Divieto di porto d’armi e condanna per uno dei reati dell’art. 43 TULPS

(di Avv. Francesco Fameli)
28/02/23

La materia del diritto delle armi, così come le altre articolazione del diritto amministrativo, si connota per una forte impronta giurisprudenziale. È impossibile infatti pretendere di averne un’adeguata cognizione ignorando le più recenti pronunce giurisprudenziali sul punto.

Uno degli interrogativi più frequenti che ci vengono rivolti nella pratica quotidiana del diritto delle armi, ad esempio, è il seguente: la condanna per uno dei reati previsti dall’art. 43 del TULPS comporta necessariamente il divieto di porto d’armi?

La risposta al suddetto quesito non può che venire, stante quanto sopra, dal vaglio della più recente giurisprudenza sul tema.

Il Consiglio di Stato ribadisce l’assenza di automatismo tra condanna per i reati di cui all’art. 43 TULPS e divieto del porto d’armi

La risposta al suddetto interrogativo è no.

Tale automatismo si determina infatti soltanto nel caso in cui la sentenza di condanna relativa ad uno dei suddetti reati preveda la reclusione del reo. In caso di mera multa, dunque, è necessario che la pubblica amministrazione valuti specificatamente l’istanza che le sia stata sottoposta, non potendo dunque il rigetto discendere necessariamente e automaticamente dalla sentenza che accerti l’illecito penale.

Lo ha ribadito anche di recente il Consiglio di Stato, III Sezione, da ultimo con la sentenza 8 settembre 2022, n. 7812.

Nel caso di specie, un cacciatore si era visto negare il rinnovo della licenza del porto di fucile per uso caccia dalla Questura per una precedente condanna a 15 giorni di reclusione, sostituita con pena pecuniaria, per il reato di furto aggravato.

Tanto in primo grado, quanto in appello si sono però rivelate fondate le ragioni dell’interessato.

Procedendo con ordine, quanto al quadro normativo di riferimento, anzitutto, ai sensi dell’art. 43 TULPS vigente ratione temporis, “[…] non può essere conceduta la licenza di portare armi:

a) a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione;

b) a chi ha riportato condanna a pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all'autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico;

c) a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra, anche se amnistiato, o per porto abusivo di armi.

La licenza può essere ricusata ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi”.

Ciò posto, il Consiglio di Stato, nella sentenza succitata ha osservato in proposito che “In forza di tale disposizione, quindi, le condanne alla reclusione riportate per i citati delitti costituiscono causa automaticamente ostativa al rilascio o al rinnovo della licenza di porto d’armi.

La consolidata giurisprudenza di questa Sezione (ex multis, 3 maggio 2016, n. 1698), condivisa da questo Collegio, ha tuttavia precisato che il suddetto automatismo viene meno qualora il giudice penale – come nel caso ora in esame – abbia disposto la condanna al pagamento della pena pecuniaria in luogo della reclusione, ai sensi degli articoli 53 e 57 l. n. 689 del 1981, per uno dei reati individuati dall’art. 43, comma 1, TULPS, potendo in tali casi l’Amministrazione valutare le relative circostanze ai fini dell’esercizio del potere discrezionale (previsto dal comma 2 dell’art. 43); ciò sul presupposto che laddove il citato art. 43 dispone l’automatismo in presenza di un c.d. reato ostativo attribuisce rilievo non alla condanna in quanto tale ma alla “condanna alla reclusione” (10 gennaio 2018, n. 92)”.

Conclusioni

Deve concludersi pertanto che solo in caso di condanna che comporti la reclusione del reo, dunque, l’accertamento giudiziale di uno dei reati di cui all’art. 43 TULPS comporta l’automatico divieto del porto d’armi, dovendo altrimenti l’amministrazione procedente valutare in concreto l’affidabilità del richiedente in ordine al maneggio delle armi e motivare adeguatamente il provvedimento di diniego se del caso emesso.

Foto: Arma dei Carabinieri