Analisi sull'andamento della guerra in Ucraina: "il fronte aeronavale" (seconda parte)

(di Andrea Gaspardo)
07/04/22

Dopo aver trattato nella precedente analisi l'andamento delle operazioni della guerra aerea condotta sino ad ora dalle Forze Aeree Russe, passiamo ora ad analizzare quanto fatto sino ad ora dalla Forza Aerea e dalle Forze di Difesa Aerea dell'Ucraina per poi passare alle operazioni navali.

Prima di incominciare è necessario specificare alcuni concetti che ci aiutano a comprendere meglio perché non sia errato dire che la V-VS abbia conquistato il dominio dei cieli pur in una situazione nella quale la Forza Aerea Ucraina (PSU) e le Forze di Difesa Aerea continuano ad “esistere” ed “essere attive”.

Come insegnano i manuali teorici dell'arte della guerra aerea, il controllo dei cieli da parte di uno dei contendenti viene esercitato attraverso cinque gradi di intensità che così vengono definiti:

incapacità aerea: è la fase iniziale nel corso della quale la forza aerea “attaccante” non possiede ancora il minimo controllo dello spazio aereo nemico e non può esercitarvi alcun tipo di influenza;

negazione aerea: è la fase nella quale l'attaccante erode progressivamente il controllo dello spazio aereo dell'avversario impedendogli di esercitarlo come vorrebbe e dovrebbe;

parità aerea: è la fase nel corso della quale i due contendenti combattono, per così dire, sotto “cieli neutrali” dove non è possibile ancora affermare con chiarezza chi abbia il controllo prevalente;

superiorità aerea: è la fase nella quale l'attaccante strappa completamente il controllo dello spazio aereo al nemico e raggiunge la piena capacità di colpire a 360 gradi confidando in una reazione contenuta del nemico nel frattempo ridotto a mal partito;

supremazia aerea: è la fase finale, nella quale le capacità aeree e di difesa aerea di uno dei due contendenti si trovano in una situazione talmente compromessa da risultare oramai totalmente inefficaci.

Va da sé che a ciascun grado di intensità corrisponda un suo opposto in ordine inverso; all'incapacità aerea iniziale da parte dell'attaccante corrisponde una supremazia aerea da parte del difensore e, viceversa, ad una supremazia aerea finale da parte dell'attaccante corrisponde una incapacità aerea da parte del difensore.

Come è ben noto a tutti, dopo i primissimi giorni di guerra, Mosca ha annunciato di aver raggiunto la completa “superiorità aerea” nei cieli ucraini, anche se non ancora la “supremazia aerea”. Che cosa vuole dire tutto questo in termini pratici per i russi e gli ucraini? In parole povere significa che la V-VS è largamente, anche se non completamente, in grado di esercitare il controllo dei cieli ucraini sia sopra la linea del fronte che in profondità e di condurre operazioni di guerra senza che la PSU sia in grado di ostacolarle in maniera tangibile.

Una conseguenza di tutto questo è che la PSU ha minime possibilità di infliggere perdite alla V-VS così come ha scarse possibilità di supportare le altre branche delle Forze Armate e delle Forze di Sicurezza Ucraine impegnate nella guerra. Tuttavia è altresì importantissimo notare che quanto detto sopra NON significa che TUTTI gli aerei e i sistemi di difesa antiaerea dell'Ucraina siano stati distrutti.

Esattamente come già visto in passato nel caso della ormai dimenticata Guerra del Kosovo, gli ucraini, esattamente come i serbi, stanno portando avanti una campagna di resistenza intelligente facendo il migliore utilizzo possibile degli assets a loro disposizione dimostrando al contempo dedizione e spirito di sacrificio in una situazione che, sfortunatamente per loro, li vede in una posizione di chiaro svantaggio. Detto questo, bisogna innanzi tutto notare che gli ucraini non posseggono nulla di comparabile ai Beriev A-50 Mainstay già menzionato nell'analisi precedente e questo li priva di un importante “moltiplicatore di potenza”. Parimenti essi sono privi di aerei ELINT ed EW e questo rende ulteriormente problematico il processo di acquisizione di dati d'intelligence che solamente il massiccio impiego delle medesime piattaforme da parte della NATO e della Svezia a favore dell'Ucraina ha permesso di riequilibrare almeno parzialmente. In ogni caso anche se l'Ucraina avesse a disposizione aerei AWACS, ELINT ed EW, a causa delle loro dimensioni e velocità ridotta essi avrebbero zero possibilità di sopravvivere in un ambiente aereo letteralmente “infestato” di velivoli e missili antiaerei russi.

