L’enigma algerino (quarta parte)

(di Enrico Magnani)
16/03/23

La pandemia di COVID e il calo globale dei costi energetici hanno colpito duramente l'Algeria, in coincidenza con disordini politici interni che hanno minacciato di sradicare la struttura di governo esistente. Tuttavia, le restrizioni COVID hanno fornito al governo il pretesto di cui aveva bisogno per limitare l'Hirak (movimento di protesta, ndr) e prosciugare gran parte del suo fervore, già in calo. Successivamente, la guerra in Ucraina ha provocato un'impennata dei prezzi globali dell'energia, fornendo al governo la liquidità necessaria per acquistare la pace sociale.

Nel 2022, il FMI ha reso noto che l'Algeria ha registrato il suo primo avanzo di bilancio in nove anni, incrementando le riserve internazionali di 7 miliardi di dollari dal 2021 e un avanzo di bilancio è previsto nuovamente nell’anno in corso.

Questo robusto margine di manovra finanziaria ha permesso all'Algeria di consolidare la posizione di paesi prossimi e necessari per la sua sicurezza, come la Tunisia (anche in questo caso facendo infuriare Rabat, che vive di prestiti, doni e finanziamenti e che non ha assolutamente le disponibilità per rivaleggiare, neanche lontanamente, con Algeri).

Algeri ha fornito a Tunisi un prestito di 300 milioni di dollari nel 2021 e altri 300 milioni di dollari (prestito di 200 milioni di dollari più sovvenzione di 100 dollari) nel 2022. Poiché il pacchetto di salvataggio del prestito del FMI della Tunisia si concluderà a breve, non sarebbe sorprendente se l'Algeria intervenisse ancora una volta per sostenere il presidente Kais Saïed, scongiurando il collasso economico, e rischi di stabilità connessi.

La nuova solida presenza dell'Algeria nella regione e l'influenza sui mercati energetici europei porteranno nuove aspettative. Mentre in precedenza l'Algeria era considerata un attore marginale nella risoluzione dei conflitti regionali, ora vuole svolgere un ruolo costruttivo e centrale in Libia e una rinnovata influenza nel dossier del Sahara Occidentale.

L'insistenza di lunga data dell'Algeria di affermare di non essere coinvolta nel conflitto del Sahara Occidentale è sempre meno difendibile e in quanto aspirante leader regionale, il paese dovrà risolvere questa contraddizione e confrontarsi con il Marocco, il quale - tuttavia - non ha nulla offrire e i negoziati che chiede insistentemente con Algeri sembrano essere, nell’ottica di Rabat, una ripetizione del diktat di Versailles del 1919 da imporre a Tebboune (presidente dell'Algeria).

Nella complessa agenda di Algeri vi è anche l'Egitto, tradizionalmente paese di grande influenza (ma altrettanto fragile) regionale. Il Cairo potrebbe vedere la crescente influenza dell'Algeria come una minaccia che porta a una rivalità regionale: dovrà essere pronta a competere.

Nell'agosto 2021, l'Algeria ha ospitato i ministri degli esteri di tutta la regione (oltre a rappresentanti dell'UA e della Lega araba) per dare nuova vita alla "Libya Stability Initiative".

Nell'aprile 2022, Tebboune ha annunciato la sua intenzione di ospitare una seconda conferenza sulla Libia. Lo sforzo dell'Algeria di competere con Francia, Italia, Germania, Egitto ed EAU per la posizione di principale mediatore in Libia, metterà alla prova il suo acume diplomatico. Algeri ne ha già dato prova (è utile ricordare che oltre 40 anni fa ha guidato una mediazione tra le maggiori potenze globali, quando ha contribuito a negoziare il ritorno degli ostaggi americani dall'Iran nel 1981).

Nel Sahara Occidentale, il Marocco ha avuto alcune affermazioni diplomatiche, come il già citato riconoscimento da parte dell'amministrazione Trump nel 2020, avvenuto a tempo scaduto, delle rivendicazioni di sovranità marocchina sul quel territorio. Tuttavia, il sostegno internazionale - almeno in Europa - alla posizione marocchina potrebbe diminuire a causa della crescente dipendenza energetica dell'Europa dall'Algeria. La domanda sarà se l'Algeria può sfruttare la sua crescente influenza in Europa, specialmente, per recuperare il tempo e lo spazio politico perduto.

