Riflessioni sulla "formula tattica" (mezzi corazzati VS blindati)

19/08/22

Il tema della protezione dei mezzi da combattimento, corazzati e blindati, da offese controcarri e aeree, soprattutto oggi in un quadro tecnologico in continua evoluzione, è senza alcun dubbio una costante che accompagna nel tempo l'evoluzione delle "piattaforme" da combattimento (e non solo), secondo il tradizionale confronto "scudo VS lancia".

I mezzi da combattimento, sono concepiti ricercando possibilmente un perfetto bilanciamento dei parametri della cosiddetta "formula tattica" (potenza di fuoco, protezione e mobilità) in relazione alle capacità operative che devono esprimere/garantire ("requisiti operativi"). È del tutto evidente che se volessimo attribuire a tutti i suindicati parametri il massimo del valore, ci ritroveremo con un mezzo da combattimento (MBT, IFV, blindo) assolutamente non impiegabile, per pesantezza e manovrabilità, anche in termini di potenza di fuoco. Dunque la "stella polare" che guida la progettazione/realizzazione di un mezzo da combattimento è, innanzi tutto, il conseguimento della finalità d'impiego dello stesso (i già citati “requisiti operativi”), né consegue che la formula tattica dovrà essere opportunamente calibrata in modo da conferire al sistema d'arma una efficace performance in termini di potenza di fuoco, protezione e mobilità; quanto precede, attesa una adeguata sostenibilità finanziaria per porre in essere la progettualità.

Riguardo più specificamente alla questione "protezione" della piattaforma, che include la capacità di sopravvivenza dell'equipaggio e/o delle truppe trasportate oltre che del mezzo stesso, visto il continuo affinamento tecnologico delle armi controcarri e dei sistemi di offesa aerea (vedi i droni “kamikaze”) e del loro ampio e diffuso ricorso, si è proceduto nel tempo ad incrementare tale parametro ("scudo VS lancia" ) attraverso l'utilizzo di corazze aggiuntive passive, reattive o semiattive (con riguardo alle offese controcarri) e più di recente inserendo nelle piattaforme sistemi innovativi (alcuni dei quali già in servizio presso le Forze Armate israeliane, statunitensi, russe - a titolo di esempio) basati essenzialmente sulla capacità di individuare la minaccia sia terrestre che aerea (attraverso rilevatori/sensori) per poi neutralizzarla, creando così una sorta di bolla di sicurezza che "accompagna" il mezzo da combattimento.

In merito all'uso di corazzature aggiuntive passive, la loro applicazione sulle aree più sensibili della piattaforma da combattimento comporta ovviamente un aumento del peso complessivo del mezzo, e quindi richiede una potenza del motore tale da non inficiare il requisito della mobilità soprattutto in termini di accelerazione istantanea/spunto. Nello specifico, di norma un carro armato nasce strutturalmente con una corazzatura adeguata all'impiego tattico, ossia alle azioni manovrate tipiche del combattimento d'incontro, di sfondamento e di prosecuzione in profondità (in gergo "carri avanti", nel contesto della cooperazione con unità di fanteria), l'eventuale ricorso alle corazzature aggiuntive passive non deve comprometterne la mobilità, pena la vulnerabilità della piattaforma.

Analogo approccio vale per i mezzo da combattimento delle unità di fanteria, la cui struttura, a differenza dei carri armati, risulta essere più leggera per esaltarne la mobilità, al fine di condurre azioni tattiche, di norma in cooperazione con i carri armati, tese a disarticolare Il dispositivo avversario, anche attraverso lo sbarco delle truppe. La spiccata mobilità ed agilità di movimento costituisce un fattore integrativo della protezione "tout court" di tale tipologia di mezzo da combattimento (e trasporto truppa).

