Salvini ci hai tratto in inganno: non sapevamo fossi un poliziotto o un vigile del Fuoco!

08/01/19

Non bastavano al ministro dell’Interno, Matteo Salvini, alcuni sindaci in rivolta contro il suo decreto Sicurezza: ora ci si è messo pure chi lo accusa di indossare abusivamente le divise.

Oltre ai commenti che, quotidianamente, si possono leggere sui social network, ed a qualche dichiarazione di alcuni politici di parte a lui avversa, è notizia di queste ore, addirittura, di una vera e propria denuncia che sarebbe stata sporta dall’Unione Sindacale di Base dei Vigili del Fuoco, secondo cui, il ministro in questione, avrebbe violato l’art. 498 del codice penale.

Premesso il grande rispetto ed apprezzamento per questo corpo dello Stato, che quotidianamente vede impegnati i suoi uomini (usato in senso generale, quindi anche ricomprendendo le donne: mi perdoneranno i burocrati del Parlamento Europeo, che recentemente avrebbero addirittura divulgato una guida lessicale per mettere al bando ogni termine col suffisso “man”) nel salvare persone, anche a costo della loro stessa vita, ritengo che l’iniziativa, al netto della sua evidente politicizzazione (resa plausibile dalle parole di amarezza espresse dal coordinatore del suddetto sindacato, Costantino Saportino, secondo cui “È sotto gli occhi di tutti che soprattutto noi vigili del fuoco, amati da tutti, usciamo dall'ultima Finanziaria senza l'ombra di un soldino in tasca e rimaniamo con l'ultimo contratto che non ha nulla di normativo” e che “una idea ci sarebbe, per risolvere il problema dei fondi: moltiplichiamo le apparizioni abusive di Salvini in divisa per il massimo della sanzione pecuniaria prevista dall'articolo 498 CP. Ce ne sarebbe per tutto il comparto e avanzerebbe anche qualcosa per iniziare a rimborsare il popolo italiano dei 49 milioni fatti sparire dalla Lega”) non possa trovare fondatezza giuridica.

Sebbene infatti l’articolo in questione reciti che “Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 497 ter, abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni distintivi di un ufficio o impiego pubblico, o di un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, ovvero di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, ovvero indossa abusivamente in pubblico l'abito ecclesiastico, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da centocinquantaquattro euro a novecentoventinove euro.

Alla stessa sanzione soggiace chi si arroga dignità o gradi accademici, titoli, decorazioni o altre pubbliche insegne onorifiche, ovvero qualità inerenti ad alcuno degli uffici, impieghi o professioni, indicati nella disposizione precedente.

Per le violazioni di cui al presente articolo si applica la sanzione amministrativa accessoria della pubblicazione del provvedimento che accerta le violazioni con le modalità stabilite dall'art. 36 e non è ammesso il pagamento in misura ridotta previsto dall'art. 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.”, è piuttosto palese che tale fattispecie (peraltro depenalizzata) faccia riferimento, nella sua generalità ed astrattezza a chi, col preciso intento di indurre qualcuno a ritenere che lui sia, magari, un vigile del fuoco, un carabiniere o un poliziotto (e via dicendo), ne indossi la rispettiva divisa, non avendone titolo, e si auto-attribuisca l’appartenenza al rispettivo corpo.

Orbene, nel caso del ministro dell’Interno è evidente a tutti che il suo scopo, lungi dall’essere quello testè menzionato, sia invece quello di mostrare vicinanza agli uomini ed alle donne che vestono queste divise, il cui ruolo e funzioni sono state purtroppo grandemente svilite (a detta di alcuni e dello stesso Salvini) dalle politiche degli ultimi anni. E che, stante la sua carica, ed il fine politico-comunicativo sotteso all’indossare, di volta in volta, la maglietta (con tanto di mostrine, ben inteso: perché l’assenza di esse o di stellette, non farebbe nascere alcun problema al riguardo) o parte della divisa di questo o quel Corpo, di questa o quella Forza Armata, egli non voglia certamente trarre in inganno qualcuno, auto-attribuendosi la qualifica di poliziotto, marinaio o…vigile del fuoco.

La stessa giurisprudenza (che si riporta solo a mero completamento del ragionamento) è, in tal senso, pressoché univoca nell’affermare che possa sussistere la condotta illecita di cui all’art. 498 c.p. quando la fede della generalità dei cittadini venga tratta in inganno sia mediante la pubblica esibizione di segni distintivi di particolari uffici pubblici o di professioni protette (per le quali cioè è richiesta una speciale abilitazione dello Stato), sia mediante la pubblica auto-attribuzione di particolari titoli conferiti dalla potestà pubblica o di qualità inerenti ad alcuno degli indicati uffici o professioni (vedasi, tra tante, la sentenza della Corte di Cassazione, Sez. II penale, n. 4033 del 29 aprile 1985, o, per venire a tempi più recenti, quella del 24 aprile 2012, n. 31427, emessa dagli Ermellini della VI Sezione, per citarne solo alcune).

A fronte di ciò, credo che nessuno di chi legga, o di chi abbia assistito ad un intervento del ministro Salvini, mentre indossava una maglietta della Polizia, o una giacca dell’Esercito, abbia mai potuto pensare che egli fosse, per questo stesso fatto, un poliziotto o un militare.

Oltretutto, il fatto stesso che egli cambi spesso maglietta, dovrebbe lasciar intendere, anche al più credulone dei suoi ascoltatori, o al più malizioso dei suoi detrattori, che non si possa essere un giorno capitano di vascello e quello successivo, magari, caporale degli alpini.

Altro conto, chiaramente, è l’opportunità istituzionale di indossare parte di una divisa durante un intervento politico, ma è su questo, allora, che si dovrebbe discutere, e non su altro: perché, al contrario, verrebbe da pensare che la strumentalizzazione potrebbe essere da parte di qualcun altro.

Ah, a proposito: a scanso di equivoci, il titolo di questo articolo è ironico. Di questi tempi, non si sa mai. Meglio specificare.

Avv. Marco Valerio Verni

(foto: ministero dell'Interno)