Cosa sono i modelli di simulazione: il contesto della difesa

(di Stefano Avolio)
16/02/23

Abbiamo visto, nel precedente articolo, cosa sia un modello di simulazione e come, nel corso del tempo, la pratica della modellazione e della simulazione abbia rivestito una crescente importanza in vari contesti. Soffermiamoci ora sull’attuale impiego del modeling & simulation nel mondo della difesa.

Perché si usano le simulazioni nel settore della difesa

Cominciamo a considerare gli scopi della simulazione. In estrema sintesi possiamo affermare che oggi si simula essenzialmente per raggiungere uno di questi 4 obiettivi:

A) L’addestramento del personale militare

B) La ricerca e l’elaborazione di strategie/tattiche vincenti in scenari noti

C) La definizione delle caratteristiche di nuovi sistemi

D) La validazione di nuovi sistemi

Vediamo di seguito ("figura 1") in cosa consistano le 4 dimensioni di uso sopra elencate. E per farlo consideriamo una simulazione generica, quella di un sistema di difesa aerea come quello nello schema (vedi immagine seguente). Si tratta di una schematizzazione molto semplicistica che prevede un modello di un comando e controllo (il primo sulla sinistra, in figura), il modello di un lanciatore di missili, di un radar, di un missile intercettore e di una possibile minaccia (l’ultimo quadratino azzurro in figura, all’estrema destra). Tali modelli di oggetti reali sono collegati, nella simulazione, da una infrastruttura di comunicazione (il blocchetto arancio di figura) capace di farli dialogare tra loro al fine di costruire una unica simulazione coerente di una interazione del sistema di difesa con la minaccia aerea.

Per capire come si usa una simulazione per conseguire l’obiettivo A, l’addestramento del personale1, possiamo immaginare l’esigenza di far esercitare un operatore del sistema d’arma modellato nell’esempio (vedi immagine seguente "figura 2"). Immaginiamolo interagire direttamente con il modello del comando e controllo, immaginiamo che il simulatore sia alimentato con gli scenari di simulazione tipici di un ingaggio di una minaccia ostile e assumiamo che il sistema consenta di registrare le interazioni dell’operatore e gli esiti della missione di ingaggio per una successiva post-analisi del comportamento dell’operatore (quanti aerei ostili è riuscito ad ingaggiare? Con quale esito? Quale operatore è stato più bravo per una data serie di scenari? Come mai?). In ambito internazionale questo obiettivo è noto come Education, Training, Exercise and Evaluation (ETEE).

Per capire come si usa una simulazione nell’ottica del conseguimento dell’obiettivo B, la ricerca e l’elaborazione di strategie/tattiche vincenti in scenari noti, dobbiamo immaginare di poter disporre di dati di intelligence che ci consentono di modellare un nuovo modello di minaccia. È lecito chiedersi come, a parità di altre considerazioni, sia opportuno configurare il sistema per rispondere meglio, cioè per essere più efficace, per tale tipo di minaccia: come disporre i lanciatori? Come disporre i radar? Quale dottrina di fuoco è più efficace? Qual è il comportamento più corretto degli operatori? Una situazione simile è schematizzata nella figura seguente ("figura 3").

Per capire come mai si usi una simulazione per conseguire l’obiettivo C, ossia la definizione delle caratteristiche di nuovi sistemi, possiamo nuovamente fare riferimento ad uno scenario come quello nell'immagine precedente ("figura 3"). Supponiamo di venire a conoscenza, tramite dati di intelligence, di una nuova minaccia di un potenziale nemico. Eseguiamo delle simulazioni con i modelli dei sistemi d’arma a nostra disposizione e scopriamo che il sistema a nostra disposizione non è idoneo ad assicurarci un soddisfacente grado di protezione dalla nuova minaccia. Potendo approvvigionarci di un nuovo sistema d’arma, o potendo evolvere quello esistente, in che direzione ci muoviamo? Può bastare un radar più performante, capace di vedere prima e meglio la minaccia, o di un missile intercettore più manovrante, o capace di raggiungere altezze/distanze aumentate rispetto a quello esistente? Per rispondere a tali domande, e quindi elaborare una richiesta di offerta per un sistema evoluto ed ottimizzato per rispondere alle nuove esigenze della forza armata, la simulazione è uno strumento utilissimo e spesso insostituibile.

