IDEF'15: cosa significa la Difesa nel mondo, cosa significa in Italia

11/05/15

Cari lettori, siamo appena tornati da un evento che mi ha lasciato a bocca aperta: l'IDEF'15, il salone della Difesa di Istanbul. Lo stupore non deriva tanto da ciò a cui abbiamo assistito, quanto dall'aver realizzato cosa significhi essere italiani in un mondo che gira e ragiona in maniera completamente differente: essere masochisti.

Mi spiego. Quando abbiamo avviato il progetto Difesa Online credevo che il limite nazionale fosse accettare e comprendere cosa fossero ed a cosa servissero i militari. All'estero le forze armate vengono impiegate per compiti coerenti con la propria professionalità mentre da noi i soldati appaiono come volontari in missioni che sembrano la pubblicità del mulino bianco.

E' vietato raccontare che nei teatri d'operazione ci sparano addosso.

E' però possibile sbandierare che i nostri aerei in missione partono senza bombe: quando servono (spesso) le chiediamo con voce preoccupata agli alleati, come avviene ancor oggi in Afghanistan.

Ebbene ad Istanbul ho brutalmente realizzato che la nostra cieca ipocrisia non offende solo la dignità di chi ha scelto di servire il proprio Paese in divisa, ci taglia fuori da un mercato che annualmente in cifre si avvicina al valore del debito pubblico nazionale.

Le armi presentate all'IDEF erano strumenti efficaci, di difesa ed offesa, ma erano armi. Un mitragliatore non veniva camuffato da sparachiodi od un mortaio da portafiori.

Se mi trovo in mezzo ad un campo di battaglia od a pattugliare un'area a rischio poco me ne frega che i miei equipaggiamenti siano “dual use”, ci tengo a che siano efficaci.

Alcuni veicoli erano reclamizzati come “combat proven” (testati in combattimento), e le bandiere nazionali facevano bella mostra sugli obici. Vi immaginate da noi? A malapena si osa una strisciolina tricolore sotto alla Fiat 500...

Il mercato degli armamenti non avviene poi, come qualche benpensante può immaginare, all'ombra di una grotta tra “loschi trafficanti di morte”, interessa le spese militari che sostengono tutti i governi del pianeta (chi più chi meno, alabarde comprese).

Ad Istanbul ho visitato un salone in cui le aziende concorrevano in questo enorme mercato, ognuna con i propri prodotti di punta ed i propri governi a sostegno.

Il nostro governo? Assente.

Unico rappresentante della Difesa che per una giornata ha visitato gli stand dell'IDEF è stato il generale Stefanini, il segretario generale della Difesa e direttore nazionale degli armamenti.

E sapete cosa ci ha detto? Nulla: l'uomo con in tasca la carta di credito per gli acquisti militari, quelli per cui paghiamo tutti le tasse, ha deciso per non interrompere una tradizione personale di non rispondere a domande di alcun giornalista. Disposizione quasi superflua se questa volta Difesa Online non fosse stata là: unica testata italiana presente.

Come faccio a dirlo?

Semplice, dopo un anno trascorso a cercare di intervistare i vertici della Difesa, dalla ministra agli impavidi rappresentanti in uniforme, ci siamo accreditati, alla conferenza stampa della Lockheed Martin sull'F-35. Eravamo gli unici italiani e non ne aspettavano.

Sapete quante volte avrei voluto affrontare le problematiche che – evidenziate da Pentagono ed altri uffici governativi USA – venivano senza pudori portate a conoscenza del pubblico?

Diciamo più di una...

Una risposta?

Magari, non fosse altro per buona educazione.

Da noi dei militari non si parla, della Difesa non si parla, dell'industria non si parla.

Peccato che gli ineguagliabili esperti che assistono i nostri politici omettano di far presente che la non-comunicazione è anch'essa una forma di comunicazione!

Ma torniamo all'F-35. Sapete cosa è accaduto alla conferenza stampa?

Un elogio del programma con un'Italia portata in palmo di mano.

Per me ed il collega Iacch una situazione quasi imbarazzante. Sopratutto perché, dopo tanti complimenti come rappresentanti di uno dei principali partner del programma JSF (Joint Strike Fighter), abbiamo guastato la festa ai padroni di casa chiedendo conto dei diversi problemi che affliggono il velivolo.

La risposta? Che il tempo a disposizione nell'immediato era insufficiente e che avrebbero chiarito i nostri dubbi in seguito. Dopo la conferenza sono stati tuttavia i canali televisivi turchi ad occupare il tempo di Jack Crisler (foto), l'alto dirigente della Lockheed responsabile dello sviluppo commerciale dell'F-35.

Al termine delle interviste turche il calendario degli appuntamenti lo ha impegnato in un'altra riunione...

<Ti pareva!> ci siamo detti. <Adesso si dà e - come fanno i nostri – addio!>

Dopo un minuto Alison, l'assistente alla comunicazione del manager, ci ha raggiunti ed informati che avremmo potuto intervistarlo, nonostante la fittissima agenda, alle 14.45.

All'ora stabilita e due minuti Jack Crisler era a disposizione per l'intervista.

Con questo a cosa voglio arrivare? Che dovremmo imparare da loro e che il problema dell'Italia è che non affronta e si illude di dribblare i problemi non comunicando.

Siamo un Paese con uomini straordinari che hanno giurato fedeltà alla bandiera ma che devono travestirsi – quando va bene – da agnelli per giustificare la propria stessa esistenza.

Siamo una Nazione con industrie capaci di rivaleggiare in un enorme mercato che semplicemente sottovaluta o cela perché abitata da cittadini troppo a lungo cresciuti come pecore convinte di vivere in un enorme ovile.

Il mondo è una foresta ed al di fuori del nostro “paese dei folletti” ci sono lupi che ragionano da lupi. Agiscono anche in branchi ma non rispetteranno mai uno di loro che si è masochisticamente convinto di essere qualcosa di diverso.

Non siamo infine ancora usciti dalla recessione. Quante famiglie dovranno perdere il lavoro per comprendere le enormi possibilità di sviluppo industriale che la nostra ipocrisia ci nega.

Lo scorso anno la Marina Militare è stata oggetto di molti attacchi per quella “crociera” attorno all'Africa che ha portato a numerosi contratti e commesse a favore di aziende italiane. L'unica critica che andava fatta sarebbe dovuta essere all'Italia: un Paese che ha imposto di camuffarla da iniziativa umanitaria per renderla possibile.

Il resto del mondo nel frattempo cresce, ci dileggia e ringrazia.

Andrea Cucco

(foto: ©Difesa Online)