Marciare sul proprio stomaco

(di Andrea Sapori)
04/10/23

"I tedeschi in Russia hanno perso per una questione logistica". Questo semplicissimo concetto mi fu spiegato da uno zio - reduce alpino dell'Armir - che aggiungeva: "Sai perché i russi temono gli americani? Per la loro logistica. Non hanno paura di nessun altro, possono battere qualsiasi esercito li sfidi sul loro campo, alla lunga. Ma temono la capacità logistica statunitense, la sua capacità di usare il tempo come un'arma".

Non disse altro. Si rifiutò sempre di parlarmi di ciò che vide e passò in quei terrificanti due anni della sua vita.

Dopo, trovandomi a ragionare da soldato, valutando tattiche e strategie dei passati conflitti, leggendo e ascoltando i resoconti degli storici e le analisi dei più quotati studiosi militari del mondo, non ho potuto far altro, pagina dopo pagina, simposio dopo simposio, che ritrovarmi d'accordo con le semplici parole di mio zio alpino.

"Logistica" dunque...

C'è un film molto noto ("La battaglia dei giganti"), in cui uno straordinario ufficiale carrista tedesco, veterano dell'operazione Barbarossa, nel dicembre del 1944 sulle Ardenne mostra un pacco sequestrato ad un soldato americano catturato: una torta al cioccolato proveniente da Boston, che la madre del fante USA ha mandato per Natale.

Il carrista, in quel preciso istante, comprende che la guerra è perduta: non si batte una nazione che usa un aereo militare, che sorvola indenne l'oceano Atlantico, per spedire dei dolci al fronte.

Neanche una nave, che già sarebbe stato significativo, ma un aereo! Il veterano tedesco lo sapeva: questa, era, ed è, la potenza ineguagliabile della logistica.

Anche Napoleone ne era cosciente. Fu lui a dire: "un esercito marcia sul proprio stomaco". Come sono sicuro che ogni generale conosca questo principio militare imprescindibile: rifornimenti efficienti valgono quanto le tattiche più efficaci.

Come Hitler 130 anni dopo, Napoleone fu preso dalla necessità di salvare se stesso, come se quegli immensi territori fossero una specie di rifugio, l'ultima speranza di personale riscatto per gli errori commessi altrove, credendo con ciò di poter placare l'ira del Dio della guerra che loro stessi avevano evocato. E la logistica, che di quel dio è la figlia prediletta, può dilaniare: proiettile dopo proiettile, razione dopo razione, litro di carburante dopo litro di carburante, missile dopo missile, drone dopo drone, giorno dopo giorno, chilometro dopo chilometro...

Nulla è cambiato!

Politici europei, italiani in particolare, ma anche i maestri americani, pare si stiano accorgendo di non aver imparato a fondo la lezione. E il conto da pagare per questa incresciosa ignoranza rischia di essere insostenibile per un intero continente. E per decenni.

Oggi, ben più di ieri, un soldato di fanteria consuma alimenti, munizioni ed equipaggiamento per migliaia di euro, al giorno. Il costo maggiore, di gran lunga, è rappresentato dal trasporto di questi materiali dai magazzini alla zona di operazioni sul fronte.

La disponibilità di denaro non è il solo limite: è la struttura stessa dell'apparato logistico e produttivo a rappresentare le reali capacità di combattere di una nazione.

È arrivato per noi il momento di fare i conti con la realtà?

Come nazione, non abbiamo le risorse per gestire impegni militari di "proiezione di potenza" che vadano al di là di operazioni a livello reggimentale o di mezza brigata, per lunghi periodi.

Paradossalmente, ci costa meno inviare dei caccia in qualche base avanzata, o un paio di fregate in pattugliamento al largo delle coste delle zone di guerra, in termini organizzativi.

Ma, anche ammettendo di saperci organizzare, se come sempre alla fine sarà solo una questione di soldi (vedi il budget pro Ucraina in ridiscussione al congresso USA), allora non dovremmo dimenticare, pragmaticamente, che il nostro "conto corrente nazionale" parte da un saldo in rosso da 3000 miliardi di euro, circa. 

Da cittadini contribuenti e anche, se non soprattutto, da padri e madri di ragazzi in età da richiamo in armi, forse è su questo che oggi dovremmo concentrare le nostre più "realistiche considerazioni".

Immagine: fotogramma tratto dal film "La battaglia dei giganti" (1965)