I Sukhoi Su-22 dell'Iran

(di Andrea Gaspardo)
07/03/23

Nell'episodio precedente della nostra serie relativa ai velivoli da combattimento dell'Iran, avevamo parlato di come, con l'entrata in servizio nei primi anni Duemila dei Sukhoi Su-25 sia ex-iracheni che di nuova produzione, la Forza Aerospaziale del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica (AFAGIR) fosse riuscita, finalmente, ad oltre 15 anni dalla sua fondazione (1985) a dotarsi di velivoli da combattimento a getto e ad alte prestazioni.

Proseguendo sul sentiero tracciato, parleremo oggi di come la AFAGIR abbia in anni recenti ulteriormente rafforzato la sua linea di combattimento ad ala fissa mediante l'introduzione di un altro velivolo sovietico di origine irachena: il Sukhoi Su-22.

Anche in questo caso però, come già fatto in passato, dobbiamo partire dalla Storia...

Molto spesso descritti come le varianti da esportazione del Sukhoi Su-17 sovietico, il Sukhoi Su-20 ed il Sukhoi Su-22 ne furono in realtà un'evoluzione (dato che diverse sotto-varianti apparse nel tempo presentavano delle prestazioni superiori alle prime varianti del Su-17 sviluppate per il mercato domestico!) tanto che, alla luce delle prestazioni dimostrate in diversi teatri operativi dei conflitti armati della Guerra Fredda, persino la stessa V-VS decise di adottarle.

A sua volta, la serie Su-17/Su-20/Su-22 rappresentava un'evoluzione ed un potenziamento del deludente Sukhoi Su-7.

Avendo compiuto il primo volo nel 1955 ed essendo stato introdotto in servizio nel 1959, il Su-7 (foto seguente) si impose molto rapidamente come il principale cacciabombardiere/aereo da attacco al suolo dell'Unione Sovietica negli anni '60; tuttavia nonostante le sue caratteristiche interessanti, apparve ben presto chiaro ai vertici militari sovietici che le prestazioni espresse dal velivolo fossero in ogni caso minori rispetto ai desiderata del requisito originale.

Nonostante ciò, il Su-7 ebbe una lunga carriera operativa presso la V-VS che si concluse solamente con lo sgretolamento dell'URSS, e venne pure adottato da tutti i paesi del Patto di Varsavia (eccetto Bulgaria ed Albania) e da un certo numero di aeronautiche di paesi del Terzo Mondo tradizionalmente clienti di Mosca come Afghanistan, India, Algeria, Egitto, Siria, Iraq e Corea del Nord (quest'ultima lo utilizza ancora oggi!).

Mentre il Su-7 veniva piano piano assorbito nei reparti di prima linea e allo stesso tempo proliferato all'estero, negli uffici di progettazione aeronautica nacquero in rapida successione quelli che sarebbero diventati i suoi successori: il Mig-23BN, il Mig-27 ed i velivoli della serie Su-17/20/22.

Nonostante ad uno sguardo superficiale i Su-17/20/22 possano apparire assai simili ai Su-7 originali, in realtà è possibile notare immediatamente la fondamentale differenza che mentre i Su-7 sono dotati di ala a freccia, i Su-17/20/22 rappresentarono il primo esempio di un aereo con ala a geometria variabile ad entrare in servizio presso le Forze Armate Sovietiche.

Esattamente come il Su-7, anche il suo “cugino” venne offerto in grandi numeri sul mercato dell'export nelle varianti Su-20 e Su-22 nel corso dei decenni successivi, tanto che ancora oggi esso è in servizio in diversi paesi in giro per il mondo. L'Iraq, importante acquirente di arsenali sovietici sin dagli anni '60, adottò in tempi successivi sia il Su-7 nella versione Su-7BMK (pare in 54 esemplari complessivamente) sia i Su-20 ed i Su-22, impiegando poi tutti questi velivoli assai intensamente nel corso della lunga e sanguinosissima Guerra Iran-Iraq.

