La guerra aerea e "del calcio" del 1969

(di Manuele Serventi Merlo)
04/09/17

L’area sudamericana si è sempre caratterizzata per una forte instabilità politico-economica tale da deflagrare, in più di un’occasione, in veri e propri conflitti armati. Scontri che hanno visto contrapposti diversi stati dell’America Latina, anche più volte fra di loro - vedasi i vari conflitti di confine tra Ecuador e Perù, per esempio. A nulla è valso, per fermare queste varie escalation militari, l’alquanto datato materiale bellico spesso messo in campo dai vari contendenti. Ciò valeva per tutte le forze armate sudamericane, aviazione militare inclusa. Emblematica in tal senso fu la c.d. “Guerra del Calcio” combattuta nel 1969 in America Centrale tra lo Stato di El Salvador, guidato dal generale Fidel Sanchez Hernandez, e l’Honduras, comandato dal generale Oswaldo Lopez Arellano.

Pur se attanagliati da gravi ristrettezze di bilancio e da una povertà diffusa, affidandosi a forniture militari statunitensi, i due paesi citati erano riusciti a crearsi delle piccole forze aeree con aerei celebri ma tecnologicamente superati, come i North American P-51 Mustang, Republic P-47 Thunderbolt e Vought F4U Corsair.

Fra i modelli citati, il Vought F4U Corsair ebbe un ruolo fondamentale nel conflitto tra El Salvador ed Honduras in quanto questi potenti caccia-bombardieri costituivano il nerbo della flotta aerea dei belligeranti.

La FAH (Forza Aerea dell’Honduras) ne aveva in organico, a partire dal 1956, venti tra F4U-4, F4U-5 e FAU-5NL. La FAS (l’Aviazione militare di San Salvador), invece, ne schierava 24 (quattro F4U-5 e venti FG-1D).
Mezzi che ben presto sarebbero tornati a combattere un’altra guerra da lì a poco. Nell’estate del 1969, infatti, tra i due paesi citati si sviluppò un forte tensione soprattutto per problemi d’immigrazione clandestina proveniente da El Salvador – destinata a formare la manodopera necessaria per le piantagioni della Standard Fruit e dell’United Fruit - acuita da mai sopite dispute di confine.

Quando i migranti salvadoregni presenti in Honduras arrivarono alla ragguardevole cifra di 300.000 persone, i proprietari terrieri honduregni manifestarono sempre più apertamente il proprio disagio verso questa situazione. Il disagio dei proprietari terrieri ben presto si diffuse anche al resto della popolazione che pose in essere diverse crescenti violenze anti-salvadoregne. Centinaia di braccianti dovettero allora abbandonare l’Honduras nonostante i tentavi di mediazione tra le parti operati dall’allora presidente Lyndon Johnson e dall’Organisacion de los Estados Americanos.
Tentativi di mediazione falliti anche perché nel bel mezzo della crisi si pensò bene di far disputare le eliminatorie della Coppa del Mondo di calcio tra le nazionali dei due Paesi a Tegucigalpa (capitale dell’Honduras) e a San Salvador (capitale dell’omonimo stato). Le partite furono l’occasione di ulteriori violenze, anche gravi, tra le due parti tali da giustificare la rottura delle relazioni diplomatiche tra El Salvador e l’Honduras e la mobilitazione delle rispettive forze armate.

Dato il crescente clima di tensione, era naturale che prima o poi saltasse fuori un incidente tale da giustificare un conflitto armato. Ciò avvenne puntualmente il 3 luglio 1969, quando la contraerea salvadoregna aprì il fuoco contro un DC-3 del Servicio Aéreo dell’Honduras che si trovava all’interno del proprio spazio aereo. In tutta risposta la FAH inviò nell’area dell’accaduto due T-28 che furono anch’essi presi a cannonate dall’antiaerea. Lo stesso giorno, nello spazio aereo honduregno, altri due T-28 intercettavano un Piper Cherokee privato del Salvador impegnato come ricognitore camuffato e cercavano di farlo atterrare su una delle loro piste senza tuttavia riuscirci.
La guerra “guerreggiata” era dietro l’angolo oramai. Il 12 luglio venne dichiarato lo stato d’allerta in entrambi i Paesi.

Al momento dell’inizio delle ostilità la FAH poteva contare sui seguenti assetti aerei pienamente operativi:14 Corsair, affiancati da cinque C-47 Skytrain, un C-45 Expeditor, cinque T-28A armati e sei Texan. Per la FAS i numeri erano ancora più ridotti. Al momento dell’inizio delle ostilità con l’Honduras potevano considerarsi operativi e disponibili per le esigenze belliche solo quattro/sei Corsair, qualche Mustang, un B-26B, un SNJ-5 Texan, un Canadair DC-4M, undici aerei civili leggeri “militarizzati” e tre C-47.

