La guerra ucraina di Difesa Online: la ricchezza delle diverse prospettive

(di Andrea Cucco)
24/05/22

Quando leggo alcuni commenti agli articoli che pubblichiamo sulla iniziale "crisi" e successiva "guerra" ucraina, sono lieto (tralasciando i troll e "influencer di cittadinanza" che hanno caratterizzato l'intera legislatura...) di leggere opinioni estremamente divergenti su questo giornale: "siete al soldo della NATO...", "siete filorussi...", "finalmente qualcuno che dice la verità...", "eccone altri che fanno propaganda...", "bravi!", "vergognatevi!", "siete una speranza", "siete come tutti"...

Ritengo un onore collaborare con esperti che hanno il pregio di non pensare in maniera univoca e soprattutto di dirlo apertamente. Ebbene sì, qui il pensiero unico non è (almeno in questo frangente) gradito!

Osservare da diverse prospettive permette di cogliere e fondere informazioni che altrimenti sarebbero solo parziali. La realtà è complessa e non è sempre "facile".

Lo so, quel che sto dicendo può sembrare banale, tuttavia è importante sottolinearlo, è una qualità di Difesa Online.

Poche settimane fa un lettore ci ha scritto: Ho scoperto da poco il vostro giornale, e lo seguo con interesse. Noto però una “lieve” discrepanza tra le analisi di Gaspardo e quelle di Rossi. A chi devo dare retta? La risposta è stata: "Ad entrambi!". L'invito è di apprezzare sempre - quando onesti! - diversi punti di vista.

Spero che con la seguente intervista saprete ascoltare, pur non condividendole e per quanto - talvolta - "arduo", differenti visioni.

La propaganda è protagonista da mesi. Può essere l'evidenza che, volenti o nolenti, siamo in guerra?

(Rossi) In guerra, fin dai tempi degli Antichi, la verità è la prima vittima (cit. Eschilo). Questo non significa che le parti mentano sempre: sta agli analisti di geopolitica, come quelli del team che immeritatamente dirigo qui su Difesa Online, saper cogliere le sfumature dietro alle quali si nasconde il vero nel falso o la verità nel non detto. Nel farlo, devono agire secondo scienza e coscienza. Poi, non sempre la propaganda ha la stessa funzione: è una specie di codice la cui decriptazione deve essere agevole per certi riceventi e impossibile per altri, in modo tale da ottenere effetti diversi su riceventi diversi.

Vi faccio un paio di esempi, uno per ciascuno: Ucraina e Russia.

Kiev ha interesse a mantenere motivato e coeso il fronte interno verso l’opinione pubblica ucraina, ma deve sempre sembrare un po’ in difficoltà per stimolare i “donatori” occidentali a non perdere l’opportunità. Inoltre, l’Ucraina è un Paese democratico e dove i media occidentali accedono facilmente: se raccontasse balle troppo grosse, potrebbe essere scoperta e rovinarsi i buoni uffici con Londra e Washington. Perciò, la sua propaganda non può nascondere avanzamenti e danni bellici fatti dagli aggressori russi.

Viceversa, la Russia ha bisogno di dimostrare continuamente che il nemico è aggressivo, che le forze russe sono accolte da liberatori e che la popolazione ucraina è ostaggio di una minoranza. Nel far questo, i decisori russi mettono spesso così tanto zelo che sembrano quasi credere alla loro stessa propaganda: tuttavia, anche Mosca è in parte prevedibile in quanto spesso nasconda decisioni importanti dietro piccole costruzioni semantiche: ricordate quando annunciò che avrebbero “ridotto” l’offensiva a Nord di Kiev e poi lasciò tre oblast? (vedi articolo). Sul fronte interno, Mosca gioca facile ma lo fa sempre sul filo di lana: basta poco perché il re si dimostri nudo. Che dire poi della terminologia? Ai “neonazisti” inventati da Putin, Kiev ha opposto i “russisti” (o più efficacemente rushists in inglese), un misto fra russi e nazifascisti. Ma soprattutto Kiev ha saputo opporre una squadra giovane e vivace di politici e militari a quella che avrebbe dovuto essere la guerra massmediatica del Cremlino, che poi si è vista poco. Anzi, a Mosca hanno finito per indossare, in modo inatteso, un abito che li ha fatti sembrare dei vecchi burocrati, come nei primi anni Ottanta.

