Terrorismo 3.0

12/01/15

L’omicidio dei vignettisti francesi di Charlie Hebdo avvenuto il 7 Gennaio 2015 ad opera di tre cittadini francesi di religione islamica ha ridestato l’attenzione della comunità internazionale nei confronti di un fenomeno molto delicato e difficilmente definibile come il terrorismo di matrice politico – religiosa.

Tale fenomeno è una manifestazione umana che molto probabilmente continuerà ad esistere e che si evolverà contemporaneamente all’uomo inteso nella sua forma antropica.

Prospettare un evoluzione del fenomeno risulta essere un’impresa alquanto audace data la sua intrinseca imprevedibilità, e realizzare un’analisi esplicativa o predittiva di carattere strategico – operativo è di certo una sfida prospettivamente ambiziosa.

Qualora si voglia comunque tentare l’impresa è fondamentale fissare alcuni punti.

La minaccia terroristica futura sarà sicuramente diversa da quella che gli eventi dei primi anni del nuovo secolo hanno impresso nella mente delle persone e i fatti del 7 Gennaio 2015 di Parigi lo dimostrano.

La frammentazione in più gruppi di Al Qaeda e la fisiologica difficoltà di trovare un leader tanto carismatico quanto lo era bin Laden che prenda le redini dell’organizzazione e riesca a ri-convogliare l’intero ventaglio di gruppi nati più o meno recentemente in un unico macro gruppo verticisticamente strutturato sembra condurre alla conclusione che ciò che gli analisti si troveranno davanti nel prossimo futuro sarà uno scenario ancora frammentato, in cui l’articolazione in franchising del brand terroristico continuerà a prevalere.

Il fallimento delle aspirazioni “primaverili” ed il vuoto di potere lasciato in alcuni importanti Stati arabi dalle rivoluzioni iniziate nel 2011 hanno contribuito a creare terreno fertile per gruppi criminali e terroristici che intendono portare avanti il proprio disegno strategico. La caduta dei vertici del potere che per decenni avevano governato indisturbati Stati quali la Libia, l’Egitto, la Tunisia ed altri non ha avuto come conseguenza il passaggio ad uno Stato democratico fondato concretamente su idee quali democrazia, libertà e crescita economica. La fine consequenziale di regimi che seppure pseudo dittatoriali garantivano un certo livello di ordine e di sicurezza nei vari Paesi, e che è costata anche la vita a numerose persone, non è stata seguita, almeno per ora, dalla conquista di una stabilità governativa tale da soddisfare le esigenze delle nuove generazioni di egiziani, libici, tunisini o siriani che hanno dato il via ai cambiamenti in oggetto.

La disoccupazione, l’immobile crescita economica, l’assenza di diritti civili, ed il gap con i Paesi occidentali e democratici presi come soggetti ispirativi, almeno per quanto riguarda la teoria dei propri valori democratici, non stanno facendo altro che aumentare il senso di insoddisfazione e frustrazione di popolazioni che nel rovesciamento dell’ ancient régime vedevano la luce di una nuova era di sviluppo e di benessere. Il senso di impotenza e di mortificazione, umiliazione e delusione nei confronti delle fallite prospettive immaginate non è altro che il carburante per attribuire ai gruppi terroristici una spinta propulsiva in luoghi dove la gestione severa della società proteggeva da fenomeni come il terrorismo stesso. La debolezza degli Stati cd. falliti o in preda a guerre civile particolarmente cruente, accompagnati dalla crisi finanziaria, è sfruttata dai terroristi e dalle petromonarchie loro finanziatrici, per allargare il proprio spazio geostrategico e la propria rete di franchisee aderenti alle cause radicaliste.

L’evoluzione del fenomeno terroristico risulta essere, ad oggi e nel futuro, maggiormente complesso rispetto a quanto non lo fosse nel passato. Questo perché la tecnologia e le nuove tecniche di comunicazione globale sono state acquisite anche dai gruppi terroristici. La diffusione di internet, dei social network quali facebook e twitter, nonché l’utilizzo di forum, blog, chat e youtube, ha consentito a tali organizzazioni di estendere la propria platea di uditori anche in luoghi e contesti prima difficilmente raggiungibili.