Alla vigilia dello scoppio del conflitto, nel settembre del 1980, la IrAF (Iraqi Air Force) allineava le seguenti unità dotate del cacciabombardiere da attacco al suolo sovietico:

- 1o Squadron, dotato di Su-20;

- 44o Squadron, dotato di Su-22.

In ogni caso, l'escalation del conflitto fu tale che gli iracheni dovettero da subito lavorare alacremente per acquistare quanti più aerei possibile sia per ripianare le montati perdite che per creare nuovi squadroni.

Non è chiaro quanti Su-20 e Su-22 siano stati persi dall'Iraq nel corso della guerra del 1980-88 (purtroppo gran parte della documentazione irachena è andata persa nel corso degli anni) ma pare che il trio composto dagli F-5, F-4 ed F-14 della IRIAF ne abbia abbattuti almeno una cinquantina. Ad essi vanno poi aggiunti gli esemplari distrutti al suolo nel corso delle sortite iraniane contro le basi irachene, quelli persi per incidenti o fuoco amico e quelli distrutti dalle difese antiaeree iraniane (a titolo esemplificativo basterà ricordare che solo nel corso della battaglia per la conquista della penisola di Al Faw, Operazione “Alba-8”, tra il 10 di febbraio ed il 10 di marzo del 1986, i missili MIM-23 Hawk delle difese antiaeree iraniani abbatterono ben 20 Su-22, 9 dei quali in un unico giorno, il 12 di febbraio).

Nonostante le gravi perdite subite, i “Fitter” iracheni di tutte le versioni si dimostrarono un pilastro insostituibile dello sforzo bellico di Saddam Hussein ed i loro squadroni terminarono il conflitto con il morale alto.

Nel corso della successiva Guerra del Golfo del 1991, le Forze Aeree Irachene non riuscirono a sbarrare la strada alle preponderanti forze della Coalizione a guida USA (foto). Il 7 di febbraio 1991 due Su-20/22 vennero abbattuti assieme ad un Su-7BMK dagli F-15C americani mediante missili AIM-7 Sparrow mentre tentavano di attaccare le forze nemiche. Successivamente i vertici dell'IrAF organizzarono una evacuazione di massa dei loro velivoli verso l'Iran per salvarli dalla distruzione. Tra i velivoli che trovarono rifugio in Iran vi erano tutti i “Fitter” appartenenti al 44o, al 69o ed al 109o Squadron precedentemente concentrati nella base di Al-Bakr in modo da fungere da riserva operativa, più una manciata di velivoli appartenenti ad altre unità.

Per quanto riguarda le versioni, tra i “Fitter” che ripararono nel paese degli ayatollah vi erano Su-20, Su-22M2K, Su-22M3K, Su-22M4K, Su-22UM e persino almeno 6 esemplari di Su-22UM4K (designazione assegnata ai Su-22UM3K dotati di avionica abitualmente installata sui Su-22M4K e destinati a missioni SEAD/DEAD o di attacco in profondità all'interno del territorio avversario).

Non è chiaro quanti “Fitter” ripararono in Iran. È vero che la maggior parte delle fonti parlano di un numero compreso tra 40 e 50 esemplari, ma esso si basa sull'analisi dei piani di ripristino dei velivoli portati avanti negli ultimissimi anni (e che tratteremo più tardi) che prevedono la creazione di due squadroni di Su-22. Per la verità, a tutt'oggi noi non siamo nemmeno sicuri di quale sia stato il numero complessivo di velivoli iracheni (ad ala fissa e ad ala rotante, militari e civili, da combattimento e da supporto) che ripararono in Iran nel corso di Desert Storm e furono successivamente sequestrati dalle autorità del paese.

