L’invasione di Gaza. Un viaggio all’ingresso dell’inferno

(di Nicola Cristadoro)
15/10/23

Dal 7 ottobre 2023 la Striscia di Gaza è diventata il Dimmu Borgir del Medio Oriente, forse del Pianeta. Cosa c’entra l’Islanda con la Palestina, direte voi.

È vero, Dimmu Borgir significa “oscura fortezza” ed è il nome dato ad una formazione vulcanica islandese che, secondo le leggende del luogo, costituirebbe l'entrata per l'inferno (foto).

Quella inospitale porzione di terreno incastonato nel territorio israeliano che è la Striscia di Gaza, da un punto di vista militare, possiamo considerarla a tutti gli effetti una fortezza, sia per le ridotte dimensioni (360 kmq, la superficie di una cittadina come Enna, per capirci), sia per il livello di urbanizzazione, che si presenta con edifici elevati e basse costruzioni addossati gli uni alle altre, in modo da creare un dedalo in cui sono stipati più di 2.226.0001 abitanti (Enna ne ha 25.000 e comuni italiani molto più grandi, ne hanno comunque meno). Di questi, oltre 1.400.000 sono rifugiati palestinesi.2 Nondimeno, oggi più che mai, l’assimilazione all’ingresso dell’inferno appare, purtroppo, efficace. Lo è sia per le condizioni di vita delle persone che ci vivono, sia per quello che comporterebbe sotto il profilo dei combattimenti un’azione militare su vasta scala al suo interno.

Mi sono cimentato nello studio di un Intelligence Preparation of the Operating Environment (IPOE) speditivo per provare a immaginare da un lato quali potrebbero essere le implicazioni dell’ingresso con le forze di terra delle Israelian Defense Forces (IDF) in un territorio quale è quello sommariamente descritto e dall’altro comprendere come hanno agito i terroristi di Hamas per sferrare l’attacco che gli Israeliani hanno ormai definito come il loro "11 Settembre".

Cominciamo dall’Area delle Operazioni, circoscrivendola alla Striscia di Gaza prima e all’abitato di Gaza successivamente, per esaminare alcuni aspetti più di dettaglio.

La larghezza della fronte si estende per circa 40 km, la profondità media della Striscia è di circa 9 Km. In quest’area insistono cinque centri abitati principali, sostanzialmente allineati e collocati in direzione nord-ovest/sud-est, come segue:


  • Città di Gaza, con i sobborghi di Jabalia, Beit Lahia e Beit Hanoun situati a nord-est;

  • Deir al-Balah;

  • Khan Yunis e Abasan al Kabira;

  • Rafah, cittadina al confine con l’Egitto, di cui la metà dell’abitato è occupato da due campi per rifugiati. A sud del paese si trova l’aeroporto internazionale Yasser Arafat, inagibile dal 2005.

Oltre agli abitati e all’ex aeroporto, altri k-terrain sono rappresentati dai sette varchi distribuiti lungo la barriera costruita sotto la guida del primo ministro israeliano Yitzhak Rabin, sei dei quali situati tra la Striscia e Israele e uno tra la Striscia e l’Egitto. La barriera, concepita per ragioni di sicurezza è costituita da recinzioni di filo spinato con pali, sensori e zone cuscinetto lungo i terreni confinanti con Israele; in muri di acciaio o calcestruzzo lungo il confine con l'Egitto.

Dei sette varchi originari, oggi solo tre rimangono aperti. Dopo che Israele ha imposto il blocco nel 2007, un po’ alla volta tutti i valichi sono stati chiusi ad eccezione di quelli di Erez e Rafah, designati per la circolazione delle persone e del valico di Kerrem Shalom, designato per il trasporto di merci.

Il valico di Rafah è l’unico che consente il transito tra l’Egitto e Gaza e, pertanto, rappresenta un collegamento vitale tra Gaza e il resto del mondo arabo, soprattutto dopo che le forze israeliane hanno distrutto l’aeroporto internazionale Yasser Arafat.

Il valico di Erez, posto sotto controllo dell’esercito israeliano, si trova nel Nord della Striscia di Gaza ed è il solo passaggio frontaliero che consente ai palestinesi di Gaza di recarsi nella Cisgiordania occupata senza passare dall’Egitto o dalla Giordania.

Il valico di Kerrem Shalom si trova in prossimità dei confini tra Egitto, Gaza e Israele; è utilizzato principalmente per i movimenti commerciali tra la Striscia di Gaza e Israele e, occasionalmente, come alternativa al valico di Rafah per il transito delle persone.