Come da manuale gli ucraini hanno compensato questa carenza con l'impiego dei radar basati a terra ma anche questo ha creato problemi e, alla luce della sostenuta campagna di soppressione delle difese antiaeree nemiche (SEAD/DEAD) da parte russa oggi sono obbligati ad utilizzare i loro radar superstiti con parsimonia (uno o due minuti al massimo in maniera consecutiva) per evitare la loro individuazione e distruzione. Tale affermazione può far alzare più di un sopracciglio, tuttavia gli scettici devono ricordare che i radar sia di scoperta che di puntamento (non importa se appartenenti alle vecchie o alle nuove generazioni) sono sistemi molto potenti che emettono una grande quantità di energia elettromagnetica. Nei campi di battaglia contemporanei essi sono facilmente individuabili dai moderni sensori installati su varie tipologie di piattaforme ELINT di tutti i tipi che anche i russi hanno a disposizione.

L'utilizzo continuativo dei sistemi radar in una situazione di guerra convenzionale moderna come nel caso della Guerra Russo-Ucraina è paragonabile ad accendere una torcia elettrica nel mezzo di una foresta di notte. In tale frangente, colui che tiene in mano la torcia può vedere solamente ciò che è illuminato dalla torcia di fronte a sé, mentre tutto il resto della foresta, immersa nell'oscurità, può vedere colui che regge in mano la torcia per via del fascio di luce che essa emette. Ecco dunque che il radar, da strumento in grado di fornire un importante vantaggio, si trasforma improvvisamente in un'arma a doppio taglio.

L'alternativa a questa situazione è quella di avere a disposizione uno schieramento massiccio di sistemi integrati tra loro che garantiscano una protezione a 360 gradi e che possano scambiarsi vicendevolmente informazioni in maniera veloce ed efficace in modo da poter rispondere all'unisono, neanche si trattassero dei componenti di un'orchestra (questo insieme di sistemi antiaerei organizzato per operare in maniera integrata viene denominato "IADS" - Integrated Air Defense Systems).

Come già accennato più e più volte nel corso di analisi precedenti, alla vigilia dell'invasione russa, l'Ucraina era dotata di un gran numero di sistemi per la difesa antiaerea gestiti sia dalle Forze di Terra che dalla Forza Aerea, tuttavia essi non erano integrati in una IADS coerente e non sono riusciti a rispondere in maniera unitaria ed armonica all'offensiva aerea russa che li ha completamente disarticolati nei primi giorni di guerra.

Anche se tale stato di cose viene negato dai principali mezzi di informazione, la mole di dati disponibili dopo oltre un mese di guerra è tale per cui questo stato di cose non è semplicemente più ignorabile e conferma quanto già detto e ridetto: le difese antiaeree ucraine sono state completamente “sfondate” dai russi. Questo non vuol dire però che esse siano state tutte sgominate in maniera definitiva né che non possano fare ancora male se utilizzate in maniera intelligente.

Come accennato già nella prima puntata di questa serie di analisi, quando ho descritto i cambiamenti di tattiche dei russi e degli ucraini nell'ambito delle operazioni SEAD/DEAD, gli ucraini hanno dimostrato ingegno e hanno cambiato tattica. Anziché opporsi ai nemici in maniera “attiva”, hanno deciso di utilizzare i radar in modalità che potremmo definire “intermittente”, accendendoli per brevi periodi di tempo per poi spegnerli e cambiarne la posizione e, se possibile, anche le frequenze. Questo ha permesso di salvare un certo numero di batterie ma, come contropartita, fa sì che gli ucraini abbiano adesso una “fotografia assai sbiadita” dell'andamento delle operazioni aeree dei russi. Per ovviare a questo inconveniente, gli alti papaveri delle Forze Armate hanno deciso di creare ed equipaggiare in tempi record una rete di “spotters”, sorta di sentinelle che hanno il compito di guardare costantemente il cielo ed avvisare dell'arrivo delle formazioni aeree russe. Anche gli “spotters” però non sono “infallibili” e nelle settimane passate hanno avuto gravi problemi nell'adempiere al loro dovere a causa delle condizioni meteorologiche caratterizzate dalla prevalenza di nebbia e nuvole basse.

