Le nove vite di al-Baghdadi

(di Denise Serangelo)
13/10/15

Ogni volta che al-Baghdadi ‘non muore’ rafforza il suo mito agli occhi dei suoi seguaci, il prematuro trapasso del leader assumerebbe immediatamente la connotazione di un presagio negativo che aleggia sul Califfato.

Uomo dal passato nebuloso ha il tipico profilo del mediocre che vuole eccellere in qualcosa senza impegnarsi, peccato che questa volta abbia trascinato con sé due paesi e un numero spropositato di persone.

Già scampato due volte ai raid occidentali l'aura di immortalità del leader religioso sta aumentando a dismisura e denota quasi una reale approvazione divina agli occhi degli scettici. La storia di al-Baghdadi prima di diventare Califfo però è tutt'altra rispetto a quella che ci si aspetterebbe da un leader religioso dall'intransigenza implacabile. Sicuramente i suoi fedeli sostenitori non sono a conoscenza dell'uomo mediocre che stanno seguendo, la vita del loro leader è costellata di fallimenti e piccole conquiste.

La segretezza con cui vive il fondatore dell'IS è funzionale al suo scopo, meno si conosce e più si può costruire. Meno si viene a conoscenza di quella che è stata la sua vita, più il Califfo può ricamare sulle sue origini ossequiose e le sue doti notevoli.

Studente al di sotto della media, non brilla per acume, bravo in matematica e lingua araba rinnega categoricamente di imparare l'inglese. Un segno premonitore? Chissà.

Raggiunta la maturità con una votazione tutto sommato accettabile non gli è sufficiente per accedere alla facoltà di legge a cui ambisce da sempre. La scelta di questa facoltà è per molti un sintomo della vera natura di al-Baghdadi un giovane che ha voglia di spiccare, che ha bisogno di sentirsi ed essere leader di qualcosa. Il destino beffardo nega l'avvocatura al nostro futuro califfo ma gli permette, grazie al martirio del fratello in giovane età, l'ammissione alla facoltà di Sharia dell'Università di Baghdad. Qui ripiega i suoi studi verso il Dipartimento di Diritto dell'Università di Giurisprudenza islamica, passando poi agli studi coranici.

La storia è piena di profili come quello del Califfo, menti geniali ma che male applicano se stessi nella giusta direzione. Quasi vendicativi verso quel mondo che gli ha donato solo mediocrità e porte chiuse, al-Baghdadi è oggi nella top list dei maggiori ricercati della mondo sui muri delle agenzia americane.

Di al-Baghdadi si è detto e sentito tantissimo, poco o niente viene da chi davvero lo ha conosciuto. Quello che è certo è che nel 2004 - dopo il suo primo matrimonio - viene arrestato dagli americani e poi rinchiuso nel carcere di Camp Bucca per detenuti comuni. A Campo Bucca, nasce una leggenda dietro l'altra, chi sostiene che sia stato addestrato dalla CIA chi invece che sia stato vittima di abusi fisici. In molti, quasi tutti per la verità, vedono nel 2004 la chiave con cui si arriva a forgiare il nuovo leader ed inizia anche la costruzione di una vita parallela utile al suo scopo. La famiglia da cui discende non ha mai visto nemmeno in foto le origini prestigiose di cui tanto si vanta, millantate addirittura alla sacra discendenza del profeta Maometto. Eppure quasi tutti ci credono, lo seguono, lo riconoscono come il nuovo Califfo.

Le origini sono contadine, famiglia numerosa con diversi fratelli e due genitori presenti. La violenza del suo regno è dunque semplicemente pratica per lo scopo di costruire un regno di terrore che macina consensi che si basano sulla paura del diverso e su una società ancora tribale come quella delle zone rurali dell'Iraq e della Libia. Il concetto di Califfato così come lo ha presentato al-Baghdadi non esiste e non esisterà mai nella lettura del Corano e nemmeno nelle interpretazioni dei grandi esperti in materia di teologia musulmana. Il regno oppressivo e violento che vediamo è un regno creato sfruttando un modello teorizzato nei testi sacri ed esasperato per diventare attinente alla realtà.

Il tempismo tra al-Baghdadi e la coalizione sembra avere dell'incredibile. Non solo la sua presunta morte rischia di consacrarlo a leader indiscusso, ma sembra essere vittima di una strana concomitanza di eventi. L'essere riuscito a scampare ad un nuovo attentato proprio il giorno in cui è stata messa in dubbio la sua legittimità a guidare il nuovo regno dei giusti per molti è un segno inequivocabile: lui è la via.

Come ogni Stato totalitario ed assolutista che basa la sua creazione sull'identità del proprio leader ogni spunto è buono per rimarcare l'autorevolezza e la bontà del progetto. Il proselitismo di al-Baghdadi passa da quest'aura mistica e religiosa mescolata ad un contorno di intransigenza e severità morale, se i fedelissimi del Califfo non vedessero e credessero in una sua chiamata dall'alto l'IS non esisterebbe più da molto tempo.