Dal 2007 Israele ha vietato l’ingresso a Gaza di un lungo elenco di merci, compresi articoli che considera dual use, cioè idonei all’uso civile, ma che potrebbero essere utilizzati anche per scopi militari.

I restanti varchi sono stati chiusi da Israele sempre per ragioni di sicurezza; sono il valico di Karni, il valico di Sufa, il valico di Nahal Oz e il valico di Kissufim. Quest’ultimo si trova a Est di Khan Yunis e Deir al-Balah ed è stato chiuso nel 2005 dopo il disimpegno di Israele da Gaza.

Si comprende, quindi, come da un punto di vista tattico, il controllo di questi accessi alla Striscia di Gaza sia fondamentale per l’ingresso in quel territorio con ingenti quantitativi di truppe. Analogamente, sono di vitale importanza le arterie stradali che costituiscono le possibili direttrici d’attacco in direzione degli obiettivi rappresentati dai centri abitati.

Indicherò le tre principali, che consentono il passaggio con colonne di carri armati sia per le dimensioni delle carreggiate, sia per le condizioni di relativa sicurezza che si possono stabilire nella fase di movimento per il contatto. La prima è l’autostrada 25 che, attraversato il check point di Nahal Oz, prende il nome di “Baghdad” e sfocia nel cuore della città di Gaza; la seconda è la Kissufim Road, prolungamento dell’autostrada 242, che adduce al cuore della Striscia, nello sprawl urbano che la percorre longitudinalmente per tutta la sua lunghezza. Non a caso il valico di Kissufim, già in passato, è stato utilizzato come punto di ingresso per carri armati e veicoli militari israeliani in occasione delle incursioni militari a Gaza;3 la terza sarebbe l’autostrada 10 che arriva a Rafah, costeggiando il confine con l’Egitto. E questo è un problema.

In considerazione che gli Egiziani non vedrebbero di buon occhio colonne di mezzi militari israeliani sul proprio confine, Israele potrebbe sfruttare, allora, la zona cuscinetto larga 200-300 metri e lunga 14 km, nota come “Philadelphi Route”. L’opzione di un ingresso nella Striscia sfruttando quest’ultima direttrice non è praticabile; ecco la ragione della campagna di psy-ops da manuale condotta con i volantini che invitano la popolazione palestinese ad evacuare la zona muovendo verso sud, per consentire una battaglia contro Hamas che non coinvolga civili innocenti. Dunque, si tratterebbe della soluzione “ottimale”, se in un tale contesto si può usare questo termine, si darebbe l’opportunità a questa povera gente di ricevere gli aiuti umanitari attraverso il corridoio egiziano, nei modi e nei tempi in cui Il Cairo lo permetterà.

Una volta raggiunto il centro della Striscia attraverso Kissufim, dunque, le unità israeliane dovrebbero effettuare un movimento longitudinale lungo l’autostrada Salah Al Deen, in direzione sud-ovest per raggiungere Rafah. Compito alquanto arduo in considerazione della tipologia della densità urbana sopra descritta e delle difficoltà che incontrerebbero le unità di manovra di fanteria e corazzate, che sarebbero costantemente impegnate in un lungo e logorante combattimento casa per casa.

Consideriamo anche solo l’abitato di Gaza, la cui pianta si presenta secondo quello che è definito “modello “satellitare”. Questo consiste in un cluster centrale e più grande di edifici da cui partono strade strutturate come una ragnatela, che portano ad altre aree urbane più piccole (nel nostro caso, i sobborghi citati in precedenza). Le linee di comunicazione tendono a gravitare attorno all’area urbana centrale e più grande. Sia le forze israeliane che Hamas sanno bene cosa significhi impegolarsi in un combattimento urbano. I terroristi di Hamas, in particolare, hanno certamente beneficiato delle lezioni apprese da istruttori qualificati, siano essi iraniani o, indirettamente, addirittura Russi.

La battaglia di Grozny combattuta durante la Seconda Guerra Cecena nel 1999 (foto) è da manuale. L’esperienza vissuta dai Russi sulla propria pelle è diventata patrimonio condiviso, da trasmettere a tutti i combattenti che, a vario titolo, vengono da loro addestrati. E in Siria il Cremlino ha fornito consulenza ed addestramento ai miliziani palestinesi della brigata Liwa al-Quds, impiegata a centinaia per combattere e per supportare i collegamenti con le forze di élite siriane e con il partito Ba’th.4 L’apprendimento per osmosi di conoscenza tra le varie organizzazioni palestinesi non lo escluderei affatto.

