La crisi prossima ventura: come sarà, che cosa la innesca e come tamponarla

(di David Rossi)
29/02/20

“Il coronavirus è come l’influenza”1, si sente spesso dire da tante anime belle. Allora, facciamole contente e trattiamolo come tale, anche perché ha indubbiamente il potenziale per colpire quanto i virus stagionali.

Al termine della stagione influenzale 2018-2019, i casi erano stati 8.104.000. Dal momento che - secondo le parole di Walter Ricciardi (OMS) - il 10% degli ammalati di Covid-19 hanno delle complicanze che devono essere gestite in ospedale, parliamo di 810.000 potenziali degenti. Ora, volendo ridurre tale cifra a un terzo, cioè a coloro che sono a rischio immediato di morte (e magari trattando gli altri a casa, con i rischi che ne conseguono…), si arriva a 270.000 malati con importante compromissione delle funzioni respiratorie. Da ciò discende la considerazione che, a parte il fatto che in Italia non abbiamo tanti posti letto ospedalieri e anche se li avessimo non servirebbero tutti per pazienti potenzialmente infettanti, vale comunque la pena fare un calcolo…

Il costo di un paziente in degenza di II livello in Italia è di circa 6.000 euro per un soggiorno medio in ospedale di poco meno di 9 giorni. Volendo calcolare un soggiorno sanitario di circa quattro settimane, come è nel caso Covid-19, dovremmo nella migliore delle ipotesi portare tale costo (costituito per il 30% di semplici oneri operativo-gestionali, come vitto e alloggio) all’incirca a 18.000. Così, si arriverebbe a un costo spaventoso di 4,8 miliardi di euro solo per il trattamento dei pazienti gravi in ambito ospedaliero.

Quanto detto finora non comprende la costruzione di nuove strutture, l’acquisto di macchinari e equipaggiamenti (una macchina per il filtraggio del sangue arterioso può costare anche più di mezzo milione di euro), il costo straordinario dell’isolamento, gli oneri per l’acquisto di lotti di farmaci e tante altre voci.

Ora, per non lasciarvi del tutto ignoranti, dobbiamo dire che la Regione Piemonte ha stimato in 270.000 euro a posto letto il costo per la costruzione di un nuovo ospedale. A meno di non volerli accumulare nelle palestre e nelle baracche e riducendo detto costo a un terzo, il costo per l’attivazione di abbastanza posti letto ospedalieri da accogliere due terzi dei pazienti con gravi problemi respiratori2 - spalmati su sei mesi e con degenza di un mese ciascuno - equivarrebbe ad altri 2,7 miliardi di euro, per un totale di 30.000 posti letto. Ammesso e non concesso che si possano costruire in pochi mesi… Ovviamente, abbiamo parlato solo della struttura fisica dell’ospedale, non di macchinari, laboratori ecc. I 2,7 milioni potrebbero tranquillamente raddoppiare o, senza esagerare, triplicare.

Queste sono solo alcune delle cifre in ambito sanitario. Ma i costi dei questa “super-influenza” andrebbero ben oltre.

Che dire, poi, dei milioni di ore di lavoro perse? Anche immaginando che solo il 40% dei malati (8 milioni e rotti, ricordate?) fosse occupato e che l’80% di questi recuperassero in una settimana, il restante 20% impiegherebbe nella migliore delle ipotesi un mese a tornare in piena efficienza. Immaginando anche soltanto 20 euro di retribuzione lorda oraria, 40 ore la settimana e 150 ore retribuite al mese, parleremmo di un costo per le imprese di oltre quattro miliardi. Per fare un paragone, l’intero gettito IRAP equivale a 12 miliardi.

Che dire, poi, dei costi per il Sistema Paese? Un calo del 20% del settore turistico (che genera poco più del 5% del PIL nazionale e rappresenta oltre il 6% degli occupati), equivarrebbe a una perdita di circa 25 miliardi di giro d’affari, oltre tre miliardi di gettito IVA per lo Stato e, con ogni probabilità, almeno 200.000 posti di lavoro.