La maggior parte dei velivoli iracheni in fuga trovò rifugio nella Tactical Fighter Base 2 (TFB 2) “Fakouri” di Tabriz, nella Tactical Fighter Base 3 (TFB 3) “Nojed” di Hamedan e nella Tactical Fighter Base 4 (TFB 4) “Vahdati” di Dezful, ma altri atterrarono pure nelle basi sotto la responsabilità dell'Aviazione dell'Esercito (IRIAA), su diversi tratti autostradali, soprattutto sull'autostrada Shah-Abad, ed alcuni effettuarono persino atterraggi di emergenza nel deserto iraniano.

Ad oggi gli unici dati certi in nostro possesso sono quelli stilati dagli ufficiali in comando della Tactical Fighter Base 3 (TFB 3) “Nojed” di Hamedan i quali registrarono l'atterraggio di 90 caccia e cacciabombardieri e 20 tra aerei da trasporto e commerciali. Sempre secondo i dati da loro forniti, sappiamo con certezza che tra i cacciabombardieri iracheni atterrati nella loro base vi erano ben 20 “Fitter” (4 Su-20 e 16 Su-22 delle versioni più disparate).

Se il numero totale dei cacciabombardieri con ala a geometria variabile della Sukhoi ad aver riparato in Iran resta quindi ancora opaco, non possiamo dire lo stesso per quanto riguarda invece le tattiche da essi utilizzate per evadere la caccia americana e raggiungere il loro “santuario persiano”.

Gli iracheni organizzarono diverse formazioni in genere guidate da uno o più Su-22M biposto a fungere da “battistrada e navigatori” per gli altri aerei del “gruppo” mentre le rotte di avvicinamento erano le stesse già utilizzate nel corso della Guerra Iran-Iraq per attaccare gli obiettivi situati in profondità nel territorio nemico.

Non appena le nubi della “Tempesta nel Deserto” si furono diradate dal Medio Oriente ed apparve chiaro che gli asset aerei iracheni non avrebbero mai più fatto ritorno in patria, si pose il problema di cosa farne della flotta dei “Fitter” ora iraniani. In verità per un certo periodo di tempo i militari persiani si limitarono semplicemente a mantenere i cacciabombardieri in uno stato di inattività conservativa, non essendoci alcun piano di assorbimento nella IRIAF come accaduto invece per altre tipologie di jet da combattimento ex-iracheni.

Dopo la prima metà degli anni '90, ed avendo nel frattempo acquisito dimestichezza con i ben più grandi e prestanti Sukhoi Su-24MK, i tecnici della IRIAF decisero di mettere mano anche ai Su-22 ma in quel frangente i loro tentativi risultarono infruttuosi per mancanza di manuali tecnici relativi ai mezzi.

Per ovviare alla situazione, gli iraniani decisero di rivolgersi all'Ucraina, che a quel tempo forniva sostegno nel mantenimento della flotta di velivoli ex-sovietici in servizio; tuttavia la richiesta da parte ucraina del pagamento di 10 milioni di dollari per ogni singolo Su-22 rimesso in condizione di volare venne considerata eccessiva perciò i persiani optarono per l'esborso di 1 milione di dollari al fine di ottenere i manuali tecnici per la manutenzione ed incaricarono i loro tecnici di preparare 3 Su-22UM4K e 7 Su-22M4K per i voli di prova. In un periodo di circa sei mesi, i 10 Su-22 in esame vennero messi in condizione di volare e progressivamente trasferiti alla Tactical Fighter Base 7 (TFB 7) “Dowran” nei pressi di Shiraz (foto).

In ogni caso una serie di insormontabili problemi tecnici ed un generale degrado delle capacità che colpì lo strumento militare iraniano nel corso degli anni '90 impose un momentaneo stop al progetto. Nel 2007, a seguito del successo ottenuto dai tecnici della IRIAF nel mantenimento delle flotte di F-4E e Su-24MK, si decise di ritentare la sorte anche con i Su-22 ed un unico esemplare, identificato con il numero di serie 3-6957 venne selezionato per essere riportato in servizio. Però, ispezioni successive al completamento del lavoro verificarono la presenza di diverse crepe, in particolare nel motore Lyulka AL-21F-3 per cui anche questo secondo tentativo venne interrotto.

