Il rapporto istituzioni e Forze Armate nella sintesi scultorea di Giulio Monteverde

(di Ivano Fiorentino)
24/11/16

Quando si parla di unità nazionale in genere si tende a ricordarne i principali protagonisti. Affianco ai nomi di Cavour, Garibaldi, Gioberti…. i primi decenni della storia unitaria italiana sono stati intimamente legati alla figura di Vittorio Emanuele II. Lapidi, monumenti, piazze, strade e perfino città furono dedicate al primo sovrano del Regno d’Italia.

Quando il 4 giugno 1911 fu inaugurato il Vittoriano per celebrare i primi 50 anni dell’unità nazionale, di fatto l’Italia territoriale non era ancora del tutto compiuta. Potrebbe apparire solo una mera casualità, ma solo dopo anni di una logorante guerra, la conquista delle terre irredente si ottenne a circa 600 km dalla capitale nell’ottobre-novembre 1918, con la battaglia Vittorio Veneto.

La successiva “quadratura del cerchio” si avrà poi nel 1921, con la trasposizione delle spoglie del milite ignoto presso il Vittoriano. Da quel momento, al di là delle ricostruzioni ideologiche o manipolazioni propagandistiche, il “foro patriottico” diventò inequivocabilmente non più un monumento regale, ma il principale luogo della memoria nazionale. Dove le massime autorità dello Stato rendono un reverente omaggio a tutti i caduti per la Patria.

L’Altare della Patria costituisce la sintesi perfetta del connubio Istituzioni, Forze Armate e Amor di Patria. A questo punto sarebbe interessante indagare in quale misura questo sentimento sia condiviso e diffuso nel tessuto sociale nazionale.

Tra poco si andranno spegnendo i riflettori sulle celebrazioni in ricordo della Grande Guerra. Invece, è auspicabile l’avvio di un nuovo ciclo di iniziative di carattere culturale per ridare impulso alla memoria della giornata dell’unità nazionale e delle sue Forze Armate. Un evento che rischia di diventare addirittura anacronistico o “settario”, soprattutto se le esigenze della società vanno mutando.

Nel corso dell’ultimo secolo, nonostante i numerosi accadimenti epoch making, mentre le istituzioni hanno subito sostanziali trasformazioni, le nostre Forze Armate sono rimaste immutate in valore assoluto. Certamente gli impegni operativi e il modo di fare la guerra non sono più gli stessi. Da strumento in potenza, si è passati a un dispositivo moderno, professionale, interoperabile e proiettabile. Eppure come è stato puntualizzato di recente dal vertice politico, i valori di un tempo continuano ancora oggi ad animare donne e uomini con le stellette.

Mancano di fatto due anni per il centenario della fine delle ostilità. L’11 novembre 1918 ha rappresentato una tappa fondamentele per l’assestamento territoriale, storico, sociale e istituzionale dell’intera vecchia Europa. In questa prospettiva, alla luce delle trasformazioni nazionali e mondiali, diventa essenziale indagare la storia allo scopo di identificare le nostre radici e il significato più profondo di quel periodo. Un “nocciolo duro” di lezioni identificate che possano essere utili per le generazioni future.

Con riferimento all’attuale arena internazionale, a causa di un’elevata dinamicità ed entropia, il futuro prossimo venturo sembra essere caratterizzato da numerose incertezze. E sotteso a questo arco tematico emerge, per esempio, il rischio di una compromissione del rapporto ottimale tra Istituzioni e Forze Armate.

Una tematica di grande attualità che richiede lo sviluppo di ulteriori riflessioni. Gli spunti per farlo sono davvero tanti e l’arte ci viene incontro. Per rimanere in tema, lo scalone principale e la prima balaustra del Vittoriano sono ornate da sei gruppi di statue simboleggianti i “valori civili” del popopolo italiano. Tra queste quella più significativa per le finalità di questo lavoro è l’opera bronzea di Giulio Monteverde: il “Pensiero”.

Terminata nel 1911, il “Pensiero” si mostra ricca di significati che vanno ben oltre la prospettiva artistica. Da un punto di vista simbolico, infatti, sono ben visibili elementi che rimandano alla filosofia mazziniana.

Seguendo il suo eccezionale stile scultoreo di stampo rinascimentale, Monteverde è riuscito a cogliere l’attimo: il compimento del processo risorgimentale e dunque della nascita dell’Italia unita. Dopo secoli di sottomissione, finalmente libero, il pensiero (nelle sue diverse forme) dischiudeva le ali e guidava il popolo verso nuove grandi imprese. Una di queste, come accennato, fu il completamento del processo unitario e la conquista delle terre irredente.

Per conseguire e mantenere la condizione di libertà, era necessario dotarsi ed investire in un Esercito regolare. Nella visione dell’artista piemontese ecco che l’angelo della guerra presenta una duplice postura. Serrato dietro lo scudo ha un atteggiamento difensivo. Al tempo stesso, affilando la lama della spada, si mostra pro-attivo per la salvaguardia delle libere Istituzioni.

Osservandola nella sua interezza, appare chiaro che in questa composizione nulla viene lasciato al caso. I volumi, le figure, le posizioni, le simmetrie e i loro movimenti sono dosati con sobrietà e in modo magistrale. E affinché tutto funzioni, le Istituzioni Politiche democratiche hanno il compito di guidare le Forze Armate. Un’alchimia perfetta che deve essere costantemente animata da un terzo elemento: l’amor di Patria. Un sentimento che rimanda di fatto all’unità nazionale, essenziale per convogliare e armonizzare le energie fattive della società. Pertanto, la lotta agli sterili campanilismi (rappresentata dalla Discordia) diventa necessaria per evitare la germinazione di divisioni interne. Una pericolosa premessa per le derive tiranniche/totalitarie, che ancora oggi minacciano la stabilità e l’ordine mondiale.

Alla luce della presente ricostruzione simbolica, l’opera monteverdiana, incentrata saldamente sul rapporto indissolubile tra i due geni della società (“pensiero” e “guerra”), si spoglia dei tradizionali riferimenti spazio-temporali. E, in una prospettiva utopica, stimolando la ricerca di una dimensione di pace estendibile a livello mondiale, assume addirittura una portata universale.

Dunque, travalicando i tradizionali canoni della rappresentazione storica, e svolgendo parimenti una funzione predittiva, la sintesi scultorea di Monteverde si erge inequivocabilmente quale straordinaria testimonianza del nostro patrimonio storico-culturale, da esaltare e rivalutare. 

(foto: DO)