35-48 nodi), profilo basso per minimizzare l’eco radar e armamento missilistico antinave. Nella loro azione si avvalgono della collaborazione delle obsolete motosiluranti di provenienza sovietica classe “Shershen” e ”P6”, dotate anche di artiglieria leggera.

Sono tutte unità leggere che trovano il loro prevalente impiego sotto costa, dove le numerose isolette permettono loro di attaccare e fuggire, celandosi ai sensori avversari, essendo comunque costrette a operare a distanza tale che possa essere assicurata la protezione da parte delle postazioni litoranee di artiglieria, o delle batterie missilistiche costiere antinave, dotate dei sovietici P-15 “Termit” (codice NATO SS-N-2 “Styx”) o dell’equivalente cinese HY-1/2 “Shang YO”/”Hai Ying” (nome NATO “Silkworm”) o dell’aviazione basata a terra. Si tratta, quindi, di una flotta di superficie sostanzialmente di natura costiera, la cui sopravvivenza in un conflitto ad alta intensità in mare aperto è minima, soprattutto se esposta agli attacchi aerei. I missili precedentemente richiamati, inoltre, rappresentano una minaccia di livello moderato, dato che sono dotati di una testa radar obsoleta in termini di contromisure elettroniche. Il loro profilo di volo, inoltre, non prevede manovre evasive.

Sono anche disponibili unità più grandi, come 5 unità per la guerra di mine classe “Sariwon” (650 t), di provenienza sovietica, e due corvette classe “Najin” (1.500 t), risalenti agli anni ’70 e rimodernate nel 2010 e nel 2014.

Solo recentemente la flotta di superficie ha ricevuto due navi relativamente moderne (corvette classe “Tuman”/”Nampo”) da 1.500 t, mentre per altre due classe “Amnok” (scafo derivato dalla russa classe “Krivak III”) non si ha notizia circa il completamento dell’allestimento o dell’inizio della vita operativa. L’armamento è costituito essenzialmente da cannoni con torrette binate AK-230 da 30 mm, un sistema risalente all’epoca sovietica, dato che l’industria militare nordcoreana non si può permettere la produzione e l’impiego contemporaneo di sistemi d’arma diversi. Anche l’armamento antisommergibile (RBU-1200) è un progetto che risale all’epoca sovietica.

Le unità imbarcano i missili antinave KN-09, di costruzione locale ma molto simili ai russi KH-35. Altre fonti indicano anche la dotazione di non meglio precisati missili superficie-aria. Queste navi vengono impiegate anche per fornire assistenza alle unità lanciamissili veloci (protezione contro navi leggere avversarie, scoperta e localizzazione bersagli nemici, ecc…). Le unità maggiori sono baste sulla costa orientale, di fronte al Giappone e nelle immediate vicinanze delle zone di pesca contestate.

La Marina nordcoreana non sembra abbia alcuna efficace capacità anfibia. D’altronde, se la coperta è corta, o la testa o i piedi rimangono allo scoperto. Avendo deciso di impostare la propria strategia (e risorse) soprattutto sulla deterrenza missilistica, era prevedibile che alcuni altri strumenti militari sarebbero rimasti in seconda e terza linea.

In tale ambito, allo scopo di rendere più credibile (e occulta) la sua capacità, parallelamente alle sperimentazioni di missili con una gittata e carico bellico sempre maggiori, ha sviluppato una flotta subacquea che oggi rappresenta la sua principale forza, numericamente tra le prime quattro del mondo, insieme a Stati Uniti, Cina e Russia.

La flotta subacquea

La storia della flotta subacquea nordcoreana è iniziata nella seconda metà degli anni ‘50, con il trasferimento di quattro sommergibili sovietici “Progetto 613” (denominazione NATO Whiskey) da 1.350 t, ormai rottamati da molti anni.