E infine proviamo ad immaginare come possa essere utile un sistema di simulazione per raggiungere l’obiettivo D, ossia la validazione di nuovi sistemi. Continuando l’esempio precedente, possiamo provare ad immaginare di avere effettivamente ricevuto un sistema (o un sottosistema) migliorato al fine di contrastare una nuova tipologia di minaccia. Ipotizzando che il sistema che abbiamo deciso di acquisire sia un nuovo radar, possiamo immaginare che, oltre che il radar stesso, possa anche essere fornito un modello del radar, modello idoneo a far parte della nostra simulazione2. Con tale modello si può rieseguire la simulazione per verificare le prestazioni del sistema finale migliorato e validare quindi il sistema stesso al fine di constatare l’effettiva rispondenza alla necessità di fronteggiare la minaccia evoluta (vedi immagine seguente "figura 4").

Altro caso che rientra nell’obiettivo D è quello della integrazione di un sistema complesso di cui è richiesto lo sviluppo da zero. Di solito, quando si progetta un sistema completamente nuovo, si parte con il progettare una simulazione globale del sistema stesso finalizzata a mettere a punto i requisiti di dettaglio e sviluppare gli algoritmi di ogni sottosistema (esattamente la situazione del primo schema dell'articolo). Una volta che, completato lo sviluppo, i vari sottosistemi saranno stati effettivamente realizzati con l’HW reale (almeno in forma prototipale), tali prototipi si sostituiscono, prima una alla volta (vedi immagine seguente "figura 5"), poi gradualmente tutti, ai sottosistemi originalmente concepiti in simulazione. La simulazione si trasforma cioè in un vero e proprio strumento di test, validazione ed integrazione utile a verificare quanto si discosti il sottosistema realizzato da quello originariamente concepito (concetto di HW in the loop).

Tipologie di simulazione

Esistono molti modi di differenziare i tipi di simulazioni che si usano in ambito Difesa. Una classica differenziazione è tra simulazioni Constructive, Virtual e Live:

  • Constructive: una simulazione in cui sono simulati sia i sistemi che il comportamento degli operatori delle unità (operatori il cui comportamento è rappresentato da modelli)3. Il sistema di simulazione come quello di "figura 3" può rispondere a questo tipo di definizione, se si immagina che l’intervento umano si limiti a modificare quelli che sono stati identificati come “dati di configurazione” (per esempio decidendo il dispiegamento degli elementi sul terreno o a decidere la comparsa ad un certo istante durante la simulazione di una minaccia che abbia un comportamento prestabilito). In una simulazione constructive di fatto tutto è simulato (normalmente tramite computer), e nessun elemento reale interagisce con la simulazione.
  • Virtual: In questo caso abbiamo i sistemi simulati controllati da persone reali (Human in the Loop). Quanto descritto in "figura 2" può essere un esempio calzante.
  • Live: In questo caso, in aggiunta al caso Virtual, possiamo avere anche sistemi reali (come già richiamato il concetto è di HW in the loop). Si consideri, ad esempio, il caso di "figura 6" (immagine seguente) in cui invece di un radar simulato, abbiamo un radar reale capace di inviare i dati al comando e controllo simulato, e abilitato a ricevere sia le tracce reali che quelle simulate (Sim over live).

La classificazione appena esposta ha una valenza storica (figura sui primi documenti del DOD USA dai primi anni 90) ma oggi appare, per molti versi, superata. Qualche considerazione sulle varie configurazioni si può comunque fare.

Una simulazione constructive assicura sicuramente risultati più ripetibili, è relativamente più economica rispetto alle altre (non ci sono oggetti reali, è tutto simulato su dei computer) ed è più adatta a studiare il comportamento teorico del sistema modellato (per esempio: definizione dei requisiti, definizione di strategie, valutazione di debolezze). La fedeltà dipende dall’accuratezza dei modelli usati nella simulazione stessa.

Ma mano che si introducono elementi non simulati (cioè operatori reali, come nel caso della virtual simulation; o sistemi reali nella live simulation) la ripetibilità della simulazione è più difficile, se non proprio impossibile da raggiungere. Ma la rappresentatività, d’altro canto, migliora e rende la simulazione più adatta ad obiettivi diversi, come quelli della validazione di un nuovo sistema o dell’addestramento degli operatori.

