La Tunisia resiste all’ISIS

(di Antonio Di Muro)
30/11/15

L’attentato terroristico del 24 novembre, rivendicato da una cellula dell’ISIS, contro un bus di guardie presidenziali tunisine nel cuore di Tunisi, continua a dimostrare l’interesse che il gruppo Stato Islamico ha verso i Paesi del Mediterraneo. In un comunicato della cellula dell’ISIS viene dichiarato che i terroristi non si fermeranno fino a che non sarà in vigore la Sharia in Tunisia.

Il presidente Bèji Caid Essebsi ha proclamato lo stato d’emergenza ed il coprifuoco, mentre il Consiglio per la sicurezza nazionale ha deciso la chiusura della frontiera con la Libia per 15 giorni. Nonostante sia presente la minaccia terroristica, la Tunisia sta dimostrando una grande forza d’animo nella lotta contro l’ISIS. La dimostrazione di ciò è rappresentata dall’emancipazione politica di forze giovani, provenienti dalla Primavera araba e da nuove misure di sicurezza a tutela della nazione.

L’on. Imen Ben Mohamed, deputata del partito Ennahda al parlamento tunisino, già raggiunta dalla Fondazione OFCS, organizzazione italiana che persegue la diffusione della cultura della sicurezza, ha aggiunto a Difesa Online che "il terrorismo di matrice ISIS è un fenomeno internazionale che non minaccia soltanto la Tunisia ma tutta la regione, e dunque per affrontarlo bisogna collaborare e cooperare tra sponda Sud e Nord del Mediterraneo. La Tunisia coopera con l’Algeria, perchè la minaccia dei gruppi jihadisti nello Shaabi, zona di frontiera tra Tunisia e Algeria, è forte. Inoltre confiniamo anche con la Libia, la quale sta vivendo una situazione difficile, che influenza la sicurezza e la stabilità dei due Paesi. Cooperiamo con l’Europa, per il controllo sulle frontiere marittime oltre che, per un supporto logistico che consente di rafforzare il controllo sui confini con la Libia. Già da tempo, è stata creata una zona militare, tra la Tunisia e la Libia, ed ora è stato creato un muro per affrontare l’infiltrazione di gruppi terroristici dal confine e controllare il contrabbando delle armi e delle merci, a cui è legato il terrorismo”.

La giovane deputata sostiene inoltre che “Il modello tunisino è una vera e propria minaccia per l’ISIS. La riuscita del percorso democratico tunisino, è un’ispirazione per gli altri Paesi, che stanno ancora facendo un percorso difficile di transizione ed è proprio questo, che non vogliono i gruppi terroristici”, sottolineando soprattutto che “La Tunisia non fa differenze nella protezione delle persone, tunisine o straniere che siano. Gli operatori vengono protetti non solo dal rischio terroristico ma anche dalla criminalità. La Tunisia è un Paese molto ospitale, infatti ci sono molti imprenditori stranieri e tanti sono gli italiani che vivono qui da anni. Molte imprese giungono in Tunisia anche dopo la rivoluzione, lavorando in molti settori come quello tessile, l’agricolo, l’energetico, ecc... Adesso, molti pensionati italiani vengono a vivere in Tunisia. Essa è diventata una destinazione attraente perché è molto simile all’Italia. Queste persone amano la Tunisia, vivono in pace e in tranquillità, non hanno mai avuto problemi di sicurezza”.

A partire dalla Primavera araba sono stati attuati processi di democratizzazione attraverso la creazione di un’Assemblea costituente, una maggiore rappresentanza delle categorie sociali sia al governo che in parlamento e l’attuazione di riforme economiche. Va però ricordato che si rileva un rischio sicurezza basso per il Nord della Tunisia e medio sia per il Centro che per il Sud dello Stato, anche se in base a precise analisi del Foreign Office britannico si sconsiglia di transitare nell’area del Parco Nazionale del Chaambi, nei valichi di frontiera di Ghardimaou, Hazoua e Sakiet Sidi Youssef, nella zona militarizzata all’estremità dello Stato e lungo i 500 km di frontiera con la Libia.

Per difendere l’evoluzione democratica dalle barbarie del terrore è stata votata in Tunisia la legge n. 26/2015, che all’art. 1 mira non solo a prevenire e combattere il terrorismo ed il riciclaggio di denaro, ma anche ad assistere e risarcire le vittime del terrorismo. Si precisa ancora l’inasprimento delle pene per tali reati e specifiche competenze per la polizia giudiziaria tunisina. Nella legge si rileva la creazione, presso la Corte d’Appello di Tunisi, di un polo giudiziario contro il terrorismo, formato da due rappresentanti della Procura della Repubblica, da giudici istruttori, giudici della camera d’accusa e giudici delle camere criminali e per reati minori, di prima istanza e d’appello. All’art. 44 della presente legge è previsto che «Il giudice istruttore deve confiscare armi, munizioni, esplosivi e altri materiali, strumenti, attrezzature e documenti utilizzati per eseguire il reato o per facilitare l'attuazione. Deve, inoltre, confiscare gli oggetti la cui fabbricazione, il possesso, l'uso o la commercializzazione sono un reato».

Per migliorare l’individuazione di cellule terroristiche è stato inserito nella legge, all’art. 54 che «Quando le esigenze dell'inchiesta lo richiedano, è possibile intercettare comunicazioni sospette» e che in base all’art. 57 «possono avere luogo operazioni d’infiltrazione, attraverso un agente di sicurezza travestito o un informatore autorizzato da ufficiali di polizia giudiziaria legittimati ad instaurare reati terroristici». Per entrambe le norme è richiesta la previa decisione scritta e motivata da parte del pubblico ministero o del giudice istruttore. Gli effetti di questa legge sono stati positivi nello sventare vari attentati terroristici, infatti, nei giorni precedenti agli attacchi in Francia, le forze di sicurezza tunisine, con un ottimo coordinamento di intelligence tra la Tunisia ed altri Paesi, avevano fermato cellule di terroristi che avrebbero colpito ancora i territori di Sousse e di Tunisi.

Secondo le fonti di un servizio d’intelligence mediorientale gli attentati di Parigi facevano parte di una strategia di attacchi più vasti, che avrebbero colpito non solo la Francia ma anche il Libano e la Tunisia. Tale informativa fu inviata con dispacci a tutte le agenzie d’intelligence europee prima della strage di Parigi. In conclusione bisogna dire che è interesse dell’Occidente non lasciare da sola la Tunisia, per evitare l’estendersi dell’ISIS e dei suoi gruppi affini, provenienti dai territori libici, ma soprattutto per difendere un processo di crescita sociale, vantaggioso non solo per Tunisi ma anche per i Paesi che seguono il suo esempio democratico. In tali contesti si auspica una maggiore coesione tra entrambe le sponde del Mediterraneo, che si occupi, secondo una strategia concreta, della messa in sicurezza dell’Europa e del Nord Africa.

L’ISIS è una minaccia fluida che si muove senza confini fisici. La legge tunisina contro il terrorismo rappresenta una marcia positiva contro il fanatismo di stampo islamista, ma senza una certa e celere risoluzione della questione libica, da parte dell’Occidente, Tunisi dovrà adeguarsi a futuri stati d’allerta. L’arrivo di combattenti dell’ISIS nei territori libici, a poca distanza dalle coste italiane e dai confini tunisini, rappresenta un serio pericolo da mai sottovalutare. Sarebbe come avere una porta aperta ad attacchi imprevedibili ed una condizione di vantaggio per chi sta perpetrando la violenza ed il caos.