Sul fronte orientale una rivalità regionale con l'Egitto potrebbe essere il sottoprodotto più impegnativo della rinnovata politica estera algerina. C'è stata a lungo una discrepanza tra la percezione di sé dell'Egitto e la sua percezione tra quelli della regione. Il risultato è che l'Egitto continua a sovraccaricarsi di impegni e missioni, non considerando appieno i propri limiti e la propria capacità (o meno) di imporre concessioni agli altri e i toni minacciosi del Cairo sul progetto della Grand Ethiopian Renaissance Dam ne sono un ottimo esempio. Questa posizione assertiva potrebbe portare a un'escalation delle tensioni con l'Algeria, specialmente in Libia.

L'Egitto non è stato l'attore internazionale più influente in Libia, ma la sua condivisione di un lungo confine occidentale e l'entusiasmo per essere coinvolto ha permesso al Cairo di svolgere un ruolo fuori misura, soprattutto di recente. Il presidente Abdel Fattah El-Sisi ha ospitato diversi tentativi di raggiungere un compromesso tra le fazioni rivali. All'inizio dello scorso mese, l'Egitto ha ospitato il presidente della Camera dei Rappresentanti Aguila Saleh e il presidente dell'Alto Consiglio di Stato Khaled al-Mishri, dove i partecipanti hanno concordato di sviluppare una nuova "tabella di marcia" per la riconciliazione politica.

L'Egitto ha a lungo sostenuto il signore della guerra Khalifa Haftar nei suoi sforzi per dominare la politica libica e il Cairo vuole chiaramente fare la parte del re in qualunque governo venga dopo. Gli sforzi algerini per mediare un compromesso in Libia potrebbero essere visti come un tentativo di minare la strategia del Cairo. Algeri dovrà usare tatto nella sua impresa di mediazione libica.

Per gli Stati Uniti, la nuova politica estera dell'Algeria è un'opportunità per espandere la cooperazione bilaterale e costruire quel rapporto che Washington ha a lungo cercato senza mai trovarlo realmente. Lo scorso autunno, diverse delegazioni di funzionari algerini di medio livello con legami con i ministeri militari e dell'intelligence si sono recate a Washington e hanno comunicato silenziosamente il desiderio di espandere la cooperazione tra gli Stati Uniti e l'Algeria. Il punto di caduta per Washington sarà cogliere l'apertura offerta da Algeri senza alienare Rabat, soprattutto ora, visto il Marocco in occasione del voto dell’Assemblea Generale dell’ONU di febbraio sull’Ucraina, si è decisa a votare a favore della integrità territoriale di Kiev (abbandonando le precedenti astensioni e soprattutto la grottesca assenza dal voto).

Attualmente, i legami tra Stati Uniti e Marocco sono al loro apice e Washington vorrà mantenere quella posizione. Fedeli alla forma, visto il suscettibilissimo Marocco, quando Blinken e Sherman si sono recati ad Algeri l'anno scorso, hanno fatto tappa anche a Rabat. L'amministrazione Biden è stata ansiosa di stabilire ed espandere alternative all'energia russa per le nazioni europee dipendenti; L'Algeria è ora una componente fondamentale di questa linea. Questo dà all'Algeria molta influenza su Washington. La domanda per gli algerini sarà cosa faranno con quella leva? Chiederanno a Washington di tornare indietro rispetto alla proclamazione del 2020 sul Sahara occidentale? Chiedere l'accesso a sistemi d'arma avanzati? O chiedere un appoggio agli sforzi algerini in Libia?

L'Algeria dovrà pensare a un dialogo strategico con Washington perché ora c'è l'opportunità di impostare un nuovo corso per la traiettoria delle relazioni.

Passioni

Ma comprendere la posizione e le prospettive politiche algerine è fatto obbligo considerare lo scottante tema delle relazioni con la Francia. La “questione algerina” si concretizza in un irrisolto dibattito che agita la Francia alla fine degli anni '50 del secolo scorso, sulla sorte dei tre dipartimenti metropolitani francesi del Nord Africa (Orano, Algeri e Costantina). Oggi la storia si ripete ed è ancora l'eterno dibattito sulla “questione algerina”, ma in altra forma.

Come gestire il rapporto strutturalmente conflittuale tra l'Algeria, paese nato nel 1962, e la sua ex potenza colonizzatrice? Come accennato, le relazioni franco algerine hanno visto un deciso miglioramento per una precisa volontà di Macron (scatenando la paranoia di Rabat che considera ogni miglioramento delle relazioni tra Parigi ed Algeri è percepito come dannoso per gli interessi del Marocco in merito al Sahara Occidentale e i lucrosi interessi delle élites marocchine), ma restano fragili.

