Diario siriano. Cap.9: oltre la speranza

(di Andrea Cucco, Giampiero Venturi)
01/03/16

Tarek è un cuoco. Il 27 maggio del 2012, terminata la scuola alberghiera, parte per la leva triennale.

Dopo il primo addestramento viene assegnato ad un reparto di stanza nei pressi di Aleppo.

Le telefonate a casa sono quelle di un qualsiasi ragazzo in divisa alla famiglia.

Con l'autunno la situazione attorno alla caserma comincia a complicarsi. I terroristi si fanno sentire. Ogni 15 giorni c’è un'imboscata. Quando va bene qualcuno rimane ferito…

La situazione peggiora di pari passo con la stagione. La caserma è sempre più isolata fino a che vengono interrotti i rifornimenti. Si raziona il cibo e per portare scorte ed evacuare i feriti servono gli elicotteri.

Il padre di Tarek sente il figlio regolarmente al telefono. Lui non vuole allarmare la famiglia e usa toni rassicuranti. Ma il padre capisce: la voce tradisce ansia e preoccupazione.

È un’escalation. Le cose vanno di male in peggio. In tutto il Paese le proteste di piazza, orchestrate a dovere, diventano guerra aperta. In giro ci sono molte armi e gente strana dell’Asia centrale e di altri Paesi arabi.

Le notizie che giungono alla famiglia attraverso amici e social network sono allarmanti. Il 13 dicembre, il papà parla chiaro Figlio mio, so quanto sei coraggioso, ma ti prego! Se entrano non fare Mike Tyson, alle brutte scavalca il muro e mettiti in salvo! Pensa alla mamma!

È l’ultima volta che il padre sente Tarek al telefono.

14 dicembre 2012, ore 06.00. Le sentinelle di guardia cadono una dopo l’altra. I 220 effettivi della guarnigione sono ingaggiati dai terroristi e in poche ore 80 di loro rimangono a terra. Sono dentro, sono troppi, hanno armi moderne e le sanno usare. Ogni ulteriore resistenza è inutile.

Tarek si dirige verso un muro e con un gruppo di commilitoni scavalca e si dirige verso Ez Zerbe, un'area residenziale ritenuta sicura. La zona però non è più libera. I ribelli affiliati ad Al Nusra sono padroni e catturano tutti. Tarek è in un gruppo di 14 prigionieri.

Passa del tempo. Arrivano anche quelli del Free Syrian Army. Il bottino viene spartito in parti uguali: sette prigionieri da una parte e sette dall'altra. L’ansia diventa paura. La propria vita, una città, un Paese intero, il mondo… tutto sembra crollare all’improvviso. L’angoscia di un ragazzo tranquillo diventa buio.

Chi finisce nelle mani dell’FSA può ambire a un riscatto e salvarsi. L’etica dei cosiddetti ribelli, ispirazione di molti idealisti da scrivania occidentali, finisce lì.

Tarek purtroppo è nelle mani di Al Nusra. Di lui non giunge alcuna notizia. Nemmeno da YouTube, dove girano i video raccapricciant degli islamisti. Nulla di nulla.

L'angoscia e la disperazione sono di casa in una famiglia che vive a centinaia di chilometri di distanza. Le notti sono interminabili. Mentre si allunga l’attesa, si accorcia la speranza. I due fratelli minori di Tarek si stringono alla madre straziata. Il padre capisce che dopo il figlio, rischia di perdere anche la moglie.

Dopo un anno esatto la madre riceve la telefonata di uno sconosciuto. Tuo figlio sta bene. È con noi”.

Un sogno e una fiaccola di amore si riaccendono. La vita, nonostante la guerra, sembra rinascere. Nel buio si vede una luce.

Oggi la mamma di Tarek attende ancora il suo ritorno. Sento che mio figlio è ancora vivo”, dice per non lasciare il passo alla disperazione. Il marito la conforta: quando i terroristi saranno cacciati dalla città dove hanno rapito Tarek, andrà a cercarlo di nuovo.

Madre e padre hanno la pelle chiara. Come molti siriani, a vederli, potrebbero essere occidentali. Le loro facce da persone normali, sono diventate uno scudo di pietra, oltre il quale si ferma il dolore che li ha divorati. È un dolore sconosciuto al mondo: è il dramma di una famiglia qualunque distrutta da una malvagità fredda e lontana.

Il papà vigila sulla moglie con l’appoggio degli altri due figli. Lei, ogni giorno più silenziosa, ha bisogno di aiuto. Ha bisogno di credere per continuare a vivere.

Per lei, vittima anonima di una guerra vergognosa, marito e figli farebbero qualunque cosa. Pur di darle speranza sarebbero disposti a tutto...

(foto: Difesa Online)