Nel 2012 la decisione finale che avrebbe permesso una volta per tutte il ritorno dei Su-22 al servizio operativo venne presa nientepopodimeno che dal Leader Supremo della Repubblica Islamica dell'Iran, l'ayatollah Ali Khamenei, apertamente impegnato nell'opera di sostegno dell'espansione delle capacità militari convenzionali dei Pasdaran.

Pare che un ruolo fondamentale nell'opera di “captatio benevolentiae” nei confronti della Guida Suprema lo abbia svolto in tale occasione il comandante della Forza Aerospaziale del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica (AFAGIR), il “sardar” (generale) Amir Ali Hajizadeh (foto).

Uomo dalle mille vite ed instancabile tessitore di oscure trame, Hajizadeh comanda la AFAGIR dal 2009 ed è attualmente uno dei comandanti operativi dei Pasdaran dalla carriera più longeva che, a differenza di numerosi tra i suoi “colleghi”, ha visto rinnovare più di una volta i termini del suo mandato di servizio. Desideroso di dotare la AFAGIR di una forza convenzionale di velivoli da combattimento ad alte prestazioni, fu lui a spingere per l'introduzione in servizio dei Sukhoi Su-25, e fu sempre lui a convincere l'ayatollah Khamenei ad ordinare alla IRIAF di consegnare gli inutilizzati Su-22 alla AFAGIR, in modo tale che potessero essere sottoposti a manutenzione negli stabilimenti della Pars Aviation, grande conglomerato aeronautico controllato proprio dai Pasdaran e principale polo per la manutenzione di velivoli di origine sovietico/russa in Iran e nell'intero Medio Oriente.

Il 1 di ottobre del 2013, mentre il Medio Oriente bruciava nel fuoco delle cosiddette “Primavere Arabe”, Hajizadeh convocò una conferenza stampa durante la quale poté annunciare trionfalmente che i Pasdaran avrebbero presto immesso in servizio il Su-22 con l'obiettivo di equipaggiare due squadroni per complessivi oltre 40 velivoli. Ciò che lo scaltro comandante pasdar dimenticò (ovviamente, volutamente!) di rivelare era che questa volta le industrie iraniane potevano contare, per l'attuazione del loro progetto, sulla piena collaborazione della Siria, la quale aveva esperienza nell'utilizzo del Su-22 sin dalla Guerra dello Yom Kippur contro Israele del 1973. I Pasdaran poterono avvalersi di tale cooperazione perché sotto la pressione della minaccia americana all'epoca della presidenza di George W. Bush, la Siria e l'Iran formalizzarono l'esistenza di una relazione strategica mediante la firma nel 2006 di un vero e proprio trattato di alleanza militare, il quale per altro si rivelò utilissimo al regime siriano dopo lo scoppio delle Primavere Arabe e della Guerra Civile Siriana, presto estesa all'Iraq e degenerata in Grande Guerra del Medio Oriente.

Proprio in tali frangenti, i Su-22 iraniani diventarono loro malgrado protagonisti di un giallo internazionale quando, a partire dal maggio del 2015, venne diffusa la notizia che l'Iran aveva fornito in regime emergenziale ai siriani 10 Su-22 (foto) per rimpolpare le fila della loro Forza Aerea (SyAAF) sempre più sotto pressione in quella fase della guerra.

In realtà questa come altre notizie relative all'impiego in Siria di aerei ed elicotteri dell'IRIAF e dell'AFAGIR si rivelò una colossale falsità. A differenza di quanto avvenne in Iraq a partire dal 2014 infatti, gli unici velivoli iraniani ad essere attivi nel contesto della Guerra Civile Siriana furono i velivoli da trasporto (C-130, Il-76, Boeing 737 e 747) sia dell'IRIAF che dell'AFAGIR pesantemente impegnati nel trasferimento di rifornimenti di ogni tipo destinati alla Siria, agli Hezbollah ed alle milizie filo-iraniane impegnate sul terreno, oltre ovviamente ai droni dei tipi più disparati, tuttavia mai nessun velivolo militare da combattimento iraniano è stato impiegato sopra i cieli siriani.