Nel 1965 la Yugoslavia di Tito cede a Pyongyang i piani per la costruzione di un sommergibile tascabile da 90 t in immersione, che permette ai cantieri di Yukdaeso-ri di avviare la costruzione di una ventina di battelli tipo “Yugo”, poi rinforzati e successivamente sostituiti da sommergibili tipo “Yono” (o “Yeono” - nella foto l'identici classe Ghadir iraniani) da 190 t, costruiti in numero imprecisato. Di questi ultimi varie fonti indicano tra i cinque e i dieci battelli ancora in servizio.

Negli anni 1973-74 è la volta della Cina, che cede quattro battelli “Tipo 033”, la versione cinese del “Progetto 633” sovietico (denominazione NATO Romeo) da 1.859 t. Negli anni successivi i nordcoreani costruiscono altri 21 battelli simili nei cantieri di Sinpo e di Mayang-do, mettendo mediamente in acqua un battello ogni 13 mesi. La versione nordcoreana del battello è caratterizzata da un acciaio più resistente di quello impiegato dai sovietici. A Mayang-do, per inciso, si trova anche il Comando dei mezzi subacquei di Pyongyang. Attualmente 20 di quei battelli risulterebbero ancora in servizio.

Nei primi anni ’90 la Corea del Nord lancia un programma di acquisizione di sottomarini lanciamissili, con l’obiettivo di dotarsi di una credibile capacità di risposta (second strike). Nel 1994 acquista, quindi, alcuni sottomarini russi “Tipo 629” (classificazione NATO Golf) radiati dalla Flotta del Pacifico. Questi battelli, tuttavia, non sembra siano mai stati impiegati in operazioni reali. Qualora “riesumati” potrebbero costituire la “squadra” da 3.000 t tanto desiderata da Pyongyang, capaci di imbarcare 4-6 missili balistici.

Nel 1996 termina la produzione dei Romeo nordcoreani e inizia la costruzione dei “Sang-O” da 370 t, al ritmo di 4-6 battelli all’anno fino al 2003. Dopo una pausa di sette anni, i nordcoreani riprendono la costruzione di battelli nel 2010, con i “Sang-O II” da 400 t. A seconda delle fonti, al momento risulterebbero in servizio 30-40 “Sang-O” e 2-6 “Sang-O II”.

Il 23 luglio 2019 viene presentato ufficialmente un battello Romeo mod (foto apertura), cui viene dato il nome di “Sinpo-C”, una versione sei metri più lunga della precedente. Il battello sembrerebbe l’unico vettore in grado di lanciare missili in immersione, anche se la profondità di lancio sarebbe abbastanza contenuta (meno di 20 m), ed esporrebbe quindi il battello al rischio di essere scoperto dall’avversario. A questo battello si affiancherebbe un prototipo di sottomarino lanciamissili balistici a propulsione convenzionale classe “Gorae”/”Sinpo”, di produzione nazionale.

A oggi, la flotta subacquea nordcoreana è impiegata in ruolo di interdizione A2/AD, con un raggio d’azione leggermente più ampio delle unità di superficie.

Anche se annovera prevalentemente battelli datati e non in grado di lanciare missili balistici, la Corea del Nord è uno dei paesi più dotati di battelli tascabili, in rapporto alla consistenza complessiva della flotta. Nonostante l’elevato numero di battelli formalmente in servizio, tuttavia, sembra che solo 20-25 siano effettivamente operativi. Anche il livello di manutenzione dei battelli in grado di navigare desta alcune perplessità.

Il programma missilistico navale

Nel frattempo è proseguito il programma relativo ai missili balistici navali, il cui primo test di lancio da piattaforma navale ha avuto luogo nel dicembre 2014. Il 24 agosto 2016, dalle acque antistanti il porto di Sinpo, da una piattaforma subacquea viene poi lanciato il missile “Pukguksong-1”, un missile balistico a due stadi a carburante solido, la cui portata è stata teorizzata in circa 1.500 km. Segue poi il lancio del “Pukguksong-3” il 2 ottobre 2019 (raggio teorico circa 1.900 km), sempre da piattaforma immersa.

