La presunzione di non colpevolezza fino a sentenza passata in giudicato è un principio solo sulla Carta?

(di Marco Valerio Verni)
03/04/16

La recente indagine della Procura di Potenza sull'impianto di Tempa Rossa, ed i nomi eccellenti che in essa risulterebbero coinvolti, sembra avere, ancora una volta, scatenato l'istinto colpevolista che anima la gran parte dell’opinione pubblica alimentata, soprattutto, dalla “diseducazione concettuale”, in particolare, compiuta da certa stampa o, più in generale, da alcuni organi di informazione che, ignorando (o fingendo di ignorare), il principio della presunzione di non colpevolezza fino a sentenza passata in giudicato della persona sottoposta ad un processo penale, vigente nel nostro ordinamento, descrivono, commentano e comunque finiscono col trattare la suddetta (o, nel caso di specie, le suddette - persone -) come se, al contrario, lo fosse (colpevole) in partenza.

E’ vero che, in alcuni casi, già nella c.d. fase delle indagini preliminari, possano emergere chiari elementi di reità nei confronti di una persona (ad esempio: una intercettazione telefonica, o una ripresa audio-visiva), ma è altrettanto vero che, in altri, si finisca sotto processo per motivi diversi (tra cui denunce pretestuose, infondate o calunniose; o, magari, per il “solo” fatto che, ricoprendo cariche apicali, ciò sia alcune volte inevitabile: il c.d. atto dovuto, proprio a causa del ruolo funzionale rivestito da quella particolare persona in una determinata organizzazione amministrativa).

In tutti i casi, però, volenti o nolenti, bisognerebbe ricordarsi del succitato principio, e del fatto che la verità processuale non sempre finisce col coincidere con la verità fattuale: l'art. 27 della nostra Costituzione, infatti, al secondo comma, afferma che “L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”: eppure, quasi si trattasse di una nemesi rispetto al passato (da quando con Mani Pulite si scoprì il marcio di certa parte della politica e, più in generale, della società), oggi pare che basti il “semplice” status di indagato perché si possa - o, peggio, si debba - considerare una persona già colpevole, con tutto quello che ne può conseguire, per essa, a livello personale e professionale.

Eppure, nel nostro sistema, sono previsti tre gradi di giudizio, solo all’esito dei quali, generalmente, una sentenza (di assoluzione o di condanna) diviene definitiva, e pertanto sarebbe - anzi è - contra legem la prassi che, come detto, pervade ormai molti mezzi di stampa e mediatici, di formulare la prognosi di colpevolezza durante gradi (o, peggio, fasi) procedimentali, che non potrebbero e non dovrebbero legittimare una simile affermazione.

Anzi, anche recenti casi di cronaca giudiziaria, hanno dimostrato che una certezza, talvolta, non si riesca a raggiungere neanche dopo “quattro o cinque gradi di giudizio” (allorquando, cioè, giunti in Cassazione, quest’ultima decida di rinviare gli atti al giudice di grado inferiore - Tribunale o Corte d’Appello - cui poi può - come quasi sempre accade - seguire un nuovo ed ulteriore giudizio presso la Suprema Corte).

Si potrebbe discutere sui motivi per cui ciò accade, e sulle eventuali patologie, ma la sostanza rimarrebbe la stessa e, anzi, si corroborerebbe, anche sulla scorta di altre due semplici constatazioni: nel processo penale, si parla, fino all’ultimo, di ipotesi di reato, ed è l’organo dell’accusa a dover provare la colpevolezza dell’indagato/imputato (anzi, a rigor di codice, il suddetto - organo inquirente - dovrebbe anche ricercare elementi di prova a favore di esso - imputato1 -, ma è un principio, anche questo, che “alcune volte” sembra dimenticato).

D’altronde, lo stesso diritto internazionale è chiaro e perentorio nel ribadire questo principio, sia all’articolo 6, n. 2 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente sino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata2), sia all’articolo 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: “Ogni imputato è considerato innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata. Il rispetto dei diritti della difesa è garantito ad ogni imputato”3: articoli, quelli appena riportati, che hanno costituito la base del c.d. Libro verde sulla presunzione di non colpevolezza, presentato nel 2006, nella sua versione definitiva, dalla Commissione delle Comunità europee, al quale, proprio all’inizio di questo anno, è seguita la direttiva europea sulla presunzione di innocenza e sul diritto ad essere presente al processo, approvata il 27 Gennaio scorso dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’Unione Europea.

In essa è chiaramente ribadita la necessità che gli Stati membri affermino o rafforzino, nei rispettivi ordinamenti, il principio della presunzione di innocenza (che, lessicalmente e concettualmente, è addirittura superiore a quello di “non colpevolezza”) al fine di evitare che un soggetto, prima di essere giudicato responsabile del fatto penalmente illecito contestato, possa essere ritenuto colpevole o anche solo trattato come tale4, ribadendo e rinforzando - tra l’altro - la funzione cognitiva del processo penale che deve essere proiettata alla dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, della colpevolezza e non dell’innocenza.