Come emerso anche dalle testimonianze di diversi piloti ucraini contattati da alcuni importanti organi di informazione occidentali e non solo, le Forze Aeree Ucraine così come l'Aviazione dell'Esercito sono riuscite a salvare almeno una parte dei loro velivoli tattici disperdendoli su alcune basi secondarie, su piste in terra battuta o su tratti autostradali idonei alle operazioni aeree.

Discorso diverso invece per quanto riguarda gli aerei da trasporto, i quali sono stati evacuati poco prima dello scoppio delle ostilità. Gli aerei da trasporto della Forza Aerea Ucraina, assieme agli assets appartenenti alle varie compagnie aeree ucraine (soprattutto quelle cargo) che al momento dell'inizio dell'invasione russa si trovavano all'estero, sono stati successivamente concentrati in Polonia per formare una composita “Forza di Trasporto Aereo in Esilio” che è molto attiva nel trasferimento sia di armamenti che di volontari diretti ai fronti della guerra.

Per quanto riguarda invece i velivoli rimasti in patria, i problemi principali incontrati dai velivoli di Kiev sono sostanzialmente due: la manutenzione e la comunicazione.

Il problema della manutenzione apparentemente sembrerebbe di second'ordine dato che, nella vulgata popolare, i Mig ed i Sukhoi sono aerei progettati anche per poter operare da piste in terra battuta o addirittura sui prati, qualora fosse necessario, a differenza dei ben più “delicati” aerei occidentali. Questo è senza dubbio vero, tuttavia bisogna ugualmente segnalare che operare da piste “semi preparate” (come vengono definite in gergo militare) non è affatto uno scherzo ed, anzi, incide molto negativamente sulla durevolezza e solidità delle cellule dei velivoli. Secondariamente, garantire la necessaria manutenzione nelle condizioni “da campo” non è affatto uno scherzo. Prima di tutto è necessario avere a disposizione tutta una serie di apparecchiature meccaniche ed attrezzi che “sul campo” si logorano molto più velocemente degli stessi velivoli. Inoltre risulta assai difficile, se non impossibile, garantire quella generale “pulizia” che è un prerequisito fondamentale e necessario per far funzionare i velivoli al meglio ed evitare incidenti.

Un altro problema che stanno affrontando gli ucraini, e che diventerà sempre più serio mano a mano che la guerra continuerà, è costituito dalla scarsità di carburante. Già da diverse settimane infatti, i russi hanno considerato l'eliminazione dei depositi di carburante nemici come una priorità strategica, tanto che oggi le Forze Armate Ucraine nella loro totalità, e la Forza Aerea in particolare, stanno cominciando a soffrire di una seria mancanza di carburante adatto alle loro necessità. Si potrebbe allora essere tentati di utilizzare carburanti per così dire “inquinati” e non regolamentari ma tale scelta comporterebbe molto presto la necessità di una completa rimozione e sostituzione dei motori, cosa che, al giorno d'oggi, l'Ucraina non si può neanche lontanamente permettere. Non solo, con la distruzione degli unici impianti adatti alla produzione delle parti di ricambio ed alla manutenzione dei velivoli, c'è il rischio che, ben presto, i coraggiosi piloti ucraini debbano essere messi di fronte alla drammatica scelta di dover volare su velivoli potenzialmente “non adatti al volo”. Vero è che in una situazione di guerra per la sopravvivenza nazionale nella quale è lecito combattere con qualsiasi cosa si abbia a disposizione, tali problematiche risultino essere quisquilie.

Sempre per quanto riguarda il problema della manutenzione, è necessario anche considerare i missili aria-aria. Sebbene sia vero che i velivoli di origine sovietica siano progettati apposta per “essere trattati male” e poter operare da piste “al limite dell'umano” ciò non vale affatto per il loro carico bellico costituito da i preziosi missili aria-aria, in particolare gli R-27 che da questo punto di vista sono celeberrimi per essere delicatissimi.

I missili aria-aria di fabbricazione sovietica si rovinano molto facilmente se sottoposti ad eccessive vibrazioni quando i velivoli ai cui piloni sono agganciati decollano ed atterrano. Ecco perché operare da piste semi preparate rappresenta per gli ucraini la via più semplice per rovinare le loro intere scorte di “proiettili dell'aria”, la cui riparazione aprirebbe poi ulteriori problemi. Per questa ragione i missili aria-aria in dotazione alla Forze Aerea Ucraina si sono guadagnati il nomignolo di “una volta e per sempre”.