Durante la parata del 10 ottobre 2020, mentre su alcuni camion defilano dei missili “Pukguksong-4”, Kim Yong-un formalizza l’intenzione di proseguire nel programma missilistico navale “…a scopo dissuasivo…”. Una dichiarazione seguita dall’intenzione di accrescere l’arsenale nucleare nordcoreano, in risposta alla “politica ostile” di Washington (9 gennaio 2021). Il 14 gennaio 2021 viene poi presentato il “Pukguksong-5”, un missile che ha un diametro maggiore di quello della precedente versione. Dall’analisi delle dimensioni, risulterebbe che il “Pukguksong-4” sarebbe assimilabile allo statunitense Poseidon (imbarcati sui sottomarini classe “Lafayette” negli anni ‘60) sia nelle dimensioni che nella gittata (4.650 km). Si ipotizza poi che il “Pukguksong-5” avrebbe prestazioni assimilabili al Trident I, con una gittata di circa 7.400 km, che era imbarcato sui sottomarini classe “Ohio”.

Alcuni osservatori ritengono che l’ultimo nato abbia dimensioni incompatibili con i silos dei Romeo mod/Sinpo-C e, pertanto, risulterebbe impossibile il lancio da quelle piattaforme, le uniche nordcoreane in grado di lanciare missili balistici.

Il 20 ottobre 2021, infine, da piattaforma subacquea (sembrerebbe il classe “Gorae”) viene lanciato con successo un missile, che percorre circa 600 km a una quota di 60.000 m. Il lancio ha, tuttavia, danneggiato la piattaforma subacquea, che ha dovuto essere rimorchiata in porto.

Conclusioni

La Marina nordcoreana ha tre missioni principali. La prima è quella di costituire una minaccia per le unità lanciamissili avversarie, che costituiscono un importante settore della difesa contro la minaccia balistica e nucleare nordocoreana. Minacciando tali unità Pyongyang intenderebbe distogliere una parte delle loro capacità dalla “vigilanza balistica”, riducendo l’efficacia complessiva dello scudo di protezione avversario.

La seconda missione è quella di concorrere alla lotta contro le operazioni anfibie avversarie, minacciando le unità da sbarco e le unità di scorta che, durante tali operazioni, sono costrette a rimanere nella stessa area per lungo tempo.

La terza è quella di raccolta delle informazioni sull’avversario, condotta per mezzo dei sottomarini. In tale ambito, quella nordcoreana è una flotta subacquea caratterizzata in massima parte da battelli tascabili (200-400 t), che Pyongyang impiega principalmente proprio per questa missione. La reale efficienza complessiva della flotta subacquea, tuttavia, resta un mistero, come resta un mistero la sua reale capacità come piattaforma di lancio di missili balistici.

Ciò detto, va ricordato che, secondo un'analisi del 2018 condotta dalla Nuclear Threat Initiative, l’unica piattaforma subacquea al momento disponibile "…sembra in grado di sparare un singolo missile balistico…" e deve emergere ogni pochi giorni, limitando la sua operatività1.

Nonostante la propaganda nordcoreana, disseminata ad arte, che parlerebbe di sottomarini da 3.000 t con otto missili imbarcati, le dimensioni relative sottomarino-missile sembrerebbero, inoltre, suggerire che la notizia sarebbe più un desiderio che una realtà. A oggi, quindi, non ci sono prove che un tale vettore sia effettivamente nelle disponibilità dei nordcoreani.

La mancanza di informazioni completamente attendibili, tuttavia, fa sorgere numerose domande. La prima di queste riguarda la reale disponibilità di battelli efficienti e in grado di imbarcare e lanciare missili balistici. La recente notizia di forniture militari alla Russia per la guerra in Ucraina, quale contropartita ha ricevuto? Potrebbe essere l’assistenza di tecnici russi (notoriamente esperti nel settore subacqueo) per la costruzione di sottomarini più efficienti e grandi, tali da poter imbarcare più missili balistici?