Nella ultima crisi tra Algeria e Francia, è difficile distinguere la realtà dalla apparenza. Una domanda prevale su tutte: il regime algerino può permettersi il lusso di provocare una rottura con la Francia per aver recuperato legalmente, secondo Parigi, una sua connazionale (con doppia cittadinanza) in Tunisia, la giornalista, attivista dell'opposizione Amira Bouraoui?

La luna di miele tra Algeri e Parigi è durata solo poche settimane. Le antiche tensioni sono tornati clamorosamente nelle relazioni tra Francia e Algeria. Eroina mediatica della vicenda, Amira Bouraoui le cui condizioni di arrivo in Francia via Tunisia continuano a provocare polemiche. Agli occhi di molti commentatori, il regime algerino ha reagito in modo eccessivo a questa vicenda convocando il suo ambasciatore a Parigi per consultazioni e permettere alla sua stampa usare toni violentissimi sottolineando l'ostile ipocrisia e il persistente spirito colonialista francese.

Una squadra dei servizi francesi si sarebbe presa cura di Amira Bouraoui ad Algeri, l'avrebbe aiutata ad attraversare il confine con la Tunisia e poi avrebbe forzato la mano alle autorità tunisine per imbarcarla su un aereo diretto in Francia. È questo scenario, che ha fatto infuriare il regime algerino e reagire rischiando di mettere in discussione lunghi mesi di riavvicinamento e riconciliazione tra Parigi e Algeri.

Parigi ha fatto la scelta di adottare una posizione minimalista dicendo che la Francia non ha fatto nulla di eccezionale e si è accontentata di aiutare un cittadino francese in difficoltà, ritenendo che la convocazione dell'ambasciatore sia un affare algerino e si è concentrata sul consolidamento del partenariato strategico con l'Algeria (posizione confermata da una dichiarazione del presidente Macron alla fine di febbraio). Un modo per dire che la diplomazia francese non risponderà con la stessa intensità a questa improvvisa impennata dell'umore algerino.

Questa nuova crisi bilaterale ha mietuto una terza vittima collaterale: la Tunisia di Kais Saied. Quest'ultimo è stato costretto a licenziare il suo ministro degli Esteri, Othman Jerandi, e fatica a spiegare alle autorità algerine che forniscono un indispensabile aiuto economico, perché ha accolto le richieste francesi piuttosto che quelle algerine.

Durante questa crisi, la Tunisia è apparsa un paese sotto totale influenza algerina e il cui minimo atto di sovranità rischia di creare una crisi con il suo vicino, protettore e finanziatore e per salvare la faccia, un tribunale tunisino ha condannato in contumacia e direttissima, la Bouraoui, per ingresso clandestino nel paese.

Questa nuova crisi tra Francia e Algeria andrà al cuore della fiducia che è stato difficile ristabilire tra i due paesi attraverso le molteplici visite di ufficiali francesi ad Algeri e la tanto notata visita del capo di stato maggiore delle forze armate algerino, il generale Saïd Chengriha a Parigi di recente? O sarà solo uno sbalzo d'umore presto dimenticato nel tempo, e a cui la diplomazia algerina, suscettibile (come quella marocchina) aveva abituato?

La visita di Chengriha merita comunque una riflessione, lanciata da alcune fonti stampa, in merito al possibile acquisto di armamenti francesi e iniziare la sostituzione del suo immenso arsenale di origine moscovita.

Pochi scommettono su una crisi duratura tra Parigi e Algeri. Infatti il barometro è la prossima visita di Stato del presidente algerino Abdelmajid Tebboune in Francia prevista per maggio e infatti, nelle molteplici e violente accuse della stampa algerina contro la Francia in occasione di questa nuova crisi, nessuno accenna alla cancellazione o al rinvio.

Questa ennesima tensione tra Parigi e Algeri mostra un fatto politico essenziale. La fragilità di questa nuova alleanza tra Francia e Algeria, nonostante gli sforzi del presidente Emmanuel Macron caduto nella trappola della riconciliazione commemorativa, che potrebbe traboccare in qualsiasi momento, e la gestione da parte del regime algerino delle sue relazioni con un partner come la Francia rivela una fortissima carica sentimentale.

Fine

Leggi: "L’enigma algerino (prima parte)"

Leggi: "L’enigma algerino (seconda parte)"

Leggi: "L’enigma algerino (terza parte)"

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