Venendo ora alla comunicazione, è facile capire che, se è vero che almeno una parte degli aerei si sia salvata dal devastante attacco russo iniziale attraverso la dispersione sul territorio, non si può dire che sia valso lo stesso per le basi e le altre infrastrutture di supporto, inclusi i centri di comando e controllo che sono stati ripetutamente colpiti. Ciò rende anche le comunicazioni tra le diverse formazioni di velivoli un affare molto complicato e potenzialmente pericolosissimo ogni qual volta i russi riescono ad intercettare i flussi di informazioni. Ecco perché, spesse volte i piloti ucraini bypassano il problema limitandosi a pattugliare una determinata area a loro assegnata in completo silenzio radio. Questo fatto però riduce di molto l'utilità e la flessibilità operativa delle loro CAP (missioni di pattugliamento aereo armato).

Il problema delle comunicazioni affligge in particolar modo il Quartier Generale della Forza Aerea con il risultato che esso necessita di una grande quantità di tempo per avere un quadro sufficientemente definito della situazione e preparare le missioni di attacco dei velivoli Su-24 e Su-25 contro le colonne corazzate russe. È altresì vero che tali missioni troppo spesso avvengono in un contesto di minima intelligence sulla disposizione delle difese aeree ed antiaeree nemiche, con il risultato che i suddetti velivoli ucraini devono vedersela con la piena potenza dei velivoli da caccia di Mosca come i Su-27, i Su-30 ed i Su-35 nonché delle difese antiaeree basate a terra e, conseguentemente, le loro perdite sono state gravi tanto da convincere gli strateghi di Kiev a destinare alle missioni di attacco anche un numero crescente di Mig-29 che abitualmente verrebbero utilizzati invece per compiti di difesa aerea. Kiev utilizza i suoi Su-27 esclusivamente per compiti di difesa aerea assieme a gran parte dei Mig-29.

Come già detto in passato, gli ucraini soffrono il fatto di essere dotati di aerei equipaggiati con dotazioni elettroniche e missili non allo stato dell'arte. Questo, più la mancanza di aerei AWACS ed altri “moltiplicatori di potenza” li pone in una situazione di totale svantaggio quando costretti a misurarsi testa a testa con i russi.

Non appena i piloti ucraini si alzano in volo e guadagnano un'altitudine sufficiente, vengono istantaneamente individuati dagli A-50 Mainstay (foto) o dai radar nemici basati a terra che procedono istantaneamente a dirottare contro di loro formazioni anche numerose (si parla di 12 aerei al colpo) di Su-27SM, Su-30 oppure Su-35 (quest'ultimo particolarmente temuto dai piloti di Kiev).

Grazie al vantaggio sia numerico che tecnologico i russi non tentano nemmeno di ingaggiare gli ucraini in un combattimento manovrato ma, per non lasciargli nemmeno una chance, li attaccano dalla distanza utilizzando i loro missili R-27 delle ultime versioni e R-77. Quest'ultimo in particolare, considerato una sorta di risposta russa al missile AIM-120 AMRAAM americano, è caratterizzato da una gittata stimata tra gli 80 e i 193 chilometri a seconda delle versioni ed è armato con una testata autocercante a guida attiva (almeno nella fase terminale), diventando una vera è propria arma lancia-e-dimentica (fire-and-forget) nella terminologia di guerra aerea occidentale. All'inizio del conflitto gli ucraini hanno tentato di ovviare al problema tenendo i radar dei loro velivoli spenti, avvicinandosi il più possibile ai velivoli russi a basse quote per poi “alzarsi” all'ultimo momento ed ingaggiarli con i loro missili R-27ET (versione equipaggiata con testata caratterizzata da sistema di guida all'infrarosso) puntati utilizzando i sistemi di puntamento elettro-ottici montati sui Mig-29 e sui Su-27. Il problema è che la testata cercante degli R-27ET è antiquata (i missili risalgono ai primi anni '80) e i sistemi di puntamento elettro-ottici dei Mig-29 e dei Su-27 ucraini non sono aggiornati come quelli delle loro controparti russe.

