I sogni di “Ambazonia”

(di Andrea Gaspardo)
11/12/20

Sì, avete capito bene! La parola è “Ambazonia” e non “Amazzonia”, e no, non ci troviamo in America Latina, bensì in Africa, per la precisione nell'angolo nord-occidentale della Repubblica del Camerun. Qui si sta consumando da oltre tre anni una crisi che minaccia di destabilizzare uno dei paesi di maggiore importanza in quella parte dell'Africa, oltre a portare drammaticamente allo scoperto la finora malcelata rivalità tra mondo anglofono e mondo francofono che, proprio in Africa, è destinata a produrre nuovi ed imprevedibili conflitti.

Pochi sanno che il Camerun moderno (chiamato anche “Africa in miniatura” a causa della sua varietà paesaggistica ed etno-linguistica) non nacque in realtà nel 1960, anno dell'indipendenza formale dalla Francia, ma nel 1961 con l'unione in una federazione del “Camerun Francese” e del “Camerun del Sud Britannico” creando di fatto uno stato bi-nazionale. Originariamente, i diritti della comunità anglofona dell'ex-Camerun del Sud Britannico erano tutelati a livello costituzionale ma, nel 1972, l'allora primo presidente del Camerun, Ahmadou Babatoura Ahidjo decise di abolire lo stato federale in favore di una struttura unitaria assai più confacente con il modello “francese” aderente alla cultura della maggioranza della popolazione.

Nonostante il fatto che, formalmente, Francese ed Inglese rimanessero entrambe lingue ufficiali dello stato, questa si è dimostrata niente più che una “foglia di fico”. A partire dal 1972 i diritti dei camerunesi anglofoni sono stati progressivamente ed inesorabilmente erosi dai francofoni e le cose non sono affatto cambiate quando, nel 1982, con una mossa che sorprese tutti, Ahidjo si dimise dalla sua carica aprendo la strada alla presidenza del suo primo ministro, Paul Barthélemy Biya'a bi Mvondo, che è tutt'ora al potere.

Archetipo del dittatore africano, Biya (nella foto il terzo da sx) ha governato sino ad oggi il suo paese con pugno di ferro bandendo l'opposizione e sottraendo ingenti capitali al bilancio pubblico.

Dopo la caduta, in un colpo di stato nel 2017, del suo “collega” zimbabwano Robert Gabriel Mugabe, Biya è oggi il leader politico più longevo dell'Africa sub-sahariana avendo servito per 7 anni come primo ministro e 38 come presidente (che potrebbero diventare 40 se egli riuscisse a rimanere in sella fino al 2022). Tuttavia, negli ultimi anni, la situazione nell'ex-Camerun del Sud Britannico ha finito per degenerare a tal punto che Biya ha dovuto dispiegare massicciamente l'esercito, in particolare il famigerato “BIR” (Bataillon d'Intervention Rapide).

Unità speciale a metà strada tra forza speciale propriamente detta ed unità pretoriana, il BIR è composto unicamente da soldati francofoni accanitamente patriottici che si sono macchiati di numerosi crimini contro l'umanità nel corso delle cosiddette “operazioni antiguerriglia”. Effettivamente, la priorità dei soldati camerunesi è la lotta contro la guerriglia secessionista ma, nel corso delle operazioni militari, essi hanno dimostrato una sostanziale noncuranza per le sofferenze e le vessazioni da loro imposte alla popolazione civile anglofona. Infine, gli abitanti della regione hanno optato per quella che potremmo definire una “rivolta di massa” arrivando a proclamare, il 1 ottobre 2017, la “Repubblica Federale di Ambazonia”. La principale forza politica dietro a questa decisione è stata lo Southern Cameroons Ambazonia Consortium United Front (SCACUF), denominazione ombrello di un'unione di partiti ed associazioni civili che lottano per l'indipendenza di Ambazonia, prima in maniera non violenta, ora ricorrendo anche alle armi.

Fino ad oggi, il conflitto di Ambazonia è rimasto più o meno una guerra “occulta” che pochi osservatori internazionali hanno preso in considerazione. Non dovremmo però pensare che tale contesa sia esente dal pericolo, sempre presente, di internazionalizzazione, soprattutto tenendo conto che la popolazione anglofona del paese avrebbe facilmente gioco nello strumentalizzare l'attenzione delle potenze anglosassoni.

Foto: U.S. Navy / presidenza del consiglio dei ministri