Il Kazakistan tra passato e futuro

(di Andrea Gaspardo)
05/04/19

Il 19 marzo di quest'anno ha segnato una data fondamentale nella storia del giovanissimo Stato del Kazakistan. Con un discorso di una ventina di minuti trasmesso a reti unificate, Nursultan Äbishuly “Elbasy” Nazarbayev, primo leader e “padre fondatore” della Repubblica del Kazakistan, si è dimesso dalla sua carica di presidente “a vita”, spalancando le porte di una nuova era nella storia di questo vasto Paese centro asiatico. In realtà le dimissioni di Nazarbayev non equivalgono ad un suo ritiro “tout court” dalle scene politiche, come egli stesso si è premurato di spiegare ad “amici” e “nemici” nel corso del suo intervento televisivo. Tuttavia, tali doverose precisazioni non sminuiscono l'importanza anche solamente formale dell'evento: per la prima volta, un presidente di un Paese dell'Asia Centrale ex-sovietica ha deciso di abbandonare di propria iniziativa la posizione di leadership che per decenni aveva trattato alla stregua di un personale appannaggio.

La parabola storico-politica di Nazarbayev comincia quando il Kazakistan era ancora una delle repubbliche del più vasto impero sovietico. Entrato nei ranghi del partito comunista nel 1962, Nazarbayev iniziò una lunga e proficua carriera che lo portò a diventare il “delfino” di Dinmukhamed Akhmetuly “Dimash” Kunaev allora Segretario Generale del partito comunista in Kazakistan.

Il momento della verità per Nazarbayev arrivò nel 1986 quando, con una mossa a dir poco avventata, l'allora leader dell'Unione Sovietica, Mikhail Sergeyevich Gorbachev, decise di sostituire Kunaev, accusato di corruzione e troppo legato alla vecchia nomenclatura degli anni di Brezhnev, con Gennady Kolbin. Tecnocrate onesto e capace, Kolbin pagò però carissimo il fatto di essere russo e di non aver mai sino ad allora vissuto o lavorato in Kazakistan. Al suo arrivo in Asia Centrale venne “accolto” da imponenti manifestazioni di protesta nel corso delle quali oltre 60.000 Kazaki si riversarono nella centralissima “Piazza Brezhnev” (oggi “Piazza della Repubblica”) ad Alma-Ata (oggi Almaty). Le proteste durarono tre giorni, tra il 16 ed il 19 di dicembre (proprio per questo sono note in Kazakistan come “Jeltoqsan”, dicembre in lingua kazaka), e furono represse nel sangue, al prezzo di almeno 200 morti, dalle truppe speciali dell'MVD (Ministero degli Interni) e del KGB. Sebbene l'ordine pubblico fosse stato ripristinato, la leadership di Kolbin poteva dirsi ormai compromessa. Con il suo mentore ormai fuori dai giochi e con il “proconsole” inviato da Mosca egualmente screditato agli occhi dei Kazaki, il 22 giugno 1989 Nazarbayev divenne il nuovo Segretario Generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica nella Repubblica Socialista Sovietica del Kazakistan, la sua “epopea” era formalmente cominciata.

Gli anni che seguirono furono carichi di eventi epocali. Nel novembre del 1989 il Muro di Berlino fu abbattuto e l'anno seguente la Germania venne formalmente riunificata. Tutti i regimi comunisti dell'Europa orientale caddero successivamente come birilli e nel 1991 si sciolsero prima il Patto di Varsavia e poi la stessa Unione Sovietica.

La fine dell'impero unificato lasciò il Kazakistan e le altre repubbliche dell'Asia Centrale in una situazione davvero molto delicata. Il Tagikistan sprofondò in una terribile guerra civile che ne devastò sia la popolazione che il patrimonio economico e culturale mentre in Turkmenistan, Kyrghizistan, Uzbekistan e Kazakistan, le élite locali si irrigidirono attorno alle strutture di potere ereditate dal periodo sovietico, reinventandosi parallelamente come “forze nazionaliste e patriottiche” intraprendendo un lungo e difficile processo di “nation building” (costruzione dell'identità nazionale) in Paesi che non erano mai stati indipendenti fino ad allora.