Dall'inizio del conflitto fino ad ora gli aerei da caccia ucraini sono riusciti a registrare diversi abbattimenti confermati di elicotteri russi, ma non esiste ancora alcuna prova certa che essi siano riusciti ad abbattere alcun aereo ad ala fissa della V-VS, avendo al contrario subito diverse sanguinose lezioni.

L'ultimo grave problema con il quale i piloti ucraini devono fare i conti è la contraerea russa, sia missilistica che convenzionale. Grande impressione ha causato la perdita, avvenuta il 25 febbraio, di Aleksandr Yakovlevich Oksanchenko (foto), forse il più esperto pilota della PSU. Ai comandi di un Su-27, Oksanchenko (nome in codice: “Lupo Grigio”) ha terminato la sua carriera e la sua parabola terrena mentre difendeva i cieli situati sopra la capitale, disintegrato da un missile sparato da una batteria di S-400 posizionata a ben 125 chilometri di distanza, in territorio bielorusso.

Dopo la morte del loro “top gun” più famoso, i suoi compagni d'arme hanno immediatamente cambiato gli assetti operativi volando a bassissime quote per evitare i radar russi (sia quelli delle batterie missilistiche che quelli degli A-50) ma in tal modo sono diventati vulnerabili persino al fuoco delle armi leggere proveniente da terra.

È molto difficile dire con certezza quanti velivoli sia ad ala fissa che ad ala rotante siano ancora nelle disponibilità della Forza Aerea e dell'Aviazione dell'Esercito anche perché, secondo le testimonianze date dagli stessi piloti ucraini a diversi organi di stampa occidentali: “non passa giorno che l'Ucraina non perda qualche asset aereo ed oggi le Forze Armate hanno più piloti che velivoli”.

Quello che è certo è che mentre la V-VS effettua ormai tra le 300 e le 500 sortite giornaliere per ciascuno dei fronti di guerra, la PSU ha adottato sempre più la postura di “forza in potenza” (force in being), concentrandosi cioè sulla salvezza e preservazione per quanto possibile dei suoi assets in vista di uno scontro finale, per il momento al di là dal venire, con la V-VS nel momento in cui l'Ucraina si troverà a combattere la battaglia decisiva per le sorti della guerra. Per il momento, gli ucraini effettuano circa 20-30 sortite al giorni e lasciano soprattutto alle Forze di Difesa Aerea il compito di contrastare l'offensiva del nemico.

Già nella precedente analisi avevamo parlato dell'andamento della campagna SEAD/DEAD e di come questo mortale braccio di ferro tra le batterie missilistiche ucraine da un lato ed i velivoli russi dall'altro abbia fino ad ora attraversato tutto il conflitto.

Tanto gli ucraini quanto i russi hanno dimostrato flessibilità e capacità d'innovazione nella conduzione di una tipologia di guerra che, come tutti i militari sanno, è una delle più difficili.

Al momento nel quale scriviamo sembra che, al netto della contraerea convenzionale, l'Ucraina sia ancora in possesso del 30% delle batterie missilistiche che erano a sua disposizione all'inizio delle ostilità e che esse siano ancora molto attive specialmente nell'intercettare i missili da crociera russi (tattica questa mutuata dai serbi nel corso della Guerra del Kosovo). Sembra per altro che le difese antiaeree ucraine siano in procinto di essere rinforzate da un numero importante di batterie degli stessi sistemi già in dotazione che gli Stati Uniti hanno promesso di fornire.

Le fonti presso le quali gli Stati Uniti si sono riforniti sono essenzialmente tre:

- il loro personale “tesoretto” di batterie missilistiche di origine sovietica e post-sovietica ottenuti nel corso degli ultimi decenni nelle situazioni più disparate;

- gli arsenali di sistemi terra-aria di origine sovietica in servizio presso i loro alleati NATO ex-Patto di Varsavia ma non solo (per esempio la Grecia);

- ulteriori batterie acquistate in fretta e furia da altri paesi (in particolare l'Egitto) in cambio di contropartite.

Questi aiuti dovrebbero rappresentare per l'antiaerea di Kiev un'autentica “manna dal cielo” e permetteranno agli ucraini di continuare a combattere sotto l'ombrello di una difesa antiaerea abbastanza efficace.