Questa, da parte ucraina o russa, è, comunque, normale guerra di comunicazione: chi si scandalizza perché non dicono il vero, non sa che lo stesso avviene nella finanza, nel commercio, nella politica… Signori, è marketing e la guerra non vi si può sottrarre! 

(Gaspardo) La propaganda è un elemento imprescindibile di ogni conflitto ed è parte integrante delle strategie belliche dei contendenti; e questo da che esistono l'Umanità e la guerra in generale. Sarebbe anzi strano e scandaloso se la propaganda non ci fosse!

Ciò che colpisce in questo caso specifico è il volume complessivo e la perdita di controllo da parte dei “piani superiori”. Già durante la Battaglia d'Inghilterra i britannici si erano resi conto che il volume complessivo di notizie false e/o sensazionalistiche non deve mai eccedere il 30%. L'Occidente ormai sta conducendo una guerra di propaganda che eccede il 70% delle notizie e per giunta ha fatto cessare qualsiasi capacità da parte del pubblico di guardare alla “visione d'insieme” con il risultato che le persone sono tentate di cercare la “Verità” tra i ranghi sempre verdi dei “teorici del complotto e della disinformazione” disdegnando invece i media “ufficiali”. Quando ad un certo punto il “castello” così creato risulterà insostenibile, raggiungeremo il cortocircuito e il tutto si ritorcerà contro di noi.

La propaganda esiste eccome anche dal lato russo, ma è più rozza e in gran parte rivolta verso il pubblico domestico il quale però, assai più diffidente verso il potere rispetto a quanto lo siamo noi, segue invece le notizie che, immancabilmente, filtrano dal fronte (specialmente attraverso Telegram) e che al contrario di quello che si potrebbe credere, e in modo indipendente dalla leadership del Cremlino, rafforzano il senso di solidarietà tra i soldati e i cittadini uniti in quella che essi ritengono una missione storica per salvare la Russia da un incombente pericolo mortale.

Il fallimento da parte dell'Occidente di capire questa verità dei fatti così come la vergognosa ondata di russofobia, rispetto alla quale l'islamofobia è diventa un sinonimo di filantropia, ci costerà caro.

Il 9 maggio (“Giorno della Vittoria”) cosa è accaduto in Russia?

(Rossi) Be', il cielo era un po’ nuvoloso e c’era una leggera brezza: per questo, la pattuglia acrobatica russa, quella che si era allenata per giorni a disegnare iconiche zeta nel cielo, e l’aereo “del giorno del giudizio”, il bunker antiatomico volante di Putin, non sono usciti prudentemente… O avevano paura dei nuvoloni o che qualche pilota coraggioso ne approfittasse per una manifestazione di dissenso: tertium non datur!

Oltre agli aerei, non si sono visti molti “alti papaveri” del regime, a partire dal famoso generale Valery Gerasimov, che dal 27 febbraio non ha più mostrato la sua faccia in pubblico. Non sto qui a domandarmi se sia rimasto ferito nell’attacco degli Ucraini al comando russo a Izyum, che secondo le mie fonti avrebbe fatto più di duecento vittime, molte con nomi importanti (vedi articolo). Dopo tutto, da un mese non si vede neppure la faccia di Dvornikov, che è (o dovrebbe essere) il comandante delle operazioni in Ucraina… Gerasimov, però, è un caso più interessante, perché dei tre uomini con la “valigetta nucleare” della Federazione russa, cioè i decisori su un attacco nucleare, era l’unico assente: bada caso, la sua ultima apparizione in pubblico è coincisa con la minaccia di escalation nucleare fatta da Putin davanti ai due allibiti collaboratori, lui e il ministro Shoigu.