La propaganda, la disinformazione ed il proselitismo veicolato dal web risulta essere uno degli strumenti principali attraverso i quali oggi, nel XXI secolo, operano i terroristi. La predicazione di un ritorno alle origini e all’osservanza più rigida del Corano perseguita dai gruppi sunniti wahabiti, che si rifanno alla scuola giuridica Hanbalita, non ha impedito loro di sfruttare al meglio le tecnologie occidentali frutto di un’ideologia e di un progresso a base capitalista. Ed è proprio l’utilizzo di tali tecnologie il punto fondamentale per realizzare una previsione circa il futuro sviluppo del fenomeno in oggetto. In primis perché anche attraverso la rete è già oggi in atto una guerra di intelligence, in secundis perché l’uso tattico e strategico delle tecnologie informatiche può consentire la disseminazione del messaggio radicale islamico anche fuori dai territori musulmani approdando in contesti occidentali facendo così proseliti sia di origine europea o anglosassone, sia di origine islamica ma di secondo o terza generazione. Riguardo il primo punto si ha a che fare con quello che può essere definito come “affanno informativo” dei sistemi di sicurezza occidentali attraverso l’immissione nel sistema di input diversi consistenti in messaggi cross-mediali, allarmi procurati e propaganda a guida remota. La guerra di informazioni che si svolge all’interno della realtà virtuale fa da sfondo a quello che poi si verifica nella realtà concreta. I vari messaggi circolanti nei forum, ad esempio, devono essere costantemente monitorati al fine di carpire informazioni utili per sventare un attentato o per capire se vi sono elementi utili ad anticipare le mosse dei vari gruppi terroristici o, ancora, per interpretare nel modo più corretto possibile le dinamiche interne dei vari gruppi. Cosa molto difficile da realizzare perennemente.

Per quanto riguarda il secondo punto il web risulta essere lo strumento più potente per fare proselitismo e assorbire alla causa islamica un numero sempre maggiore di adepti. Né è una testimonianza il fenomeno del reducismo, il quale rappresenta il momento finale di un percorso che prevede una fase iniziale in cui il soggetto “occidentale” che si affaccia all’Islam intraprende un autonomo percorso di avvicinamento alla fede anche attraverso il mezzo della rete.

I combattenti che dopo aver svolto un periodo di “tirocinio” più o meno lungo nei territori oggetto di scontri ritornano in patria (i cd. Foreign Fighters) saranno sempre di più e nel tempo diventeranno una reale minaccia per i governi occidentali come infatti dimostrano i fatti di Charlie Hebdo.

Analizzando questo fenomeno sembra che il terrorismo di matrice politico – religiosa stia acquisendo una sorta di capacità expeditionary in grado di proiettare personale, addestrato e formato nei luoghi caldi del pianeta, in occidente al fine di effettuare attentati; il tutto sfruttando l’uso dei passaporti europei in possesso di queste persone che garantiscono loro l’elusione dei controlli alle frontiere europee (Schengen).

E’ attualmente in atto uno sviluppo multi fronte di queste organizzazioni particolarmente delicato.

Un terrorismo diverso rispetto a quello degli anni 70 – 80 o rispetto a quello dei primi anni del nuovo millennio. Un terrorismo versione 3.0. Un fenomeno che si sta evolvendo molto più rapidamente di quanto non lo stia facendo l’intero apparato politico – economico – sociale e militare dell’occidente.

La costante minaccia di azioni perpetrate da soggetti europei che vanno in medio oriente a combattere per poi tornare e quella proveniente da soggetti esterni (mai sopita) contribuirà a costringere i vari Stati oggetto di tali minacce ad innalzare sempre di più le proprie difese provocando un ingente dispendio di risorse economiche che andrà inevitabilmente ad incidere sul budget nazionale e sulla libertà dei cittadini con una conseguente ripercussione sulla vita degli stessi. Il senso di insicurezza e di frustrazione che ne scaturirà si scontrerà con il diverso senso di frustrazione delle comunità straniere che nel tempo si saranno stanziate nei territori europei. Si creeranno zone delimitate in cui vivranno queste persone e la differenza culturale con gli indigeni accrescerà intenti razzisti e di estrema destra da parte di gruppi che, aderendo ad un’interpretazione distorta del Cristianesimo, compiranno aggressioni sia contro gli extracomunitari che contro le istituzioni colpevoli di non essere state in grado di arginare il fenomeno e proteggere la popolazione. Il tutto calato in uno scenario politico interno dove la possibilità che i fronti nazionalisti acquisiscano sempre più forza provocherà un possibile squilibrio nei meccanismi di alleanze che, ad oggi almeno nel nostro Paese, sono fondamentali per governare con conseguente instabilità interna.

Dall’altra parte il senso di frustrazione per le umiliazioni subite e il fallimento integrativo all’interno della società ospite darà luogo al fenomeno riconducibile agli shaid afghani o palestinesi. L’unica via d’uscita da una realtà piena di insoddisfazioni e rabbia sarà aderire alla causa fondamentalista religiosa che offre, almeno nell’aldilà, una vita serena.