La radiografia delle operazioni aeree ucraine non sarebbe però completa senza menzionare il contributo che UAV ed UCAV hanno sino ad ora fornito per la protezione del paese. In particolare gli ucraini stanno facendo il migliore utilizzo possibile degli UAV/UCAV Baykar Bayraktar TB2, la cui reputazione è stata ulteriormente cementata, anche se ben difficilmente l'impiego di una tipologia di UAV basterà da solo a cambiare le sorti di una guerra.

Chiudiamo ora questa seconda analisi parlando delle operazioni navali.

Sin dalle prime battute della guerra, il fronte navale è stato caratterizzato da una completa superiorità da parte russa. Le forze della Flotta del Mar Nero, fortemente rinforzate da diversi vascelli distaccati per l'occasione dalla Flotta del Nord, dalla Flotta del Baltico, dalla Flottiglia del Caspio, dallo Squadrone del Mediterraneo e persino dallo Squadrone dell'Oceano Indiano, e coadiuvate dalla locale Flottiglia delle Truppe di Frontiera dell'FSB, hanno attaccato le infrastrutture navali e costiere dell'Ucraina, appoggiato l'azione delle forze di terra del Primo e del Secondo Fronte, imposto il blocco totale dei traffici commerciali navali da e verso l'Ucraina (tagliandola di fatto fuori dai mercati internazionali) e bombardato il territorio ucraino sia sulla fascia litoranea che in profondità sia a mezzo delle artiglierie di bordo che con i missili da crociera imbarcati.

Esistono versioni contrastanti in merito al fatto che, il 26 di febbraio, le forze navali russe abbiano portato a termine uno sbarco anfibio nell'area di Mariupol, primo passo che ha poi portato all'accerchiamento di quella città nei giorni successivi. Nonostante tale evento sia stato dato per certo da una pluralità di fonti, ad oggi deve ancora emergere una foto ufficiale che permetta di disperdere una volta per tutte la cosiddetta “nebbia di guerra”.

Le navi russe sono state altresì utilizzate per fungere da piattaforme per le infiltrazioni delle Spetsnaz e di nuclei delle VDV trasportati a mezzo di elicotteri. Nonostante prima dell'inizio del conflitto i russi avessero notevolmente rafforzato la componente anfibia fino a farle raggiungere la “fantastica” cifra di ben 13 unità (3 classe Alligator, 9 classe Ropucha - foto - e 1 classe Ivan Gren), i russi non se la sono sentita, fino ad oggi, di tentare di assaltare il porto di Odessa, che porterebbe alla sua naturale conclusione la campagna di conquista da parte russa dell'area meridionale dell'Ucraina, preferendo utilizzare le loro unità navali per il trasferimento di uomini e mezzi nelle diverse aree del fronte.

Gli ucraini hanno cercato di fare fronte a tali attività come hanno potuto, utilizzando le mine navali e le proprie batterie di missili costieri ed arrivando a dichiarare di aver affondato ben 7 unità navali nemiche. Ad un'attenta analisi dei filmati prodotti dagli ucraini però si nota come le rivendicazioni di affondamenti da parte loro abbiano riguardato navi mercantili di altri paesi sfortunate abbastanza da trovarsi nel posto sbagliato al momento giusto.

Va segnalato, per par condicio, che anche le forze aeree e navali russe hanno più volte attaccato il naviglio civile per lanciare il messaggio inequivocabile che nessuno avrebbe più dovuto arrischiarsi a rifornire l'Ucraina dal mare.

Le operazioni navali russe hanno subito due battute d'arresto, la seconda più grave della prima, rispettivamente il 22 ed il 24 di marzo.

Nella prima data, le forze ucraine a difesa della città assediata di Mariupol hanno sparato due missili anticarro 9M113 Konkurs contro le navi russe impegnate a bombardare la città in appoggio all'avanzata delle forze di assedio. Uno dei due missili ha centrato in pieno una nave da pattugliamento Project 03160 “Raptor” danneggiandola ed obbligandola ad essere trainata in porto per le riparazioni.

Nella seconda data, le navi russe ancorate nel porto di Berdiansk sono state oggetto dello scoppio di un catastrofico incendio che ha portato all'affondamento della BDK-65 Saratov (foto), nave anfibia della classe Alligator così come al danneggiamento, in realtà leggero, delle altre due navi anfibie presenti sul molo in quel giorno, la BDK-64 Caesar Kunikov e la BDK-46 Novocherkassk, entrambe appartenenti alla classe Ropucha.