(Gaspardo) In realtà non è accaduto nulla di particolare a livello del “Potere”. Abbiamo visto all'opera la classica iconografia del “Potere Russo” con il discorso del leader, i mezzi militari, le fanfare e i soldati in marcia, ma nulla di realmente inaspettato o eccezionale. Dal mio punto di vista oserei quasi definirlo “noioso”.

Ciò che è invece interessante notare è che non ci siano state proteste di alcun tipo da un capo all'altro “dell'Impero”. Nonostante gli eventi di massa che si sono tenuti in tutte le grandi città della Russia, e che avrebbero costituito il palcoscenico semplicemente perfetto per azioni dimostrative dal forte impatto mediatico, niente in tal senso è avvenuto, quando invece agli inizi della guerra le piazze come il web ribollivano del malcontento popolare nei confronti “delle azioni di un singolo uomo”. La repressione in questo caso c'entra assai poco. Gli eventi degli ultimi tre mesi e la scomposta reazione, quando non la vera e propria ostilità, dell'Occidente mascherata da opportuna quanto improbabile “ucrainofilia”, hanno costituito per i russi un brusco risveglio dopo 30 anni nel corso dei quali, nel bene e nel male, avevano comunque guardato all'Occidente con speranza ed ammirazione, e lo slogan “Tutto ciò che il Potere ci ha raccontato su noi stessi era una menzogna, ma tutto ciò che ci ha raccontato su di voi era la verità!” è ormai diventato parte della coscienza collettiva dei russi, e il paese si è orientato verso un lungo e doloroso, ma necessario, cammino di guerra.

Ed in Ucraina?

(Rossi) È stata una giornata come le altre: di guerra. Kiev non festeggia da anni la vittoria sui nazisti il giorno 9 maggio: a dire il vero, erano solo i sovietici a farlo in quanto, secondo loro, la resa della Germania arrivò dopo la mezzanotte, ora di Mosca.

Relativamente al 9 maggio, sappiamo che in serata la forza aerea russa ha colpito con tre missili supersonici Kinzhal un centro commerciale e due hotel: una “prova di forza” contro obiettivi civili - inutili dal punto di vista militare - al costo di 2-3 milioni di dollari. Nelle stesse ore alcuni funzionari ucraini hanno annunciato, senza nascondere la preoccupazione, che le forze russe avevano ultimato la costruzione di un ponte di barche sul fiume Sivirsky Donets: esisteva, secondo Kiev, la possibilità che detto ponte avrebbe consentito alla Russia di minacciare le difese ucraine e le rotte di rifornimento nella regione di Luhansk. Poi, la storia è andata diversamente: nei giorni successivi questo e altri ponti sono diventati bersagli delle forze ucraine con una perdita di truppe russe che qualcuno stima, senza esagerare secondo me, in un migliaio di effettivi.

(Gaspardo) In Ucraina è stata un'altra drammatica giornata di guerra con i soldati impegnati al fronte e contemporaneamente legati con un filo invisibile ai loro parenti e amici che li aspettano da qualche parte in giro per il paese quando non in giro per l'Europa. L'unica nota diversa rispetto a questa mesta e drammatica realtà è stata lo show mediatico del presidente Zelensky ripreso sullo sfondo della monumentale via Khreshchatyk, per l'occasione deserta, a fargli da palcoscenico. Allo stesso modo in cui ho trovato il discorso di Putin “noioso” ritengo che quello di Zelensky sia semplicemente “ridicolo” e ciò ha ulteriormente rafforzato in me la convinzione che i “commedianti” non dovrebbero mai guidare i paesi, specialmente quelli di una certa importanza.

A chi è utile che tutti gli occhi rimangano fissi sull'Ucraina?