L’attuale dramma relativo ai numerosi sbarchi di migranti che dal Nord Africa approdano nelle regioni dell’Italia meridionale testimonia la criticità della situazione. I centri di accoglienza sono allo stremo e la situazione politica interna dei paesi di origine di queste persone non sembra migliorare nel breve – medio periodo. La minaccia di un terrorismo biologico dovuto al trasporto e alla trasmissione di malattie infettive da parte dei migranti è molto elevata e ciò non farà altro che aumentare il senso di insicurezza delle popolazioni locali con le conseguenze appena descritte.

E’ verosimile prevedere che i nuovi gruppi terroristici, ognuno con un proprio leader di nuova generazione, spesso colto ed istruito, o le stesse cellule dormienti europee, cercheranno di intraprendere e di realizzare un progetto locale più che globale che li vedrà strutturati sulla base di una compartimentazione finalistica in cui ognuno perseguirà lo scopo globale nel suo contesto locale con la finalità ultima di destabilizzare gli ordinamenti occidentali e contestualmente portare avanti sia una ideologia religiosa, che vede l’Islam come religione mondiale, sia una volontà nazionalista (ma sarebbe più corretto chiamarla globalista) che assume una posizione di coerente conseguenza con il primo fine attraverso la realizzazione di un califfato islamico che ricomprenda, oltre alla cd. Umma islamica, anche i territori di stampo tradizionalmente occidentale nonché quelli di fede sciita riportando il tutto all’interno del dār al-Islām

Un espansione dell’Islam più radicale a macchia d’olio in cui, inevitabilmente per ragioni di dinamica dei fluidi, con il trascorrere del tempo tali macchie si espanderanno fino a toccarsi realizzando un più grande macchia globale; il tanto auspicato califfato che, grazie all’opera di ISIS e del suo leader carismatico, oggi sembra essere una realtà sempre più concreta e pericolosa.

In questo contesto non va escluso un ruolo sempre maggiore delle donne terroriste e dei bambini. Probabilmente, riguardo la prima figura, il progressivo utilizzo di donne in operazioni aggressive su territori da conquistare sarà incrementato dal trasferimento volontario di donne europee nei teatri operativi al fine di combattere per il califfato oppure mediante il plagio di ragazze legate a soggetti musulmani che si convertono all’islam radicale per seguire il destino del proprio compagno.

La scorsa estate sono apparsi video che mostravano una ragazza inglese di 22 anni, trasferitasi in Siria con il marito musulmano, augurarsi di essere la prima donna a decapitare un occidentale. Alla fine del training sul campo, o in rete, queste persone saranno pronte a tornare nei propri Paesi di origine, rivestire abiti occidentali, e compiere indisturbate un attentato mescolandosi sagacemente nella folla.

Per quanto riguarda i secondi, le immagini recentemente mostrate al mondo testimoniano la presenza all’interno dei gruppi terroristici di bambini molto piccoli, 8 – 10 anni, già convinti della loro fede islamica e pronti ad uccidere ogni infedele che si posizionerà sulla strada verso l’obiettivo finale. L’opera di indottrinamento di bambini molto piccoli o di adolescenti, sia europei che mediorientali, (anche in questo caso realizzabile comodamente da casa attraverso siti internet o videogiochi) è un elemento molto pericoloso in quanto si modella la mente malleabile di un bambino verso una forma distorta di religione e società. Ci si assicura così il futuro del progetto politico – religioso attraverso l’indottrinamento di un’intera generazione pronta a sacrificare la propria vita e ad uccidere brutalmente in nome di un ideale per il quale, come saggiamente sottolineato dal Presidente U.S.A. Barak Obama, oggi, nel XXI secolo, non c’è assolutamente posto.

Inoltre, la possibile sfida tra istituzioni terroristiche con visioni divergenti relativa al primato di incisione nel mondo occidentale porta a suggerire un ripensamento degli strumenti a nostra disposizione per fronteggiare un fenomeno che lungi dall’essere fermato. L’unità politica a livello europeo appare essere il primo passo verso l’efficace contrasto del fenomeno in oggetto.

Non si tratta di ipotesi frutto di un semplice esercizio intellettuale. Molto di quanto delineato è già in atto ed è imperativo trovare una soluzione efficace al problema prima che anche l’occidente venga contagiato dall’instabilità dei Paesi attualmente in crisi.

Andrea Strippoli Lanternini