L’ambizioso end state profilato dal ministro della Difesa israeliano, cioè garantire la sicurezza di Israele dalla minaccia proveniente da Gaza “in via definitiva”, implica necessariamente la condotta di un’invasione della Striscia, con tutte le conseguenze del caso.

Va detto, innanzitutto, che il combattimento nei centri abitati presenta delle elevate difficoltà per la manovra delle truppe corazzate. Queste non possono assolutamente muoversi senza l’appoggio e la protezione delle fanterie che, prevalentemente appiedate, devono garantire sicurezza per consentire ai mezzi di procedere tra le insidie dell’ambiente urbano.

Il combattimento urbano si sviluppa su cinque livelli: piano stradale, intra-edificio, tetti degli edifici, dimensione aerea e, dulcis in fundo, sotterranei. Non si sa quanti tunnel ci siano oggi e l’IDF5 ha effettuato molti interventi per distruggerli. Numerose operazioni sono state condotte dalle forze armate israeliane per smantellare la rete e le case in cui è stato scoperto l’accesso alle gallerie sono state sistematicamente demolite. Voglio ricordare l'Operazione Arcobaleno del maggio 2004, finalizzata in parte a distruggere i tunnel sotterranei ed a danneggiare le infrastrutture terroristiche nella zona. Ciononostante, Hamas ha continuato ad utilizzarli per scopi militari.

L’episodio più clamoroso risale al 2006, quando fu sequestrato un soldato israeliano, Gilad Shalit, liberato dopo cinque anni grazie ad uno scambio di prigionieri che coinvolse oltre mille detenuti palestinesi. Sempre nel 2006 il numero due di Hamas, Ismail Haniyeh, dichiarò che il gruppo aveva costruito una rete di tunnel due volte più estesa di quella usata dai comunisti contro i soldati americani nella guerra in Vietnam.6 La rete di tunnel sotto Gaza, comunque, non è stata estesa solo verso il territorio israeliano.

La Philadelphi Route, citata in precedenza, costruita proprio per impedire la circolazione illegale di materiali (comprese armi, munizioni e droga) e persone tra l'Egitto e la Striscia di Gaza, è stata comunque aggirata dai Palestinesi che, negli anni, hanno realizzato una fitta rete di gallerie sotterranee per il contrabbando, proprio nell’area di Rafah.

Nel corso degli anni, dunque, Hamas ha sfruttato i tunnel tra la Striscia e l’Egitto per importare illegalmente armi e componenti d’armamento con l’aiuto soprattutto di Iran e Siria e riuscendo, in tal modo, ad ampliare in maniera significativa il proprio arsenale. Per le sue caratteristiche, in combattimento il sottosuolo offre grandi opportunità e nasconde grandi insidie.

Alla luce di quanto fin qui detto, dovrebbe essere quasi intuitivo comprendere quali siano i rischi che gli Israeliani devono affrontare per occupare Gaza. Il problema non è solo nel riuscire a conquistare gli abitati uno per uno, ma anche mantenerne il possesso. Le grandi unità di manovra delle IDF sono di livello divisionale e in prevalenza di tratta di divisioni corazzate. Queste, ovviamente, nel loro organico possono contare sulla necessaria componente di fanteria di cui ho detto, rappresentata da brigate di fanteria leggera (motorizzata) e pesante (meccanizzata). Nella tattica israeliana, lo ribadisco, il ruolo principale è svolto dalla componente carrista, addestrata a manovrare sugli ampi spazi offerti da aree di combattimento in campo aperto e prevalentemente desertico. Non è questo il caso.

Il modello si complica per via delle macerie provocate dagli intensi bombardamenti sulla Striscia, che rendono ancora più difficoltoso il movimento dei mezzi da combattimento, in conseguenza ala causa del cosiddetto effetto blocking: a causa di spazi stretti, di una limitata rete stradale e della presenza di ostacoli la mobilità di unità sui veicoli, ma anche appiedate, viene degradata in maniera significativa.

Ecco allora che i carri armati Merkava, che in tutte le loro versioni da sempre rappresentano gli “arieti” dell’esercito di Gerusalemme e che anche oggi devono dilagare nella Striscia, presentano delle vulnerabilità.