(Rossi) Diciamo che il quesito, così posto, è ambiguo. Se la domanda è intesa come: la guerra in Ucraina serve a distrarre l’opinione pubblica da qualcosa di più grosso? La risposta è possibile in tre parole: non diciamo scemenze! Questa guerra è una catastrofe globale e non serve certo a nascondere qualcos’altro! Viceversa, credo che la domanda debba essere letta nel senso: la costante attenzione dei media sulla guerra, il fatto che in tre mesi non sia mai stata derubricata a “guerra dimenticata”, giova di più alla Russia o all’Ucraina? Credo che difficilmente possa essere “trascurata” una guerra che coinvolge direttamente la Russia e indirettamente Stati Uniti e Regno Unito e che si combatte a un’ora di volo da Berlino.

A Mosca converrebbe che l’attenzione calasse perché così potrebbe fare la guerra come fa da secoli senza la scocciatura della pressione internazionale: l’attenzione dei media disturba chi abitualmente combatte colpendo i civili, deportando intere popolazioni e, per così dire, facendo uso di armi non proprio convenzionali.

A Kiev un calo dell’attenzione non conviene più di tanto adesso: ai suoi “sponsor” anglosassoni, in particolare, la guerra dà dividendi politici e geostrategici che si riscuotono meglio alla luce del sole. Se gli Ucraini si impantanassero e non riuscissero a metter in piedi una controffensiva in estate, allora il discorso cambierebbe: la guerra solo in quel caso servirebbe unicamente a logorare Mosca nel medio-lungo periodo e scivolerebbe in quinta o sesta pagina sui giornali. È buffo che oggi come oggi qualche commentatore, in mala fede, ripeta che la guerra serve a tenere occupata e logorare la Russia: no, per come si sono messe le cose e per la pessima prova fatta dai russi, la guerra serve proprio a devastarne le forze subito. Chi dice il contrario mente, semplicemente…

(Gaspardo) In realtà a nessuno. Se la guerra fosse durata poche settimane ci sarebbero stati due paesi (Stati Uniti e Cina) che avrebbero potuto ottenere delle rendite di posizione non indifferenti, ma adesso tutto è cambiato. Appare chiaro che la guerra durerà mesi e i suoi effetti si stanno fondendo con quelli della recessione globale causata dalla pandemia del COVID-19 (che molto probabilmente in autunno rialzerà prepotentemente la testa) e dall'innalzamento più o meno pronunciato dovunque dei tassi d'interesse.

L'effetto sulla Cina sarà pesante, ed è stato pronosticato dalla stessa leadership politica che l'economia del “Dragone” quest'anno crescerà di un misero +4% secondo gli scenari più “rosei” (il che per la Cina equivale ad una profonda recessione). Allo stesso tempo gli Stati Uniti hanno commesso un clamoroso errore quando hanno preso la decisione di sequestrare le riserve valutarie di proprietà legale (e sottolineo trenta volte le parole “di proprietà legale”) della Russia. Così facendo hanno segnalato al mondo la loro volontà unilaterale di usare la valuta come un'arma geopolitica, ma questo avrà come effetto (nei prossimi 5-10 anni) di spingere gli altri paesi ad accelerare il processo di de-dollarizzazione e tale processo finirà per rendere la piramide del debito sulla quale si regge l'economia e financo la potenza stessa degli Stati Uniti semplicemente insostenibile.

Da ultimo, la solidarietà tra i cosiddetti “paesi occidentali” sta iniziando a scricchiolare da quando sta diventando di giorno in giorno più evidente che ci stiamo avviando verso una prospettiva di economia di guerra e che il prossimo inverno dovremo, figurativamente, “scaldare le nostre case con la legna”. Economicamente e strategicamente parlando, nessuno ci guadagnerà veramente da questi eventi.

La Terza Guerra Mondiale è all'orizzonte? E in caso, temporalmente quanto lontana?

