Commemoriamo le vittime di oggi senza dimenticare i caduti di ieri

31/08/16

Carissimo direttore, domenica scorsa ho assistito alla diretta televisiva sulla manifestazione aerea di Jesolo.

Solitamente, quando c'è una manifestazione aerea con generosa  partecipazione del Reparto Sperimentale ci vado di persona, ma questa domenica proprio non potevo. Sapendo però che sarebbero intervenuti in trasmissione come ospiti alcuni miei ex compagni di corso d'Accademia, ho seguito con attenzione la (bella) diretta televisiva, che per una volta ha proposto qualcosa di diverso dai soliti palinsesti domenicali che ti fanno rimpiangere di essere rimasto a casa.

È stato spiegato in quella sede almeno qualche decina di volte che il nome "airshow" è stato abbandonato per l'occasione per rispetto alle vittime del terremoto di Amatrice. La profondità del gesto ha avuto anche una toccante evidenza dall'assenza (non sostituita, anzi amplificata da un collegamento telefonico del cap. pil. Luca Galli, in arte "Pony 7") che non ha potuto esibirsi insieme alle altre "Frecce Tricolori" nella parte conclusiva della manifestazione, essendo lui proprio di Amatrice e dovendo quindi essere presente nei Suoi luoghi e vicino ai Suoi cari.
L'occasione stata anche utile a far conoscere ai tanti telespettatori ruoli, compiti ed organizzazione dei tanti reparti dell'Aeronautica Militare.
Tutto bellissimo e perfetto. O quasi.

Si , perché il caso vuole che domenica scorsa fosse il 28 agosto, e questa è una data che porta con sé il ricordo di un altro grave lutto: quello dei 70 morti e 346 feriti dell'incidente avvenuto all'airshow (o manifestazione aerea che dir si voglia) di Ramstein, nel 1988...

70 morti e 346 feriti fra cui dei mutilati, oltretutto provocati (seppure accidentalmente) da quella stessa Pattuglia Acrobatica Nazionale, che in quell'incidente perse 3 dei suoi migliori piloti di sempre, e nemmeno un adeguato ricordo a riguardo, nonostante che la distanza ogni volta maggiore dal pubblico (violata solo dalla nuova traiettoria dell'attuale solista nel "Crazy Flight") sia proprio conseguente a quell'incidente.

Capisco benissimo che tutta l'attenzione mediatica del momento è catalizzata da questo terribile evento sismico, ma la domanda che mi viene spontanea é la seguente: non sarà mica che i 300 morti di questo terremoto verranno dimenticati come quei 70 di Ramstein non appena il loro sacrificio non farà più notizia?

Detto questo, ricollegandomi concettualmente ad un'altra mia lettera sul tema del ricordo dei caduti, allego una fotografia dei resti dei 3 MB-339 di quell'incidente, conservati in un museo vicino a Rimini a mo' di monumento ai defunti provocati da quell'incidente.

Cordiali saluti.

Andrea Troncone

  

06/09/16 - Gentilissimo direttore, faccio seguito alla mia lettera di qualche giorno fa, per aggiungere a una doverosa precisazione.

Una lettera è un’opinione personale (condivisibile o meno), mentre un articolo, quando fatto in forma seria ed onesta, è una descrizione oggettiva di una qualche realtà.

La mia lettera, dopo essere stata pubblicata e posta in evidenza (considerazione di cui non posso che essere lusingato) si è però trasformata in un articolo, quindi SE C’È UN ERRORE, QUESTO DEVE ESSERE RETTIFICATO in virtù dell’assoluta oggettività che un articolo deve descrivere, ed è per questo motivo che torno a scrivere sullo stesso argomento.

Vengo subito al nocciolo della questione.

Un mio amico, dopo aver letto che lamentavo la mancata commemorazione delle vittime di Ramstein durante la manifestazione aerea di Jesolo dello scorso 28 agosto, mi ha fatto notare che in realtà quelle vittime erano già state commemorate qualche giorno prima, in una commemorazione congiunta con quella per i due equipaggi dei Tornado scontratisi in volo due anni fa nel cielo di Ascoli Piceno.

In tutta onestà, quando ho scritto la lettera che avete pubblicato, di questa commemorazione congiunta non ne sapevo assolutamente nulla. La data di quella cerimonia (se non erro, il 19 agosto) mi vedeva mentalmente molto distante dal pensare ad altro che non fosse una piacevole vacanza al mare, e non ho letto né le Vostre puntuali segnalazioni di analoghe commemorazioni, né analoghi dispacci di altra fonte, ivi comprese quelle istituzionali.

Come desumibile da altre cose che ho scritto in passato (scritte questa volta in forma di articolo, non di lettera), ho da sempre “il dente avvelenato” dal mancato ricordo dei caduti a causa di una brutta questione di famiglia, riconducibile a questo tema. Ma non è questa la circostanza per ritornare su quel mio articolo. La descrizione di questa mia predisposizione d’animo può però forse aiutare a comprendere come il non aver saputo di quella precedente commemorazione delle vittime di Ramstein e viceversa l’aver assistito, nella data del suo anniversario, alla sola commemorazione delle vittime del terremoto, mi abbia spinto a scrivere per condividere con Voi un pensiero spontaneo, ma evidentemente affetto da un vizio di forma.

Con “il senno di poi” penso che il fine di massimizzare la raccolta di fondi perorata da ogni fonte di informazione sin dall’indomani di quel maledetto evento sismico, possa quindi anche giustificare la focalizzazione su questo unico obiettivo, mentre come ho in parte accennato nella mia stessa lettera, il ricordo di Ramstein è implicitamente testimoniato ad ogni manifestazione aerea dalla sempre maggiore distanza dal pubblico per garantire la sua sicurezza, a discapito della spettacolarità dell’esibizione. Quindi è un ricordo certamente tragicamente vivo anche quando non è pubblicamente ricordato.

Porgo quindi le mie pubbliche scuse a chi dell’Organizzazione della Manifestazione aerea di Jesolo abbia deciso di concentrare tutta l’attenzione verso le vittime del terremoto, a soli quattro giorni di distanza dalla sua comparsa distruttiva e nel bel mezzo, quindi, della fase più operativa dell’opera di soccorso.

Del mio precedente scritto restano le parole di apprezzamento per un’organizzazione che ha fatto una bella opera di divulgazione (e non di propaganda) e contribuito a sensibilizzare tutti verso una fraterna solidarietà.

In fede,

Andrea Troncone