Se i soldati dell'esercito si nascondono e fuggono, che ne sarà di noi?

(di Federico Grazioso)
19/11/15

Il recente attacco terroristico di Parigi, rivendicato dai terroristi dell’IS, ha creato uno stato tensione che si è diffuso tra le popolazioni dei paesi europei e anche qui in Italia. Il governo ha adottato delle misure che hanno portato al rafforzamento dei controlli nelle città e nei luoghi pubblici di maggior pericolo incrementando anche la presenza delle forze dell’'ordine e dei militari. Ovvio che queste sono misure volte, in parte, a rassicurare l’opinione pubblica.

Tuttavia questi sforzi sembrano perdere la loro efficacia quando si leggono notizie, come quella pubblicata sull'’espresso online lo scorso 18 novembre e firmato da Gianluca Di Feo, che ci riporta un agguato in Libano ad alcuni soldati italiani
Di Feo riporta di un’'imboscata a un blindato Lince. “La pattuglia circondata da miliziani armati. Che hanno sparato ad altezza d'uomo. È la terza aggressione contro il contingente tricolore in pochi giorni. Il segno di quanto la tensione stia salendo anche lì”.

Quello che però stupisce e in parte sorprende è il comportamento dei nostri militari dell’'esercito che anziché rispondere al fuoco e sventare l'’imboscata, sembrerebbe, a quanto riporta l'’articolo, aver sparato in aria, vista la male parata, si siano rinchiusi all'’interno del mezzo e si siano fatti rubare la mitragliatrice che era posizionata sulla torretta del lince e alcuni giubbotti antiproiettili, lasciando fuggire gli assalitori. 
Moltissimi i post, critici, sul sito dell'’espresso in calce all’'articolo che commentano il comportamento ridicolo e incomprensibile dei nostri militari.

Ancora più ridicola (oppure volutamente ricercata dalla difesa per sminuire il caso)  sembra la risposta dello stato maggiore difesa riportata sul sito di repubblica.it secondo cui “sono in corso indagini da parte delle autorità libanesi per far luce sulla dinamica dei fatti” o anche peggio che il Gen Portolano comandante dell'Unifil “condanna l’'episodio insieme con le autorità libanesi”.

Ma quale condanna, quali indagini, qui bisogna riflettere:
Al di là delle critiche è inevitabile la domanda di come ci si possa fidare dei propri militari se questi, anziché confermare quello che l'’immaginario collettivo si aspetterebbe da loro cioè un comportamento risoluto e marziale, in grado di risolvere situazioni critiche e pericolose come quelle descritte nell’'articolo, essi fuggono e si nascondono.

Come potrebbe fidarsi un cittadino, vedendo i militari che in questi giorni pattugliano le strade e le piazze per garantirne la sicurezza, se questi poi si attengono come burocrati a delle regole che li rendono a dir poco ridicoli e non riescono neanche a difendersi anzi a farsi derubare?

Il Grande Generale parla di Militare del Futuro ma a cosa serve se manca l'elemento principale che tutti si aspetterebbero in un uomo in uniforme e cioè il buon senso, il coraggio, la risolutezza e non guasterebbe l'arditismo?

Che cosa ce ne facciamo in Italia di oltre 100.000 soldati terrestri se questi fuggono e si nascondono alla prima male parata?

Assistere a tentativi goffi di far credere all’'opinione pubblica che l’'esercito ha bisogno di esser rinnovato aumentandone le dotazioni tecnologiche aspirando al fantomatico Militare del Futuro, ipertecnologico, appare un po’ ridicolo, soprattutto alla luce di quanto accaduto in Libano, dove non credo che quanto accaduto sia dovuto alla mancanza di tecnologia ma piuttosto alla mancanza di buon senso e forse, mi sia consentito, anche un po’ alla  mancanza di coraggio e professionalità.

Quanto è accaduto a Naqura è increscioso per l'immagine stessa dell'Esercito, sarà dura recuperare e non servirà nemmeno mostrarsi per le strade, forse converrebbe nascondersi.

 

Gentile Federico, 30' dopo la pubblicazione della sua lettera i commenti su facebook erano 50 ed "intensi". E' facile indignarsi per una figura apparentemente poco marziale ma ricordiamo che quella libanese è un'area assai delicata con una stima diffusa tra la popolazione verso i nostri contingenti costruita in decenni di sacrifici (anche in termini di vite umane). Non posso poi che concordare con quanti hanno sottolineato come, dopo la fine fatta dai due fucilieri di Marina, fare anche solo il proprio dovere è quanto meno "complicato" e controproducente.

La speranza è che l'Italia, non tanto le regole di ingaggio, permetta un giorno di far fare ad un militare ciò per cui è addestrato. Evitando conseguentemente che altri colpi di pugnale arrivino alle spalle...

Andrea Cucco