(Rossi) Questa è, come sostengo da tre mesi, una ripetizione della “strana guerra” combattuta in Polonia, Finlandia, Baltici, Norvegia e Danimarca fra il settembre 1939 e il maggio 1940. Allora come oggi, due grandi potenze (Francia e Impero britannico nel 1939, Stati Uniti e Regno Unito nel 2022) offrono aiuto a un Paese con cui non hanno un accordo formalmente ratificato, ma con cui avevano contratto un impegno al mantenimento della sua sovranità e indipendenza. Allora, la vittima dell’aggressione si chiamava Polonia, oggi Ucraina. L’applicazione di pesanti sanzioni fa il pari con formali dichiarazioni di guerra che oggi non si fanno più nemmeno…

Non vi fate distrarre da quello che sapete dopo la scoperta di Auschwitz: nel 1939 la Germania non faceva paura in quanto sterminatrice e razzista. Il problema, allora come oggi, sono il revisionismo delle frontiere e la volontà di potenza: checché ci dicano i portavoce prezzolati di Putin, lo “spazio vitale” richiesto dai Tedeschi allora equivale al “mondo russo” che il Cremlino vuol costruire oggi. In definitiva, l’idea che i Polacchi dovessero essere “per natura” sudditi del Reich equivale a dire che gli Ucraini devono “per la storia” stare insieme ai Russi.

La differenza, negli ultimi mesi, l’ha fatta l’Europa: allora, la Polonia si trovò stritolata fra le forze congiunte di Hitler e Stalin, che poi avrebbero persino sfilato come vecchi amici a Brest, mentre oggi i Paesi europei stanno armando efficacemente l’Ucraina. Perché la “strana guerra” diventi un conflitto di dimensioni planetarie è necessario che la Russia attui un’escalation, a mio modo di vedere suicida, e attacchi la NATO o i Paesi dell’area finno-scandinava che hanno chiesto di aderire all’Alleanza atlantica. Oppure che usi le armi nucleari in Ucraina, come affermato dal generale Hodges durante la mia intervista (vedi link).

L’idea che la Repubblica popolare cinese si attacchi al carro russo e ne approfitti per prendere Taiwan è pura fantasia: Pechino ha interesse a fare un lauto pasto sulle scarne spoglie della Russia, invece che farsi dettare i tempi della guerra prossimo-ventura con l’occidente dai Russi.

(Gaspardo) Qui bisogna capire che cosa si intende con il termine “Terza Guerra Mondiale”. Se per “Terza Guerra Mondiale” si intende, come lo voglio interpretare io, un periodo prolungato di disordine globale costellato da una miriade di conflitti armati che sta ridisegnando gli equilibri di forza sia geopolitici che economici tra le piccole e grandi potenze e che sfocerà nella creazione di un nuovo ordine mondiale centrato su protagonisti anche diversi da quelli che hanno dominato sino ad ora, be', direi che tale processo è iniziato già dopo la “Grande Crisi Finanziaria dei Mutui Subprime” del 2007-2008 diventando un vero e proprio tsunami già con le cosiddette “Primavere Arabe” ed ancora di più con la Guerra Civile Siriana, che è stata descritta da vari analisti come una sorta di “proto guerra mondiale”. Tale processo è destinato a continuare secondo i miei calcoli almeno sino al 2040, se non oltre. Quindi mettiamoci l'anima in pace e cerchiamo di passare tutti insieme come una comunità nazionale che si rispetti attraverso questo complicato ma inevitabile sommovimento storico.

È più efficace la deterrenza di un paese debole ma all'interno della NATO o quella di una nazione forte e determinata (Taiwan, Israele...) al di fuori?