Nel frattempo, l’atteggiamento di Kim Yong-un continua a destare perplessità, oscillando periodicamente dalle minacce alla distensione. Alla cerimonia di apertura dei giochi olimpici invernali del febbraio 2015, per esempio, gli atleti nordcoreani hanno sfilato insieme agli atleti della Corea del Sud. Nell’aprile successivo ha dichiarato – insieme al Presidente sudcoreano – di voler denuclearizzare la penisola, mentre il 12 giugno seguente ha incontrato il Presidente statunitense Trump. A queste manifestazioni di distensione si affiancano, però, esibizioni di forza (o di arroganza?) che sembrano delle vere e proprie sfide, come il lancio di missili balistici che lo scorso 4 ottobre hanno attraversato lo spazio aereo giapponese, creando agitazione e allarme in diverse città, o i vari lanci avvenuti negli ultimi dieci giorni, l’ultimo (sic!) dei quali ha visto due missili balistici a corto raggio volare in direzione est, prima di inabissarsi fuori dalla zona economica esclusiva del Giappone, proprio mentre la portaerei statunitense Truman stava partecipando a esercitazioni congiunte nelle acque della Corea del Sud (leggi articolo “Zona Economica Esclusiva e potere marittimo”).

Oscillazioni che hanno portato alla decisione americana di costruire uno scudo spaziale al confine fra le due Coree, il Terminal High Altitude Area Defense System (Thaad), per proteggere la regione meridionale da eventuali lanci di missili nordcoreani. La mossa ha fatto sollevare proteste da parte di Pechino (sostenuta da Mosca), che vede il Thaad come uno strumento destinato a modificare gli equilibri geostrategici dell’area. Tuttavia, durante un colloquio al massimo livello tra Cina e Corea del Sud nel 2020, Pechino ha lasciato intendere che potrebbe tollerare il mantenimento dell’attuale schieramento Thaad ma mai un suo rafforzamento, come sarebbe invece nelle intenzioni sudcoreane.

Ma il Thaad potrebbe paradossalmente anche costituire uno strumento per mezzo del quale trovare una soluzione di compromesso che abbassi il livello di tensione nella penisola coreana. I lanciatori Thaad, infatti, sono mobili e potrebbero essere agevolmente ritirati in cambio di uno smantellamento dell’arsenale nucleare nordcoreano, peraltro ingombrante per tutti gli attori dell’area, Cina inclusa. Pechino, se lo volesse, potrebbe convincere in tal senso Kim Yong-un.

E mentre la diplomazia cerca una soluzione che permetta una de-escalation, la Marina nordcoreana, ancorché non allo stesso livello dei suoi potenziali avversari (che la stessa Pyongyang si è attribuita), non va semplicisticamente targata come marginale, dato che costituisce comunque una minaccia. Limitata nello spazio e nei mezzi, ma pur sempre di minaccia si tratta, interpretata secondo le capacità navali disponibili a paesi relativamente deboli che intendono impedire l’accesso a determinate aree marittime (leggi articolo “La strategia marittima iraniana nell’ambito degli equilibri del Golfo Persico”).

I dubbi circa il livello di manutenzione e di operatività complessiva delle unità navali, dei battelli e dei sistemi missilistici (anche quelli costieri) non devono, quindi, indurre a una sottostima del potenziale pericolo rappresentato dalla flotta nordcoreana. L’incertezza derivante dalle poche notizie sicure e l’approccio della dirigenza di Pyongyang devono, infatti, esortare alla prudenza.

1 ANSA, Corea Nord, KCNA conferma: missile testato da un sottomarino, 20 ottobre 2021

Foto: KCNA / web