“La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”. Giovanni Falcone.
Queste come altre, le condivisibili e celebri parole arrivate fino a noi del giudice Giovanni Falcone cui il 23 maggio 2020, si è celebrato il 28° anniversario della strage di Capaci.
Non è assolutamente facile scrivere evitando comuni retoriche che diventerebbero scontate, o peggio stucchevoli. Forse sarebbe meglio domandarsi se l’omertà, l’ipocrisia e i problemi sociali legati al lavoro, terreno fertile per la criminalità organizzata, siano concetti davvero assimilati e politicamente condannati non soltanto a parole. È una questione di rispetto verso le vittime e gli addetti ai lavori ma anche verso la società civile.
Falcone ha combattuto una guerra scontrandosi e trovando resistenze istituzionali - anche da parte del CSM - nel tentativo di consegnarci un paese più civile, dove legalità e giustizia fossero elementi scontati e alla portata di tutti. Quindi, non uno Stato giustizialista, ma uno Stato libero. A distanza di 28 anni dal suo sacrificio le perplessità popolari verso quel caposaldo di libera normalità sono ancora presenti purtroppo.
D'altronde, alla luce dell’ultimo DPCM e le successive decisioni del dicastero della giustizia nel procedere alla scarcerazione dei boss reclusi con il 41bis la dicono lunga, Covid19 a parte. Uno smacco imbarazzante che si contrappone alle forbite parole istituzionali pronunciate nel giorno della ricorrenza.
Inutile girarci introno, lo Stato ha precise responsabilità che si proiettano nell’immediato sulla società civile traducendosi in disaffezione e rassegnazione alla cosa pubblica, rabbia e frustrazione. Condanniamo la mafia ma al tempo stesso abbiamo fatto finta di non sapere d’aver importato parallelamente a oneste persone desiderose di migliorare la loro condizione sociale, una feroce criminalità (una mafia con precise regole) come quella nigeriana, albanese e cinese in aggiunta alla criminalità nostrana, soprattutto nei luoghi dove lo Stato non è stato capace di investire e riqualificare. Condanniamo una mafia consapevoli che oggi si tratta sostanzialmente di una ben celata e articolata holding SpA capace di fare “legalmente” profitto, ripulendo il denaro o piazzando i propri …ossequiosi manager... in posizioni strategiche dove la meritocrazia sarebbe scomoda.
Una condizione quasi bipolare anche quando è stato umiliato e condannato Bettino Craxi con il lancio delle monetine, per poi accorgersi a distanza di vent’anni che era un vero leader politico, capace nel farsi ascoltare in Europa senza dover chiedere udienza con il cappello in mano e convinto della necessità di rinegoziare i parametri di Maastricht.
Insomma troppa confusione e poca credibilità e professionalità che stonano con il concetto rassicurante che dovrebbe avere uno Stato, ma al tempo stesso anche troppa stampa che per motivi d’interesse editoriale, risulta troppo miope in certe direzioni scomode, mentre è coalizzata nel condannare il capro espiatorio del momento. Anche Falcone ne fu suo malgrado vittima. Avanzare toni di disappunto sull’attuale sistema, significa diventare un bersaglio da neutralizzare, piuttosto che uno spunto positivo per un’idea democratica condivisa. L’egoismo (per chi ne ha facoltà) sembra l’unica via di salvezza per rimanere in piedi a patto di tapparsi il naso. Ma è risaputo che l’egoismo distrugge il progresso civile di uno Stato.
Lo scettico potrà sostenere: “cosa ci vuoi fare? le cose girano così…”. No, il mondo o meglio l’Italia, girerà così finché ci sarà gente che lo permetterà, tradendo le aspettative popolari in cambio di un benessere personale.
“Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola”. Giovanni Falcone
Ecco, il miglior modo per commemorare il 28° anniversario dalla strage di Capaci, non sono le forbite parole, ma un serio esame di coscienza in tutti noi.