Un calo del 20% è uno scenario ottimistico, si badi bene: in questo momento, con meno di mille casi di Covid-19 in Italia, parliamo di un collasso di oltre il 50%. Se si estendesse a tutto il 2020, il nostro Paese perderebbe il 2,5% del PIL, quasi un decimo del gettito IVA per lo Stato e rischierebbe di veder fallire oltre un terzo delle imprese ricettive e ricreative, storicamente sottocapitalizzate. Quelle stesse imprese, per sopravvivere, hanno attivato fidi e finanziamenti con le banche.

Solo concentrandosi sul settore turistico, le banche - già in sofferenza - potrebbero ricevere un colpo da centinaia di miliardi per le insolvenze, che porterebbe lo Stato a doversi accollare parecchi casi disperati. Lo stesso Stato avrebbe perso un terzo del gettito IVA e dovrebbe far fronte a almeno una decina di miliardi di investimenti straordinari nel settore sanitario. Allo stesso tempo, col PIL in calo di oltre 2,5 punti percentuali e il deficit ben oltre il 5%, i conti pubblici sarebbero a dir poco a rischio, anche considerando il probabile boom dello spread, cioè dei maggiori costi di finanziamento del debito.

E ci siamo limitati al turismo, senza rammentare per esempio il settore della moda, che pesa il 4% del PIL ed è sottoposto agli effetti devastanti della prossima recessione internazionale. Per non dire dell’automobile, del packaging e di tanti altri ambiti industriali in cui siamo leader…

Ebbene, forse proprio in uno scenario del genere, con lo Stato sovrano che vacilla, l’Unione Europea potrebbe rendersi utile, anche perché il Governo italiano - qualunque fosse la maggioranza e chiunque fosse il premier - avrebbe le mani legate, non potendosi finanziare se non con politiche recessive (leggi: più tasse).

Tuttavia, detta crisi sarebbe sistemica, non solo italiana: l’Unione dovrebbe farsi carico - eventualmente indebitandosi attraverso l’emissione di titoli sovrani - dei maggiori costi per il settore sanitario, compresi quelli relativi all’ordine pubblico, in tutti i 27 Paesi. Poi, dovrebbe attivare un fondo salva-imprese e salva-occupazione che permetterebbe alle piccole e medie imprese di finanziarsi a condizioni favorevoli per il breve e medio periodo.

Questo non basterebbe a placare le tempeste valutarie e i terremoti bancari: sarebbe necessario concedere molta liquidità a costo zero o con interesse negativo al sistema creditizio, ma soprattutto si dovrebbe estendere e intensificare il quantitative easing, per ridurre il costo per interesse dei titoli e le differenze fra Stati.

Lo scenario che avete visto ce lo hanno suggerito i molti che parlano come di un elemento tranquillizzante del fatto che il coronavirus si comporterà come l’influenza stagionale.

I lettori terrapiattisti e quelli col cuore d’oro quasi sicuramente non avranno capito un tubo di questa nostra analisi di uno scenario possibile e forse anche probabile. Sì, probabile: se mi chiedete se accadrà, vi rispondo che i Governi e i cittadini… si stanno impegnando perché sia lo scenario dei prossimi mesi: ve lo dice uno che avete chiamato "allarmista" e che invece ora… be', guardatevi in giro.

Cari lettori, voi non terrapiattisti e senza anima bella, stringete le cinture. E dato che ci siete scrivete al presidente del consiglio, al vostro calciatore preferito, al vostro cantante del cuore e al sindaco del vostro capoluogo di regione perché si facciano vedere in giro, vadano ai ristoranti, si godano l’Italian lifestyle, gironzolino per i vicoli dei paesini e le vie dello shopping. Il mondo deve sapere che in Italia non siamo messi peggio di loro, che non hanno mai fatto test seri nei loro Paesi, e che anzi qui si mangia e si vive meglio. Così, magari il settore del turismo e della moda non subiranno effetti catastrofici. E i lettori facciano altrettanto: si concedano una cena fuori (senza stringere troppe mani, s’intende), facciano dei regali e visitino una città d’arte nostrana. Insomma, stringete le cinture ma… non il portafogli, se non volete accelerare la crisi.

Ce la possiamo fare, perché… siamo un grande popolo!

1 Da notare bene: è più o meno corretto dire che il coronavirus si comporta in modo simile, non che è la stessa cosa di una normale influenza.

2 Ipotizzando quindi che 90.000 possano essere tranquillamente accomodati negli ospedali esistenti.

Foto: U.S. Army / Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini / European Central Bank