Libia: "Il nemico del mio nemico, è mio nemico"

05/03/15

Abdelhakim Belhadj, nato a Tripoli il primo maggio del 1966, veterano della guerra russo-afghana. Profilo: ingegnere civile, terrorista. Capo di Al-Qaeda in Libia, ma considerato “partner disponibile" dall'amministrazione Barack Obama e da alcuni membri del Congresso nel rovesciamento di Gheddafi nel 2011.

Lo stesso uomo che, adesso, è saldamente allineato con l’Isis e ritenuto responsabile dei campi di addestramento in Libia orientale.

La sua storia è molto particolare. Scappa dalla Libia nel 1988 attraverso l’Arabia Saudita e riceve un addestramento militare tra i Mujahideen. Ritorna in Libia nel 1992 come Abu Abdullah al-Sadiq ed organizza tre falliti attentati al Rais.

Costretto a lasciare il paese nel 1998, ritorna in Afghanistan cove si unisce ai talebani.

Nel 2002, il governo libico emette un mandato d'arresto per Belhadj. L’uomo è ritenuto colpevole “di aver stretto rapporti con i leader di Al-Qaeda e in particolare con il capo talebano Mullah Omar. A Jalalabad avrebbe gestito e finanziato campi di addestramento per i mujaheddin". I suoi legami con la CIA ed i servizi segreti inglesi rimangono un mistero.

Nel 2004, dopo una soffiata dell’MI6, Belhadj e sua moglie incinta sono arrestati all'aeroporto di Kuala Lumpur, in Malesia. La CIA li tieni prigionieri in una base segreta a Bangkok (dove l’uomo è interrogato), prima di consegnarli al governo di Gheddafi.

L’ex Rais lo rinchiude nella prigione di Abu Selim per quasi sette anni. Belhadj riceve la grazia nel 2010, come tentativo ad opera del regime di Gheddafi di riavvicinamento agli islamisti locali. Con lui sono liberati anche 170 fondamentalisti.

Nel 2011, Belhadj si schiera contro Gheddafi come leader del Gruppo combattente islamico libico, al fianco degli Stati Uniti e dalla NATO. Nel dicembre dello stesso anno, Belhajd avvia l'iter di un procedimento legale contro il governo britannico per il ruolo avuto nel suo arresto in Malesia.

Nonostante fossero noti i legami di Belhadj con Al-Qaeda, è stato nominato capo del Consiglio militare di Tripoli, una posizione che ha mantenuto fino alle dimissioni nel maggio 2012. E che Belhadj fosse un terrorista spietato, ci sono pochi dubbi. Il suo fascicolo parla di numerose operazioni terroristiche in tutto il mondo, tra cui l’attentato, nel 2004, ai treni di Madrid e l'omicidio di due uomini politici tunisini della Fratellanza Musulmana.

Con il reclutamento dell’ex ribelle moderato Belhadj e dei suoi tremila combattenti, lo Stato islamico avrebbe rafforzato la sua posizione in Libia.

Il Califfato starebbe ricevendo “aiuto concreto” dai campi di addestramento in una nuova base appoggio vicino la città portuale di Derna, nella parte orientale del paese.

Il nemico del mio nemico è mio nemico?

Generale Qasem Suleimani: definito terrorista dal governo degli Stati Uniti e considerato responsabile del venti per cento delle vittime americane nella guerra in Iraq.

Il comandante dalla Quds Force, il reparto speciale iraniano, si è unito alla causa irachena contro l’Isis.

Le fotografie che circolano sui social, mostrano Suleimani al fianco di alti funzionari iracheni nella zona di Tikrit, casa sunnita di Saddam Hussein che si trova quasi equidistante tra Mosul, città controllata dall'Isis che dista 120 chilometri a nord e Baghdad, capitale del governo a 100 miglia a sud.

La presenza di Suleimani in prima linea per recuperare Tikrit dal controllo dell’Isis, sottolinea la crescente influenza dell'Iran sul governo iracheno centrale ed il ruolo fondamentale dei miliziani sciiti, sotto il comando Quds, nella lotta irachena contro lo Stato islamico.

Tra le preoccupazioni occidentali, lo spauracchio di una nuova e terrificante pulizia etnica qualora i miliziani dell’Isis dovessero arrendersi o perdere Tikrit, che attualmente dovrebbe essere teatro di feroci scontri.

Tra le forze che avanzano, due terzi sono da ritenersi miliziani sciiti fedeli all’ Iran, con il resto appartenenti alle forze di sicurezza irachene. Il Pentagono teme che le truppe sciite possano vendicare la strage compiuta dall’Isis di 1700 soldati iracheni, quasi tutti sciiti, avvenuto lo scorso giugno.

Secondo la Fondazione per la Difesa delle Democrazie, “il coinvolgimento della Forza Quds nel conflitto contro l’Isis è il riflesso di una tendenza più ampia della società iraniana: la sua lenta trasformazione da una teocrazia islamica radicale in una dittatura militare. Si tratta di un'organizzazione che si è impegnata a diffondere il terrore sistematico in Iraq. E ora, questa forza è stata accolta dal governo iracheno a braccia aperte.

In altre parole, abbiamo una organizzazione terroristica che sta aiutando il governo iracheno a sbarazzarsi di un'altra organizzazione terroristica".

Concetto ribadito anche dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu che, martedì scorso, durante una riunione congiunta del Congresso ha affermato: "Quando si parla di Iran e di Isis, il nemico del tuo nemico è tuo nemico"

Franco Iacch