Ad iniziare le danze fu, però, la stessa FAS che il 14 luglio, con un C-47 convertito in “bombardiere rustico” attraverso la rimozione della porta cargo per facilitare il rilascio di bombe da 45 kg, attaccava l’importante aeroporto di Tegucicalpa-Toncontin in territorio honduregno con la scorta di due Mustang che, successivamente, colpirono anche i villaggi di El Suyatal, Gaimaca e Jalteva. La reazione della FAH fu assolutamente insufficiente e inadeguata: i suoi Corsair non riuscirono ad intercettare il C-47 “intruso” e la contraerea non ebbe miglior sorte. Anche se l’azione salvadoregna portò risultati pratici assai modesti, l’effetto psicologico sugli honduregni fu enorme in quanto furono colti assolutamente di sorpresa (una sorta di Volo su Vienna in salsa sudamericana). Di fronte ad un affronto del genere era assolutamente necessario reagire quanto prima. Pertanto, alle 23:00 dello stesso giorno, il governo honduregno riunito appositamente dal presidente, stabilì di effettuare una rappresaglia volta a distruggere al suolo il maggior numero possibile di aerei nemici attaccando i suoi aeroporti. Per questo obbiettivo venne allestito un C-47 - come avevano fatto gli avversari in precedenza - dotato di rotaie nella stiva per far scorrere fino al portellone 18 bombe da 45 kg.

Nella notte tra il 14 ed il 15 luglio il C-47 honduregno decollò in direzione di San Salvador ma dovette quasi subito rientrare per dei problemi tecnici imprevisti. In fretta e furia venne allestito un altro aeroplano del medesimo modello che decollò dalla sua base alle 3.30. Il pilota dell’aeromobile, orientandosi soltanto con bussola ed orologio, arrivò in quella che riteneva fosse l’area del bersaglio e sganciò tutte le sue bombe, senza tuttavia causare danni. Dato che i risultati scarseggiavano, si decise di levare in volo, alle 4.30 del 15 luglio, tre F4U-5N e un F4U-4 per mitragliare e spezzonare l’aeroporto di Ilopango e il porto di Cutuco.
I velivoli dell’Honduras sganciarono diverse bombe ma non tutte esplosero. Quelle che deflagrarono, tuttavia, procurarono ingenti danni: a Ilopango una pista venne centrata in pieno così come un’autocisterna ed alcuni motori di ricambio per il DC-4. A Cutuco, invece, furono colpiti e distrutti diversi depositi di petrolio e di carburanti “ad uso civile”.
I danni materiali del Salvador sarebbero da lì a poco aumentanti ancora a causa, questa volta, di un attacco sferrato da altri quattro F4U-4 honduregni contro i serbatoi di stoccaggio del porto di Acajutla (foto) che comportarono la perdita di circa il 20% delle scorte petrolifere.

I militari salvadoregni reagirono debolmente a questi riusciti “strikes” nemici: nel tardo pomeriggio del 15 luglio la FAS tornava a bombardare l’aeroporto di Toncontin con un FG-1D ed un Mustang. Allora si levarono in volo per tentare di intercettarli un T-28 e un FG1-D. Quest’ultimo, però, dovette subito abbandonare la missione a causa di un problema al comando di fuoco del cannone. Il rimanente T-28 riusciva a mettere a segno qualche colpo sull’FG-1D attaccante il quale riuscì comunque a ritornare alla base.

Il 16 luglio iniziava l’attacco terrestre del Salvador, ad appoggiarlo, oltre l’artiglieria, erano presenti un FG-1D ed un Mustang. Ma sarebbe stato il giorno successivo, il 17, il giorno decisivo per stabilire il dominio dello spazio aereo del campo di battaglia. Quel giorno, infatti, il magg. Fernando Soto Henriquez (foto apertura), su un F4U-5 (foto) in missione di sorveglianza, con altri due suoi gregari, riusciva ad intercettare ed attaccare due Mustang salvadoregni. Dopo essersi scambiato con i nemici varie raffiche, riusciva a colpire il motore di uno dei caccia nemici che precipitava procurando la morte del pilota, il cap. Douglas Varela.
Ma il magg. Soto Henriquez non aveva ancora finito. Mentre attaccava una batteria da 105 mm assieme ai gregari, cap. Edoardo Acosta e Francisco Zapeda, scorgeva due FG-1 D salvadoregni alti nel cielo. Ingaggiati immediatamente, Soto Henriquez abbatteva prima l’FG-1D del cap. Salvador Cazena Amaya, costringendolo a lanciarsi col paracadute, e, successivamente, quello del cap. Guillermo Reynaldo Cortez che si ritrovò con un’ala troncata di netto per via di una raffica dei cannoni da 20 mm tale da farlo esplodere in aria.

La FAH aveva così raggiunto il controllo oramai assoluto dei cieli dopo aver sostenuto vittoriosamente questi due combattimenti aerei. Ma non ne poté godere a lungo. Il 18 luglio l’OAS riusciva ad imporre un cessate il fuoco tra le parti che sostanzialmente venne rispettato salvo piccoli scontri fino al 20 luglio tra reparti terrestri dei due contendenti.

Finiva così, un po' alla “chetichella”, la “Guerra del Calcio” ed i suoi scontri aerei combattuti con velivoli risalenti alla IIa G.M.

(foto: web)