Politico scaltro e navigato, Nazarbayev è riuscito ad imporsi nel corso di questa particolare congiuntura storica. Conscio di essere a capo di un Paese plurinazionale (secondo i dati ufficiali, il Kazakistan è abitato da 131 gruppi etnici diversi) con, tra le altre, anche una nutrita comunità russa, Nazarbayev ha promosso l'elemento kazako con gradualismo, cercando al contempo di tutelare tutte le eterogenee comunità del Paese e mantenendo il russo come lingua ufficiale a fianco del kazako. Ha inoltre mantenuto stretti legami economici e geostrategici con Mosca partecipando attivamente all'istituzione ed al potenziamento delle varie organizzazioni sovranazionali venutesi a creare nello spazio ex-sovietico quali la Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) e l'Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO).Tuttavia il contributo più importante da parte di Nazarbayev lo si è avuto nella creazione dell'Unione Euroasiatica (EAEU), le cui funzioni e strutture basiche egli aveva già preconizzato, con lungimiranza non comune, già nella prima metà degli anni Novanta. Nella medesima occasione egli poi affermò che “come la Comunità Europea aveva trovato il suo pilastro fondamentale nella condivisione delle materie prime più importanti per l'utilizzo industriale (carbone ed acciaio) così l'Unione Euroasiatica avrebbe trovato tale pilastro nel gas”! Gas che, insieme al petrolio e ad altre risorse naturali, ha posto le basi per la rinascita economica del Kazakistan, della Russia e di altre repubbliche ex-sovietiche a partire dagli anni Duemila.

Nel lungo periodo, quella che era sembrata un'ancora di salvezza si è rivelata anche una pericolosa arma a doppio taglio che rischia di portare più male che bene. Nonostante infatti il Kazakistan abbia cercato attivamente di diversificare la sua economia, essa rimane ancora oggi sostanzialmente ostaggio della “maledizione dello stato redditiere”. Andando a spulciare tra i vari prodotti che costituiscono l'ossatura dell'export del gigante centro asiatico, si nota immediatamente come la parte del leone sia ancora oggi indiscutibilmente costituita da petrolio, gas naturale e prodotti derivati. In realtà anche la produzione di uranio ed oro hanno registrato un'impennata negli ultimi anni ed il Paese ha ugualmente cercato di valorizzare il lascito sovietico in campo agrario e zootecnico con investimenti diretti al potenziamento dei medesimi settori. Si capisce bene, però, che il cosiddetto “valore intrinseco” delle esportazioni del Kazakistan sia molto limitato perché a venire vendute sui mercati internazionali sono essenzialmente delle materie prime, e non prodotti ad alta tecnologia. Dal lato economico ciò espone il Paese alle fluttuazioni dei prezzi delle materie prime (soprattutto degli idrocarburi) con pesanti ripercussioni sull'economia generale della nazione.

Ancora più spinosa è poi la questione politico-sociale; infatti la possibilità da parte dello Stato kazako di “provvedere da sé” per quanto riguarda la stabilità del budget (grazie alle entrate derivanti dalla vendita degli idrocarburi) fa sì che il governo non sia dipendente dai “vincoli democratici” quando si tratta di approntare delle decisioni di spesa. Una conseguenza di tutto ciò è che i faraonici progetti approvati dalla dirigenza politica nel recente passato hanno avuto a volte un impatto quanto meno dubbio (quando non del tutto inutile) sulla qualità della vita dei cittadini. A poco serve infatti che la capitale del Kazakistan (un tempo “Astana” ora dopo gli ultimi eventi ribattezzata “Nur-Sultan”) sia stata definita “La Mecca di tutti gli architetti” a causa dei suoi virtuosismi architettonici se poi il sistema sanitario viene regolarmente classificato come uno dei peggiori al mondo.

Resta ora da chiedersi una semplice quanto problematica domanda: quale strada intraprenderà ora il Kazakistan? Apparentemente l'epocale cambiamento al quale abbiamo assistito poco tempo fa è avvenuto all'insegna della “continuità”. Come già accennato di sopra, Nazarbayev non si è ritirato completamente dalla vita politica, rimanendo a capo sia del “partito di governo” Nur-Otan (“La Luce della Patria”) che del Consiglio di Sicurezza Nazionale, posizione quest'ultima che, a norma di costituzione, egli può occupare a vita. Inoltre, il suo successore alla presidenza del Paese è Kassym-Jomart Kemelevich Tokayev il quale ha già una notevole esperienza nell'esercizio del potere, avendo in passato ricoperto la carica di primo ministro e di consigliere del presidente. Non sorprende quindi che la blogsfera sia kazaka che russofona in generale sia piena di barzellette sul fatto che “un Nazarbayev” è succeduto a “Nazarbayev”.

Scherzi a parte, ad un osservatore esterno come l'autore dell'analisi in questione, la singolare “idea” di Nazarbayev ricorda molto sia il “tandem” sperimentato da Putin e Medvedev nel periodo tra il 2008 ed il 2012 sia l'ufficio dei “co-imperatori” caratteristico dell'Impero Romano e dell'Impero Romano d'Oriente nel corso della Tarda Antichità e del Medioevo, quando il vecchio imperatore “decadente” associava al trono il suo successore per testarne le capacità e abituarlo alla gestione del potere.

Vedremo se questo sarà l'ultimo capolavoro politico che Nazarbayev riuscirà ad estrarre dal suo “cilindro” di prestigiatore.

Foto: Presidenza Kazakistan / web