Si potrebbe continuare ancora per molto, aggiungendo il malcostume (che spesso assurgerebbe addirittura a reato), della c.d. fuga di notizie proprio in favore di qualche giornalista, a seguito della quale il malcapitato di turno viene a conoscenza di essere indagato prima ancora che gli giunga apposita e rituale notizia da parte degli organi a ciò preposti; o il problema della lungaggine dei processi, per cui - sempre il suddetto malcapitato - si trova a dover affrontare la gogna giudiziaria per anni ed anni (molti di questi, magari, passati nello status di indagato), dovendo gioco-forza attendere il trascorrere di essi per ottenere, in maniera paradossale rispetto a quanto detto in punto di diritto, l’affermazione della propria innocenza.

Insomma, da parte di tutti - dagli attori del mondo forense agli organi di stampa e mediatici (per questi ultimi anche nel rispetto della normativa professionale e deontologica di categoria: vedasi, da ultimo, il “Testo unico dei doveri del giornalista”5, approvato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti il 27 Gennaio scorso) - occorrerebbe ribadire con maggior forza il principio costituzionale di non colpevolezza fino a sentenza passata in giudicato, uscendo, per alcune fattispecie criminose, da schemi ipocriti di perbenismo e di caccia alle streghe causati da una tendenza sempre più marcata e pericolosa a voler automaticamente ricondurre determinate categorie (specialmente quella dei dipendenti pubblici) nell’alveo dell’illegalità (in primis della corruzione: è innegabile che il fenomeno esista, ma, a dispetto di tanti luoghi comuni, vi sono anche tanti onesti servitori dello Stato, civili e militari - dal magistrato, al funzionario di Soprintendenza, all’appartenente alla Forze dell’Ordine, all’ammiraglio a capo di una missione internazionale - che, con abnegazione e spirito di sacrificio, garantiscono il rispetto della legge nelle funzioni che, a seconda del ruolo da essi ricoperto, vengono loro assegnate) e, verrebbe da dire, della presunzione di colpevolezza a prescindere: anche perché, molte volte, questo è servito solo a distruggere la vita di persone che, al dunque, sono risultate innocenti.

A proposito: tra qualche giorno (17 aprile), si svolgerà il referendum abrogativo previsto dall’articolo 75 della Costituzione sulla durata delle trivellazioni in mare, ovvero per l’abrogazione dell’articolo 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), e c’è già chi grida alla c.d. “giustizia ad orologeria”. Ma questa, se si vuole, è altra storia.

 

1 Articolo 358 c.p.p.: “Il pubblico ministero compie ogni attività necessaria ai fini indicati nell'articolo 326 e svolge altresì accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini”.

2 Article 6 (Right to a fair trial): “2. Everyone charged with a criminal offence shall be presumed innocent until proved guilty according to law”.

3 Article 48 (Presumption of innocence and right of defence): “1. Everyone who has been charged shall be presumed innocent until proved guilty according to law. 2. Respect for the rights of the defence of anyone who has been charged shall be guaranteed”.

4Articolo 3 (Presunzione di innocenza): “Gli Stati membri assicurano che agli indagati e imputati sia riconosciuta la presunzione di innocenza fino a quando non ne sia stata legalmente provata la colpevolezza”.

5 Articolo 8 (Cronaca giudiziaria e processi in tv): “Il giornalista: a) rispetta sempre e comunque il diritto alla presunzione di non colpevolezza. In caso di assoluzione o proscioglimento, ne dà notizia sempre con appropriato rilievo e aggiorna quanto pubblicato precedentemente, in special modo per quanto riguarda le testate online; b) osserva la massima cautela nel diffondere nomi e immagini di persone incriminate per reati minori o condannate a pene lievissime, salvo i casi di particolare rilevanza sociale; c) evita, nel riportare il contenuto di qualunque atto processuale o d’indagine, di citare persone il cui ruolo non sia essenziale per la comprensione dei fatti; d) nelle trasmissioni televisive rispetta il principio del contraddittorio delle tesi, assicurando la presenza e la pari opportunità nel confronto dialettico tra i soggetti che le sostengono – comunque diversi dalle parti che si confrontano nel processo - garantendo il principio di buona fede e continenza nella corretta ricostruzione degli avvenimenti; e) cura che risultino chiare le differenze fra documentazione e rappresentazione, fra cronaca e commento, fra indagato, imputato e condannato, fra pubblico ministero e giudice, fra accusa e difesa, fra carattere non definitivo e definitivo dei provvedimenti e delle decisioni nell’evoluzione delle fasi e dei gradi dei procedimenti e dei giudizi”.