Il trasferimento dei Su-22 avvenne effettivamente, a partire già dall'aprile del 2013 e continuarono negli anni seguenti, ma lo scopo di tale operazione era di permettere ai suddetti velivoli di subire un completo ciclo di manutenzione presso gli stabilimenti aeronautici siriani situati nella città di Aleppo.

Fu proprio grazie a questi sforzi congiunti che, nel 2018, il primo di due squadroni di Su-22 operanti sotto i colori dei Pasdaran venne finalmente dichiarato finalmente operativo.

Al giorno d'oggi uno squadrone di Su-22 (2o Fighter Squadron) è pienamente operativo mentre un secondo (3o Fighter Squadron) è in avanzato stadio di completamento. Entrambi sono basati alla Tactical Fighter Base 7 (TFB 7) “Dowran” di Shiraz cogestita dalla AFAGIR e dalla IRIAF, così come gran parte degli asset aerei dei Pasdaran.

Dal punto di vista tecnico, il processo di aggiornamento al quale sono state sottoposte le cellule non ne ha solamente ripristinato l'operatività, ma ha portato anche all'integrazione di nuova avionica e sistemi d'arma.

Gli interventi ai quali i Su-22 iraniani sono stati sottoposti possono essere riassunti così:

- aggiornamento del sistema di navigazione e dell'impianto IFF;

- installazione di nuovi serbatoi esterni analoghi ai PTB-800 originali;

- utilizzo di missili aria-aria R-60MK per autodifesa;

- possibilità di utilizzare missili aria-terra a guida laser e a guida TV Kh-29 e Kh-25 utilizzati anche dai Su-24MK;

- la capacità di trasportare e sganciare un nutrito carico di bombe a caduta libera e razzi non guidati di produzione russa, americana e domestica;

- l'installazione di un nuovo pod per il puntamento dei bersagli;

- l'omologazione al lancio di una vasta gamma di munizionamento di origine iraniana comprendente bombe a frammentazione, missili a guida laser (come i Bina), bombe plananti (come le Balaban e le Yasin) e un nuovo missile da crociera di designazione imprecisata (molte fonti puntano sul Nasr-1) caratterizzato dalla portata di 1500 chilometri.

Tuttavia i due aggiornamenti più interessanti ai quali sono stati sottoposti i Su-22 persiani riguardano l'installazione di un datalink che permette ai velivoli di scambiare informazioni sia con altri velivoli dell'AFAGIR e della IRIAF sia con gli UAV che l'Iran sta da anni producendo e schierando in grande numero, e l'installazione di un nuovo sistema d'arma basato sul razzo d'artiglieria Fajr-4 da 333 millimetri e dotato di gittata compresa tra i 75 ed i 200 chilometri (le fonti come al solito divergono notevolmente) che dovrebbe fungere da risposta iraniana al sistema aviolanciato israeliano “Rampage”.

Nonostante ad oggi i Su-22 di Teheran non abbiano ancora avuto il loro battesimo del fuoco, l'intenso impiego operativo ha comportato un inevitabile attrito delle cellule con la perdita di due esemplari (rispettivamente l'11 novembre 2017 ed il 17 settembre 2022) più il serio danneggiamento di un ulteriore esemplare (il 3 agosto 2022) il quale però una volta terminate le riparazioni potrà tornare a volare.

Resta dunque da vedere che cosa il futuro riserverà ai “Fitter” in terra persiana e se e come potranno nuovamente utilizzare in futuro le loro armi in guerra, questa volta al servizio di quello che fu il loro antico nemico.

Foto: Mehr News Agency / web / U.S. DoD / Twitter / IRNA / YouTube