È vero, altresì, che le IDF si sono trovate da tempo sotto la minaccia dei missili controcarro, prevalentemente di fabbricazione russo/sovietica. Nel 1973 furono i Sagger usati dalla fanteria egiziana nell’area di Suez; nel 1982, in Libano i Merkava Mk I dovettero confrontarsi anche con gli RPG. Poi arrivarono i missili Fagot, impiegati da Hezbollah conto i Merkava Mk II nel contesto montuoso e urbanizzato del Libano meridionale. La crescente minaccia per i mezzi israeliani portò allo sviluppo di versioni aggiornate del carro armato: il Merkava Mk3 III e la nuova e migliorata versione Mk IV introdotta in servizio nel 2004. In combattimento gli Israeliani hanno dovuto sperimentare sulle proprie corazze le successive innovazioni dei missili controcarro di produzione russa e iraniana: il Kornet-E 9P133; il Metis-M 9M131; il Konkurs 9K113; il Fagot 9K111, l’RPG-29, tra gli altri.

Arriviamo ai giorni nostri, quando il Ministero della Difesa e le IDF hanno comunicato l’entrata in servizio del carro armato di quinta generazione, il Merkava Barak, risultato di cinque anni di sviluppo. I primi esemplari sono stati assegnati al 52° battaglione corazzato della 401^ brigata corazzata.

Qualche dato sulle caratteristiche del carro:

I carri armati Barak sono dotati di “un’ampia infrastruttura di sensori affidabili” per rilevare obiettivi e le informazioni di intelligence possono essere condivise tra il carro armato e altre unità delle forze armate, il che sarà “una vera rivoluzione sul campo di battaglia”. “Il carro armato Barak rafforzerà le capacità di rilevamento dei nemici e consentirà di combattere contro un nemico con una identificazione ridotta e in tutti gli scenari di combattimento, sul campo di battaglia attuale e futuro, contro l’insieme delle minacce che esistono per le forze di manovra”, ha dichiarato il ministero. Questi sistemi consentono ai militari di combattere mentre il carro armato è completamente sigillato, senza porte aperte, a differenza dei precedenti modelli Merkava in cui il comandante del carro armato è più vulnerabile al fuoco dei cecchini o meno in grado di vedere ciò che lo circonda.7

Ce lo auguriamo per gli equipaggi che dovranno impiegarli.

Detto ciò, un’altra osservazione riguarda il quantitativo delle forze da impegnare in un’operazione di terra di questo genere. Per l’attacco su un settore e con le caratteristiche di quello indicato sono necessarie almeno due divisioni, possibilmente vanno inseriti anche battaglioni paracadutisti più per la tipologia delle procedure tecnico-tattiche che per l’impiego su obiettivi in profondità, poiché questa è veramente limitata. Il vero problema, tuttavia, è il consolidamento, una volta che gli obiettivi sono stati conquistati.

È necessario disporre almeno di un’altra divisione di fanteria per il controllo capillare dell’area occupata, in una fase così delicata. Tutto questo potrebbe implicare la necessità di svincolare delle unità dal settore sulla Cisgiordania, dove attualmente Israele ha la maggiore concentrazione del proprio esercito. In alternativa, può proseguire a radere al suolo con i bombardamenti indiscriminati tutta l’area, in modo da ridurre il più possibile il livello della minaccia da affrontare.

In ogni caso, un bagno di sangue, da una parte o dall’altra. O da entrambe.

1 Ufficio Centrale di Statistica Palestinese, 2023. https://www.pcbs.gov.ps/site/lang__ar/881/default.aspx#CensusA.

2 United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the near East. https://www.unrwa.org/newsroom/news-releases/gaza-strip-number-displaced....

3 M. Humaid, I sette valichi di frontiera di Gaza, Invictapalestina, 24/06/2022. https://www.invictapalestina.org/archives/46135.

4 N. Cristadoro, Missiya vypolnena! Missione compiuta! Le forze armate russe nella campagna di Siria (2015-2019), Edizioni Il Maglio, 2020.

5 Israel Defense Forces.

6I tunnel sotto la striscia di Gaza, 1l Post, 18/05/2021. https://www.ilpost.it/2021/05/18/tunnel-hamas-striscia-gaza/.

7Israele: svelato il carro armato corazzato di quinta generazione, Infodifesa, 19/09/2023. https://infodifesa.it/israele-svelato-carro-armato-quinta-generazione/.

Foto: Chmee2/Valtameri / Gringer / Israel Defense Forces / Svm-1977