Immediatamente le parti in guerra hanno dato due versioni diverse dell'accaduto. Secondo gli ucraini, la nave è stata centrata da un loro missile balistico 9K79 OTR-21 Tochka che ha provocato la deflagrazione delle munizioni stipate a bordo. Secondo i russi invece, la nave è stata colpita dai detriti del medesimo Tochka ucraino intercettato dai loro sistemi antimissili balistici che hanno poi innescato la ben nota reazione a catena.

A ben vedere però, sia la versione ucraina che quella russa non risultano soddisfacenti. Visionando ed analizzando nei minimi particolari i video dell'intero evento si nota innanzi tutto che non vi è alcuna detonazione compatibile con l'attacco da parte di un missile balistico. Secondariamente, in cielo non vi sono scie di alcun tipo che denotano anche solo un tentativo di intercettazione. Terzo, nell'area della città non sono stati segnalati danni a strutture e persone compatibili con la caduta dal cielo di frammenti di missili balistici (che possono essere veramente grandi ed abbattere intere palazzine, come realizzarono gli israeliani nel 1991!). Da ultimo, la BDK-65 Saratov non “esplode” come ci si aspetterebbe da una nave carica di munizioni (altrimenti l'effetto sarebbe stato simile a quello dell'esplosione di Beirut del 4 agosto 2020) ma, al contrario, essa viene progressivamente “consumata” in una sorta di immensa “pira funeraria”.

Alla luce di questi ed altri elementi, l'autore della presente analisi ritiene che la nave in questione trasportasse non munizionamento ma una grande quantità di carburante e che l'origine dell'incendio sia invece da ricercarsi nella pessima disciplina delle truppe che, probabilmente, per rendere le operazioni di carico e scarico più veloci hanno sistemato il carico senza tenere conto delle più elementari norme di sicurezza. A chi ritiene che questa spiegazione possa sembrare esagerata, basterebbe ricordare che persino la marina più potente del mondo, al US Navy, è stata flagellata da eventi simili che si guadagnarono le prime pagine di tutti i quotidiani e che in alcuni casi portarono alla perdita di intere unità navali. Alcuni esempi famosi:

- il 26 ottobre del 1966, la portaerei USS Oriskany fu oggetto dello scoppio di un incendio mentre era impegnata nella Guerra del Vietnam, la nave venne salvata ma in 44 morirono e 156 vennero feriti;

- il 29 luglio del 1967, la portaerei USS Forrestal fu colpita da una delle peggiori catastrofi mai avvenuta ad una grande nave militare mentre era anch'essa impegnata nella Guerra del Vietnam. Anche in questo caso la nave venne salvata ma ci furono 134 morti e 161 feriti, inoltre 21 aerei vennero persi nel rogo ed altri 40 vennero danneggiati;

- il 14 gennaio del 1969, la portaerei USS Enterprise fu a sua volta colpita da un incendio come le due precedenti mentre si trovava anch'essa in missione nella Guerra del Vietnam. Anche in questo caso la nave venne salvata ma si registrarono 34 morti e 314 feriti, inoltre 15 aerei rimasero distrutti;

- il 23 maggio 2012, un incendio scoppiò a bordo del sottomarino USS Miami mentre era ancorato ai cantieri navali di Portsmouth. L'incendio danneggiò il sottomarino in una maniera tale che si decise successivamente di smantellarlo;

- il 12 luglio del 2020, un altro incendio catastrofico di origine dolosa scoppiò a bordo della nave da assalto anfibio USS Bonhomme Richard che venne anch'essa avvolta in un'enorme “pira funeraria” e venne dichiarata perduta, esattamente come oggi la BDK-65 Saratov.

La perdita di una delle 13 navi anfibie allocate alla Flotta del Mar Nero all'inizio della guerra ha senza dubbio arrecato un brutto colpo ai russi, tuttavia essa non rappresenta un evento tale da sconvolgere completamente l'andamento delle operazioni belliche dato che il dominio navale lungo le coste dell'Ucraina resta saldamente nelle mani di Mosca.

(Continua)

Analisi sull'andamento della guerra in Ucraina: "il fronte aeronavale" (prima parte)

Foto: MoD Fed. Russa / progress.gov.ua / U.S. Air Force / Mil.gov.ua / YouTube