Dove va l'America Latina?

(di Andrea Gaspardo)
27/01/23

L'America Latina sta ribollendo. Questo è un drammatico dato di fatto che è sotto gli occhi di tutti. Dal Messico all'Argentina, dal Perù al Brasile, l'intero continente latinoamericano si sta lentamente configurando come una enorme “fabbrica di instabilità” esattamente quale era all'epoca della Guerra Fredda. Tuttavia in questo preciso momento storico è necessario notare un particolare che dovrebbe farci tenere d'occhio con maggiore attenzione gli accadimenti che si stanno susseguendo laggiù: a differenza di quanto avvenuto nel periodo della Guerra Fredda infatti, l'America Latina sta ora vivendo la sua ultima e definitiva fase di transizione demografica.

Se andiamo a confrontare i tassi di fertilità totale di tutti i paesi latinoamericani, ci rendiamo conto che quasi tutti hanno ormai sfondato al ribasso la soglia di 2,11 figli per donna, e quelli che non lo hanno ancora fatto, verosimilmente lo faranno nei prossimi anni.

Ma che tipo di implicazioni ha tutto questo? In realtà moltissime, e non tutte positive! Può sembrare strano ai non addetti ai lavoro che non si occupano abitualmente di demografia in senso lato applicata all'analisi geopolitica, eppure è ampiamente dimostrato che, quando un determinato paese è soggetto ad una dinamica demografica di transizione, la società locale diventa intrinsecamente più instabile e soggetta a fenomeni di destabilizzazione che possono sfociare alternativamente in rivolte sociali, instaurazione di dittature, guerre o altro ancora.

Una prima ondata di destabilizzazione in America Latina si registrò nel corso degli anni '60 e '70 quando si assistette ad un primo abbattimento dei tassi di fertilità contemporaneamente al raggiungimento dell'alfabetizzazione maschile. A quel tempo l'instabilità delle società latinoamericane ebbe come sbocco naturale l'instaurazione quasi ovunque di feroci dittature militari le cui azioni brutali hanno segnato profondamente l'anima collettiva dei popoli di quelle terre.

Oggi, con il raggiungimento dell'alfabetizzazione universale, anche le società del “continente latino” hanno raggiunto il livello di trasformazione già raggiunto dalle società europee che presuppone la rivalutazione profonda del ruolo della donna, ora non più semplice “nutrice” ma elemento attivo della vita economica e sociale della comunità. Come hanno imparato sulla loro pelle le società del Vecchio Continente all'epoca delle due guerra mondiali e del '68, il raggiungimento di tale soglia è sempre foriero di grandi cambiamenti, i quali diventano semplicemente inevitabili perché con l'alfabetizzazione di massa gli antichi valori che prima tenevano unita la società vengono ora messi in discussione dalle “nuove idee” che filtrano dall'esterno. Tale cambiamento però porta anche alla radicalizzazione, specie degli elementi più giovani ed irrequieti, prima sottomessi “al controllo degli anziani” ed ora invece emancipati grazie all'istruzione superiore ed alla mondializzazione degli spiriti.

In questo contesto di disgregazione ed ebollizione sociale, l'unica ancora di salvezza per una società in transizione demografica è costituita dalla stabilità del sistema democratico (ovviamente se parliamo di paesi retti da regimi democratici; per gli altri una qualche forma di implosione è garantita!). Ed è proprio questa la ragione per la quale gli eventi che stanno interessando i paesi latinoamericani devono essere monitorati attentamente; perché essi rappresentano la cartina di tornasole che ci permetterà di dire se finalmente i sistemi democratici sorti in quel continente tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 sono veramente diventati stabili e maturi oppure se, complice la loro debolezza, assisteremo ad una drammatica regressione, comparabile a quanto avvenuto in Nordafrica e nel “Grande Medio Oriente Allargato” nel corso delle “Primavere Arabe” e del successivo “Inverno Islamico”.