Reportage dal Kosovo: intervista al comandante della missione Kfor, generale Franco Federici

(di Gian Pio Garramone)
08/10/21

Attualmente il comandante della Kosovo Force – KFOR, un contingente multinazionale composto da 28 nazioni, è il generale di divisione Franco Federici, ufficiale di grande esperienza, con all'attivo numerose missioni all’estero. Il generale è il 25° comandante della missione NATO in Kosovo.

Durante la recente attività giornalistica embedded al seguito dei militari di KFOR, ho potuto intervistarlo per un focus sulla missione.

Generale, come è cambiata la missione ONU dal 1999 ad oggi?

Negli anni, ben 22, la Kosovo Force (KFOR) guidata dalla NATO ha sempre operato in ossequio al mandato conferito dalla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite 1244 del 1999, ovvero quello di garantire sicurezza e libertà di movimento sul territorio kosovaro per tutte le comunità presenti. Nel corso del tempo – come del resto occorre per tutte le operazioni militari multinazionali, comprese quelle guidate dalla NATO - KFOR ha visto variare il numero di effettivi. Dai circa 55,000 militari nel ‘99 si è passati agli attuali 3,600 circa – forniti da 28 Paesi contributori (comprendono sia Paesi membri che partners della NATO) che hanno offerto truppe a KFOR - in linea con l’accresciuto livello di sicurezza consolidatosi nel tempo.

Con l’arrivo dei primi soldati lettoni qualche settimana fa, il numero delle nazioni contributrici è salito a 28, otto delle quali non sono membri dell'Alleanza ma aderiscono al programma “Partnership for Peace” con la NATO.

Tutto questo riflette sia l’impegno continuo dell’Alleanza Atlantica per la stabilità dei Balcani Occidentali – come anche sottolineato pochi giorni fa dallo stesso segretario generale della NATO Jens Stoltenberg in visita da noi – sia l’ottima collaborazione e l’alto livello di inter-operabilità tra Paesi membri e partners.

L’Italia, dal canto suo, ha da subito partecipato alla missione KFOR in maniera importante, con un ruolo di prim’ordine. Sia per quanto concerne il numero di personale nazionale impiegato rispetto agli altri Paesi contributori (l’Italia è infatti, attualmente, il primo paese contributore della missione), sia assumendone il comando per 12 volte, di cui 8 consecutive.

Questo - mi permetta di dire - è una testimonianza importante e tangibile del grande apprezzamento che la leadership nazionale continua a riscuotere in seno all’Alleanza e dai principali attori regionali.

Non va dimenticato inoltre che è italiana la guida e una buona parte di militari del Regional Command West (RC-W, unità multinazionale con responsabilità nel settore occidentale del Kosovo) e della Multinational Specialized Unit (MSU, interamente composta da carabinieri, impiegati da sempre nel contesto urbano delle città di Pristina e di Mitrovica). Sono altresì italiane la leadership del battaglione “ISR” (Intelligence Surveillance and Reconnaissance). Inoltre dei 3.600 militari impiegati in KFOR, circa 620 sono italiani, con una rappresentanza di personale appartenente a tutte e quattro le Forze Armate.

Attualmente quali sono le criticità?

Dopo 10 mesi di permanenza in questo territorio come comandante di KFOR mi sento di valutare positivamente il livello di sicurezza. Non vi sono segnali che ne facciano presagire potenziali rischi o peggioramenti. Ciò detto, le nostre unità costantemente impiegate sul terreno garantiscono un continuo monitoraggio e la nostra postura operativa ci permette di adattarci a qualsiasi sviluppo di situazione.

Secondo l’attuale sistema interno vigente in Kosovo, il controllo e il mantenimento della sicurezza è una responsabilità della Kosovo Police in qualità di “first responder” e successivamente quale “second responder” dell’European Union Rule of Law (EULEX) in tutto il territorio kosovaro, fatta eccezione per l’area attorno al Monastero di Decane, unico luogo in cui KFOR è direttamente responsabile della sicurezza quale “first responder.” A questo proposito, vorrei sottolineare che non abbiamo registrato alcun incidente presso gli altri siti religiosi del Kosovo la cui sicurezza è attualmente, come già detto, responsabilità della Kosovo Police. Questo, mi permetta di dire con orgoglio, rappresenta uno sviluppo di situazione con benefici per tutte le comunità locali.

La Kosovo Police ha dimostrato di avere capacità e credibilità, svolgendo anche operazioni di polizia di altissimo livello, in coordinamento con Forze di Polizia straniere, tra le quali quelle italiane.

Come vede il futuro della missione?

KFOR è stata ed è un successo per la NATO, l'operazione più longeva e attualmente quella con il numero più elevato di forze dispiegate sul terreno.

Per il momento la NATO non ha in programma di modificare o ridurre le forze della KFOR. Continua con lo stesso vigore del ’99 a svolgere i suoi compiti nell'ambito dell'UNSCR 1244 e dell'Accordo tecnico militare.

Sebbene l'impegno in Kosovo duri molti anni, per il momento l'Alleanza non ha intenzione di cambiare o ridurre la missione KFOR e parimenti non ha piani per una presenza permanente in Kosovo, infatti l'operazione KFOR è sempre stata "condition based", il che significa che ogni cambiamento di numeri e di missione è avvenuto e avverrà sempre e solo in relazione a un cambiamento delle condizioni sul terreno che è deciso dal Consiglio Nord Atlantico

Oggi KFOR, rimane una forza robusta e credibile in grado di svolgere la sua missione e la NATO rimane pienamente impegnata per la sicurezza in Kosovo e la stabilità regionale sostenendo il processo di dialogo mediato dall'UE tra Belgrado e Pristina che vediamo come unica soluzione alla situazione attuale.

Foto: autore / KFOR