Afghanistan: luci ed ombre dell’evacuazione italiana

(di Andrea Cucco)
30/08/21

Si è conclusa l’evacuazione dall’aeroporto di Kabul di interpreti, collaboratori di ambasciata, di contingente militare, di cronisti e - sicuramente - di afgani che hanno colto l’occasione della vita per “aggregarsi” e venire in Italia.

Denominatore comune il “terrore talebano” che, secondo troppe testimonianze, sta mietendo vittime tra ordini, conti in sospeso e vendette.

Se vogliamo essere onesti, e come giornalisti lo dobbiamo, bisogna ammettere che l’operazione – tardiva – ha portato alla luce numerosi errori, limiti oltre che meriti.

Innanzitutto non capiamo perché da giugno, quando è stata avviata l’operazione “Aquila 1”, e sono state evacuate 228 persone, si siano attesi quasi due mesi per mettere in salvo altri 4.575 afgani con la successiva “Aquila Omnia”

Secondo non comprendiamo come sia possibile che, dopo 20 anni di presenza in Afghanistan, sia stato tanto complesso verificare e mettere in lista i collaboratori effettivi del nostro Paese.

Si è lavorato, talvolta “in tempo reale”, arrivando a richiedere la presentazione di documentazione di avvenuta cooperazione che, una volta presa Kabul da parte dei barbari, avrebbe significato una pallottola in fronte al primo posto di blocco.

Sembra che questa geniale modalità venga ora suggerita a chi vuole raggiungere le ambasciate italiane nei Paesi limitrofi...

Non sarebbero dovuti e dovrebbero oggi bastare dei documenti d'Identità con liste già pronte da anni?

Ma non è finita. Il ministro degli Esteri Di Maio, lo stesso che ci aveva già fatto “bruciare” la base militare negli Emirati a giugno (assieme a milioni in contratti andati in fumo negli EAU e nei relativi paesi amici), lo stesso che ha difeso e giustificato la "fuga" del suo ambasciatore (ma dopo la figuraccia, una "provvidenziale" operazione di maquillage ha fatto apparire un fotografo che, con un perfetto tempismo nell’area dell’Abbey Gate, ha immortalato il neoconsole mentre solleva un bambino afgano), è stato lo stesso ad accogliere l’ultimo volo e dichiarare che “siamo il primo Paese in Europa per numero di evacuati”.

Se il paragone di Di Maio è corretto, perché la Francia ha effettuato l’evacuazione principale a maggio (!), portando in Patria 600 afgani e noi abbiamo atteso ferragosto per fare altrettanto?

Di fronte all'italica faccia tosta della politica nello sbandierare risultati discutibili ed accaparrarsi meriti altrui, vogliamo infine esprimere un monito ed un plauso alla Difesa. L’evacuazione ha messo ampiamente in luce una criticità nella capacità di trasporto strategico. I piloti dell’aeronautica potranno anche compensare con turni massacranti, cuore e coraggio un'emergenza a bordo di (4) C-130, tuttavia sono aerei con capacità di carico limitata e la linea di volo ha un'efficienza operativa molto discutibile​. I (4) KC767 utilizzati dal Kuwait a Roma sono poi di fatto aerei civili convertiti e non hanno protezione in aree “difficili”.

Auspichiamo, che qualche vertice di forza armata alzi la mano e si faccia solutore di questa grave carenza.

Un plauso indiscusso va ai 1500 uomini e le donne che hanno lavorato ininterrottamente, in Italia come a Kabul. Abbiamo seguito il loro “folle” lavoro concentrato in pochi giorni, ulteriormente ridotti dopo gli attentati. I rischi "afgani", se mai ce ne fosse stato bisogno, sono stati maggiori del solito.

Abbiamo verificato nuovamente la capacità organizzativa del nostro apparato militare, magistralmente coordinato dal COVI. È grazie al prestigio di cui gode il generale Portolano all’estero se siamo stati aiutati dagli Alleati, imbarcando moltissime famiglie destinate all’Italia su C-17 (foto) statunitensi?

I militari italiani escono a testa alta dal loro impegno in Afghanistan”. Questa volta non si può che essere d’accordo con il ministro della Difesa.

Foto: Rai / Twitter / Difesa Online / U.S. Marine Corps