Processo a cinque ufficiali dell'U.S.Navy? Pericoloso precedente (finalmente...) in vista

(di Matteo Acciaccarelli)
19/01/18

La decisione della Marina statunitense di accusare cinque ufficiali di omicidio colposo per il loro coinvolgimento nei due incidenti subiti, dai cacciatorpediniere lanciamissili classe Arleight Burke, potrebbe essere una decisione importante. Soprattutto perché, se fosse provato un loro diretto coinvolgimento, questo porterebbe ad una condanna per almeno tre anni di reclusione.

Gli ufficiali della Marina insieme ad altri esperti, hanno lavorato mercoledì per cercare di trovare altri casi recenti di incidenti navali che hanno portato ad un capo d’accusa così grave, ma non sono riusciti nel loro intento. Tutto questo perché dalla Marina, martedì, è arrivata la dichiarazione che le accuse verranno presentate con un’udienza basata sull’articolo 32 del Codice di Giustizia Militare americano (quella che in Italia è l’udienza preliminare, ndr), dove verrà determinato se le accuse si trasformeranno o meno in un processo davanti alla corte marziale.

Questa accusa così pesante, ovviamente, è legata al fatto che nell’incidente dell’USS Fitzgerald, che colpì una nave mercantile in giugno, morirono sette marinai, mentre in quello dell’USS John S. McCain, che urtò una petroliera in agosto (link articolo), ne morirono altri dieci. Morti che hanno cambiato le carte in tavola, perché, come spiegato da Eugene Fidell su military.com, insegnante a Yale ed esperto di diritto militare: “Le famiglie delle vittime sono state devastate da ciò e la Marina sente di avere un obbligo morale nei loro confronti”. Ma rimane inusuale che un caso come questo finisca in un processo che potrebbe portare alla reclusione, perché come continuato da Fidell questi casi solitamente terminano con un patteggiamento, con gli ufficiali accusati che oltre ad essere licenziati, perdono la loro pensione o subiscono una sanzione amministrativa. Il tutto ovviamente è legato a doppio filo con il capo di imputazione iniziale.

In uno dei pochi casi recenti dove la procura militare statunitense aveva provato ad accusare di omicidio colposo dei militari, ovvero l’incidente del Cermis del 1998 dove perirono 20 civili quando un Grumman EA-6B Prowler dei Marines urtò e tagliò il cavo della funivia mentre era pilotato in una zona interdetta al volo. I due ufficiali responsabili alla fine vennero assolti dall’accusa di omicidio colposo, anche se in seguito vennero condannati per aver intralciato la giustizia avendo distrutto la ripresa effettuata durante il volo.

Nella U.S. Navy i comandanti delle navi sono riusciti sempre a scongiurare un processo per omicidio colposo. Il caso principale fu quando, nel 2001, il sottomarino USS Greeneville emerse sotto l’Ehime Maru, un peschereccio giapponese, uccidendo nove persone. Dall’indagine che seguì emerse che il comandante stava conducendo un’esercitazione di emersione rapida e aveva seguito totalmente le procedure di sicurezza. Il comandante del sottomarino venne solamente ripreso da una corte militare di indagine, ma non arrivò alla corte marziale, permettendogli di andare in pensione con il grado massimo mentre per le famiglie delle vittime la Marina statunitense stanziò 16.5 milioni di dollari come risarcimento.

Tornando agli ultimi due casi, mercoledì dalla Marina è stato dichiarato che l’udienza preliminare per i cinque ufficiali dovrebbe aver luogo la prossima settimana a Washington, ma ancora sono ignoti data e luogo. Dalla prima udienza, comunque, verrà fuori sia se ci sono sufficienti prove per poter procedere con un processo. In un eventuale processo per omicidio colposo, gli inquirenti, secondo Fidell, dovranno provare che a causa della negligenza dei cinque ufficiali si sono verificati i due incidenti. Inoltre qualora fosse possibile procedere, all’accusa di omicidio si potrebbero aggiungere anche quelle di aver abbandonato il proprio dovere e di aver messo in pericolo una nave militare, che comporterebbe altri 2 anni e mezzo di galera. Un rischio concreto che potrebbe creare un precedente storico, perché l’indagine interna della Marina ha appurato che i due incidenti sono stati il risultato di vare cause, ovvero: scarsa capacità di giudizio, pessime decisioni prese, cattivo addestramento e un errore di comandanti e truppa che non riuscirono a riconoscere e a rispondere velocemente all’emergenza. Errori che messi insieme sono costati la vita a 17 persone, oltre ai gravissimi danni riportati ai due cacciatorpediniere, che saranno fuori servizio per alcuni anni.

(foto: U.S. Navy / web)