(Rossi) È sempre meglio avere amici molto forti, determinati a proteggerti e con interessi contrari a quelli del tuo nemico. Ed è importante far sapere ai tuoi “amici” che anche tu sei serio e determinato. Le alleanze prive di un meccanismo automatico di garanzia, piene di membri con interessi spesso opposti e con la necessità dell’unanimità per attivare una risposta militare servono il giusto… La NATO vive questi mesi di rinnovato prestigio in quanto Londra e Washington si sono poste come guide del Mondo Libero in opposizione alle Autocrazie: è un po’ come l’Unione europea, che va al traino della determinazione (o mancanza di interesse) di Parigi e Berlino.

Questo insegna una lezione importante anche all’Italia: il mantenere (e sviluppare) un rapporto privilegiato con gli Stati Uniti sarà elemento imprescindibile per la nostra sicurezza e ci darà un peso politico nel processo decisionale europeo che attualmente non abbiamo. L’atlantismo vecchia maniera - quello dell’Italia succube e debole - è morto, ma il suo opposto, cioè il calarci da battitori liberi in un mondo multipolare - senza volontà di combattere -, è stato abortito prima di nascere: il destino dell’Italia, se vuole essere davvero sovrana, è trattare l’Atlantico e il Mediterraneo come due laghi… italo-americani!

(Gaspardo) È un discorso molto complicato e credo che non esista una risposta. Probabilmente gli esempi migliori che abbiamo a disposizione a livello globale sono due, si trovano entrambi nel continente europeo e si chiamano Città del Vaticano e Confederazione Elvetica.

Il Vaticano ha le forze armate più piccole del mondo ma la sua diplomazia è una delle più potenti ed articolate, inoltre grazie alla presenza globale della Chiesa Cattolica, riesce a proiettare la sua influenza sulla vita di quasi il 20% della popolazione mondiale.

La Svizzera è un paese neutrale ed occupa una posizione piccola ma di importanza critica nell'economia e nello scacchiere internazionale, ma nonostante questo, per tutta la sua Storia contemporanea ha mantenuto delle Forze Armate che sono tra le meglio equipaggiate, addestrate ed organizzate d'Europa e che sarebbero in grado di dare del filo da torcere ad avversari assai più grandi.

È vero che al mondo ci sono Stati forti e determinati sia piccoli (Israele, Taiwan, Corea del Nord, ecc...) sia grandi (Russia, Cina, India, Pakistan, Iran) che non fanno parte di sistemi reali di alleanze, ma a ben vedere la condizione di sicurezza internazionale nella quale versano è a dir poco precaria.

La NATO ha garantito ai suoi membri per un lungo periodo di tempo la pace comune, però la guerra d'aggressione che essa ha scatenato contro la Serbia nel 1999 ha provocato a mio avviso la sua bancarotta morale mentre lo scellerato tentativo di espandersi a est la sta trasformando da alleanza di difesa comune in uno strumento di aggressione nei confronti di una civiltà, quella russa, che altro non vuole che le venga giustamente riconosciuto il diritto di avere il suo posto e la sua sfera d'influenza nella sua parte del mondo; diritto che le è oggettivamente inalienabile.

Quando finirà la guerra in Ucraina?

(Rossi) La guerra in atto è stata preparata dal regime che governa la Federazione russa dal 2000 e non cesserà, nella sua forma più violenta, finché non verrà rimosso il tumore principale che sta distruggendo, con mezzi diversi, l’Ucraina e la Russia insieme, cioè il revisionismo (dei confini) e lo sciovinismo post-imperiale russo incarnati dal presidente Putin: tutti gli altri personaggi apicali sono solo metastasi, cioè localizzazioni secondarie di questo cancro. Se venisse eradicata l’escrescenza maligna del Cremlino, entrerebbe in crisi l’equilibrio che si è instaurato fra questi carcinomi secondari: in quel caso, si creerebbe una ricerca spasmodica e violenta di nuovi equilibri che costerebbe alla Russia da un minimo di due a un massimo di dieci anni di instabilità interne, ma non necessariamente la trasformerebbe in un Paese democratico e tollerante. Purtroppo, la Russia di oggi come la Germania degli anni Trenta e Quaranta, non ha in sé le condizioni per una svolta liberaldemocratica: anzi, potremmo dire che alla Russia mancano persino molti degli anticorpi, originanti da una tradizione di libero pensiero religioso, scientifico e culturale, che invece la Germania aveva allora e che riemersero nel 1945 e ancora più nel 1989.

