Il principio giuridico degli omicidi mirati all'estero al di fuori di un conflitto armato

(di Franco Iacch)
12/05/16

Le missioni di assassinio autorizzate all’estero ed in condizioni non convenzionali, potrebbero avere delle ripercussioni in procedimenti penali per omicidio o concorso in omicidio. E’ questo il timore avanzato al governo inglese da una commissione parlamentare.

Secondo la Commissione per i Diritti Umani, “i piloti dei droni, così come i funzionari ed i ministri britannici potrebbero essere accusati di omicidio, qualora il governo dovesse continuare a non chiarire le sue politiche in materia”.

Il problema si porrebbe per l’intera linea decisionale ed esporrebbe il personale coinvolto nel processo esecutivo che porta all’eliminazione di un bersaglio con attacchi letali. Anche se il Crown Prosecution Service è altamente improbabile che possa perseguire un caso del genere nel Regno Unito, ciò non esclude possibili azioni penali da parte di altri paesi.

La questione nasce dall'interpretazione del diritto internazionale, in merito alle missioni hunter killer contro sospetti terroristi fuori dalla portata dei conflitti armati convenzionali.

Nella relazione della JCHR dal titolo 'La politica del governo per l'impiego dei droni negli omicidi mirati', si rileva che il “governo considera tali eliminazioni ammesse dal diritto bellico, anche se avvengono in paesi contro cui il Regno Unito non ha ufficialmente dichiarato guerra”. Quindi, secondo la Commissione, le missioni di assassinio violerebbero l’articolo due (il diritto alla vita) della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU).

Secondo l’attuale normativa di riferimento, l’utilizzo della forza letale è prevista dal diritto bellico. L’equivoco giuridico nasce in base al fatto che tali norme, per definizione, non si applicano al di fuori di un conflitto armato.

"Dobbiamo fornire a tutti i soggetti coinvolti nella catena di comando per tali impieghi della forza letale, assoluta chiarezza sulle circostanze ed una difesa contro ogni possibile futura azione penale, comprese quelle che potrebbero provenire dall’estero".

La Commissione ha avviato l’inchiesta dopo il raid che ha eliminato Reyaad Khan, un terrorista 21 enne di origini britanniche in Siria, lo scorso agosto. L'attacco è avvenuto mesi prima che i parlamentari autorizzassero la campagna aerea in Siria.

Un altro britannico, Ruhul Amin ed un belga, Abu Ayman al-Belgiki, che viaggiavano nella stessa vettura sono stati eliminati. Cameron ha descritto l'attacco su Khan come un "nuovo inizio", spiegando che “per la prima volta in tempi moderni, il Regno Unito ha utilizzato un drone per uccidere qualcuno in un paese contro cui non siamo formalmente in guerra”.

Continuano dalla Commissione: “il Regno Unito ha un diritto legittimo all'autodifesa se minacciato di imminente attacco armato. Tale impiego della forza letale all'estero al di fuori di un conflitto armato dovrebbe essere solo eccezionale. Accettiamo che in circostanze estreme, tali usi della forza letale all'estero possano essere leciti, anche al di fuori dei conflitti armati. Infatti, in alcune circostanze estreme, al fine di proteggere la vita, vi è l’obbligo di utilizzare la forza letale”.

I dubbi di natura giuridica comunque restano, ecco perché la commissione invoca “un necessario ed urgente chiarimento”.

Gli Stati Uniti hanno aggirato il problema con una legge del 2001 che autorizza l’impiego della forza letale all’estero nella guerra globale contro al-Qaeda. La “guerra globale” dichiarata dagli USA ad al-Qaeda ed alle sue organizzazioni alleate, si è estesa anche allo Stato islamico.

Conclude la Commissione: “Il governo deve fornire assoluta chiarezza sulla base giuridica per rassicurare il personale che non vi è alcun rischio di essere perseguiti per complicità in omicidi che possono non avere giustificazione legale internazionale".

(foto: Royal Air Force)