Sul fronte delle corazzature aggiuntive reattive, il fattore peso non incide come per le passive, tuttavia il loro utilizzo, almeno per quelle di prima generazione, è condizionato dagli effetti collaterali che si determinerebbero all'atto della deflagrazione delle cosiddette "mattonelle" , che potrebbero provocare danni alle unità di fanteria appiedate limitrofe al mezzo. Con riguardo alle corazzature semiattive, a differenza delle reattive, sono più leggere tuttavia offrono una protezione inferiore (in sostituzione dell’esplosivo tra le due piastre della mattonella è stato inserito un riempitivo inerte: materiale liquido o semiliquido oppure materiale in gomma), che non comporta effetti collaterali.

Da ultimo e non per ultimo, l’innovazione più interessante ai fini della protezione dei mezzi da combattimento è, come detto in premessa, l’inserimento sulla piattaforma di sistemi di rilevazione ed interdizione della minaccia controcarri e aerea, cito al riguardo, uno fra tutti, il noto sistema Trophy APS tra i più avanzati nello specifico settore, realizzato dalla “Rafael Advanced Defense” (Israele).

Tale sistema oltre ad equipaggiare le unità terrestri israeliane, è stato approvvigionato due anni fa dall’esercito statunitense a livello brigata, quale primo step di ammodernamento delle proprie unità corazzate. Anche l’esercito tedesco e inglese hanno già avviato di recente l’iter approvvigionato per il “Trophy” prioritariamente per le unità corazzate.

In questo specifico innovativo segmento tecnologico, segnalo la collaborazione avviata tra “Leonardo Spa” e un team di esperti provenienti dal Regno Unito, per la realizzazione di un sistema denominato MIPS (Modular Integration Protection System) di protezione ad alta tecnologia per veicoli corazzati che combinerebbe diversi livelli di tecnologie di protezione elettronica e fisica, allo scopo di creare un efficace scudo difensivo controcarri e controaerei.

Con riferimento, in generale, alla difesa controaerei delle “mobile forces” evidenzio la realizzazione di sistemi integrati altamente tecnologici progettati dalla “Rafael Multi Layered Air & Missile Defence” (“Spider – SR”: Short Range Air Defense System e “Spider – MR”: Medium Range Air Defense System), che conferiscono una ulteriore protezione a breve e medio raggio alle unità, ancorché dotate di piattaforme munite di sistemi “Trophy”.

Infine, vorrei porre l’attenzione sul concetto generale della sopravvivenza sul campo di battaglia, con particolare riguardo alle truppe corazzate e blindate, ovvero al di là della continua ricerca (processo permanente) di soluzioni efficaci (rapporto costo/benefici) per rendere più protetti i veicoli da combattimento, rimane sempre aperto il tema del supporto logistico che attiene proprio alla sopravvivenza degli assetti schierati, e mi riferisco alle necessarie ed ineludibili attività di trasporto, di rifornimento, recupero e sgombero.

Le truppe corazzate e quelle blindate (componenti pesanti delle unità di manovra) devono poter disporre di assetti logistici adeguati, sia in termini di capacità tecnica che di velocità tattico/logistica, dando vita ad un processo virtuoso che possa sostenere “ogni tempo” ed in modo aderente lo sforzo del combattimento, pena il rischio di rendere vulnerabile l’impegno operativo posto in essere.

Concludo, la mia riflessione sulla questione “cingoli VS ruotati”, è palese che dove va il cingolo non va il ruotato ancorché blindato (con una bocca da fuoco da 120 mm.). Le unità corazzate hanno da sempre associato al carro armato (MBT), un veicolo da combattimento (IFV) su cingolo, ciò non solo per avere una velocità operativa pressoché omogenea (vedi video), non solo per agevolare le attività logistiche (trasporto, rifornimento, recupero e sgombero), ma soprattutto per creare un sentire comune tipico delle truppe corazzate. Analogamente, le unità blindate, su ruote, devono poter operare in modo “omogeneo”, per cui alla blindo pesante con cannone deve poter corrispondere una blindo dedicata agli esploratori (Centauro~Freccia).

Il mio auspicio, anzi ne sono certo, che queste mie semplici riflessioni siano da tempo maturate in ambito Forza Armata nell’ottica di mantenere alta l’efficienza e l’efficacia dello strumento militare.

gen. d. (aus.) Carmelo Cutropia

Foto: U.S: Marine Corps / U.S. Army / IDF