Perciò, la guerra non finirà anche se gli Ucraini, come io credo, nel corso dell’estate riusciranno a lanciare una massiccia controffensiva -di successo- negli oblast di Kherson, Zaporizia, Donetsk e Luhansk. Semplicemente, proseguirà in altre forme, come una serie infinita di provocazioni, aggressioni e penetrazioni ai danni dell’Ucraina, ma non solo. La guerra non finirà anche se i Russi avranno sempre meno risorse materiali e umane: basti dire che stanno tirando fuori “dalla naftalina” i veicoli e le armi di cui i Sovietici avevano cessato la produzione negli anni Sessanta e Settanta, lasciandone in eredità alla Russia magazzini strapieni.

La guerra, va detto, si combatteva già da venti anni, ma non solo sui campi di battaglia: se le aggressioni alla Georgia, alla Crimea e al Donbass erano state chiare e illegittime forme di aggressione militare, se internamente il Cremlino aveva annientato con la violenza movimenti separatisti / autonomisti e opposizioni, Putin aveva lanciato anche varie offensive attraverso la stampa di regime, la cultura, i libri di testo nelle scuole, la gestione del sistema elettorale ecc., che per quasi un decennio non abbiamo voluto vedere. E pensare che c’è ancora oggi chi crede che esista la “russofobia”, un’altra delle invenzioni del Cremlino!

(Gaspardo) All'inizio dell'invasione in grande stile della Russia ai danni dell'Ucraina (24 di febbraio 2022) anticipai, basandomi sull'esperienza pregressa di altre guerre convenzionali tra paesi avvenute nei trent'anni intercorsi tra il 1991 ed il 2021, che tale conflitto non avrebbe potuto durare più di 100 giorni. Purtroppo devo ammettere che tale iniziale previsione si è rivelata ottimistica ed è ormai accettato il fatto che questa guerra convenzionale su larga scala durerà ad oltranza (forse fino alla fine dell'anno) e verrà decisa sul campo di battaglia con una chiara vittoria di uno dei due contendenti che, considerando tutta una serie di elementi e nonostante i rovesci ai quali abbiamo assistito, a mio avviso sarà in ogni caso la Russia.

L'Ucraina ha avuto una importantissima chance di ottenere la sua unica “vittoria” possibile ai primi di aprile quando la combinazione della resistenza iniziale e della ingestibilità delle linee logistiche aveva snervato la capacità offensiva russa obbligando il Cremlino ad ordinare la ritirata dalla zona di Kiev, dal nord-est e da gran parte dell'est del paese. In quel momento se Zelensky fosse stato veramente un genio della politica come Talleyrand, Metternich, Bismarck o Mannerheim, avrebbe sfruttato l'irripetibile occasione storica di ingaggiare la Russia dal punto di vista diplomatico al fine di strappare una “pace separata” che avrebbe potuto salvare “capre e cavoli” ma ciò a cui abbiamo assistito è assai diverso. Spinti dal loro delirio di onnipotenza, tanto i governi occidentali quanto Zelensky e gli uomini che gli stanno intorno ritengono veramente di riuscire a raggiungere l'obiettivo di umiliare la Russia dimenticandosi che nella Storia tutti coloro che sono stati accecati da una tale “ὕβϱις” (parola greca antica traducibile con “superbia”, “tracotanza”) hanno fatto una bruttissima fine. Loro pensano di utilizzare gli ucraini come baionette viventi per scardinare il “sistema-Russia” ed imporre un cambio di regime a Mosca senza capire che in questo momento il paese si è nuovamente unito sotto la bandiera del patriottismo; quello che invece otterranno sarà la distruzione dell'Ucraina.