Accenniamo anche brevemente alla tecnologia dei digital twins, letteralmente “gemelli digitali”, che consiste nel creare copie virtuali e digitali di oggetti reali, copie capaci di modellare opportunamente gli aspetti statici e dinamici. Tali copie digitali sono capaci di influenzare la simulazione nella quale agiscono, ovviamente, ma anche di trasferire alcuni effetti/risultati della simulazione sull’oggetto reale del quale sono copie. È una sorta di alternativa della situazione di "figura 6": invece di fare interagire la simulazione con un oggetto reale lasciandolo nel mondo reale, si traspone l’oggetto reale nel mondo simulato sostituendolo con il suo “gemello digitale”.

Occorre infine riflettere come, con l’avanzare delle ultime tecnologie e con il metaverso alle porte, risulti calzante la rappresentazione di "figura 7" (immagine seguente) che fa vedere, accanto alla classificazione tradizionale (parte inferiore della figura), la sovrapposizione dei concetti di Mixed Reality cui sempre di più ci dobbiamo abituare (per una trattazione sulle prospettive del metaverso è utile leggere lo studio Rif. 2) .

Figura 1 : Raffronto tra i concetti di Mixed reality (sezione a) e delle simulazioni (sezione b). Fonte: Rif. 3

È anche interessante una classificazione che differenzi le simulazioni in base alla categoria gerarchica dei sistemi simulati. La "figura 8" (immagine seguente, ripresa da Rif. 3) rappresenta sinteticamente una gerarchizzazione dei vari tipi di simulazione, mettendo in evidenza i livelli di aggregazione, la risoluzione/fedeltà, l’area di azione simulata (e riportano ad esempio alcune simulazioni note in ambito difesa USA).

Il nostro esempio di "figura 1" si collocherebbe al penultimo livello di aggregazione, quello “Mission”. Al livello più in basso (engagement) si può immaginare il modello di un singolo intercettore, o di un radar. A livello ancora inferiore (engineering) ci sono i modelli di sottosistemi (per esempio: il modello di un seeker4 di un missile).

I livelli posizionati più in basso, nella "figura 8", sono più adatti a raggiungere gli obiettivi C e D (definizione dei requisiti e validazione) e proprio per questo sono chiamati di livello “Engineering”.

La "figura 8" ci introduce, in modo naturale, ad affrontare il tema della interoperabilità. L’interoperabilità è un concetto vasto, ed esprime la capacità di un sistema di interagire correttamente con altri sistemi. L’interoperabilità è diventato un requisito che da tempo i sistemi d’arma devono soddisfare, ed è un presupposto per le network enabled capabilities e le operazioni multidominio. Se da una parte i sistemi d’arma devono interagire tra di loro, si capisce parimenti, anche semplicemente guardando la "figura 8", come anche le simulazioni (o meglio: i modelli su cui le simulazioni sono basate) debbano farlo, sia per la necessità di aggregazione di modelli diversi in una simulazione che consideri diversi sistemi simulati che interagiscono, sia per la necessità di riuso dei modelli5.

Un esempio facile da capire è quello della modellazione degli oggetti che animano lo spazio di battaglia: se un sistema vede una certa minaccia, un sistema schieratogli nelle vicinanze deve vedere la stessa minaccia (a meno delle diverse caratteristiche dei sensori).

Da questa considerazione si capisce che nasce l’esigenza di definire a) un linguaggio di scambio dei dati simulati e b) una architettura SW che consenta alle varie simulazioni di interoperare. A risolvere questo tipo di problematiche, come quelle di federazione di oggetti di un diverso livello gerarchico, possiamo ormai considerare standard de facto sia il DIS (Distributed Interactive Simulation, lo standard IEEE per condurre simulazioni attraverso piattaforme diverse) che l’HLA (High Level Architecture, che è lo standard architetturale per il disegno di simulazioni distribuite).

(continua)

Leggi la prima parte "Cosa sono i modelli di simulazione: origine ed evoluzione"

Leggi la terza parte "Cosa sono i modelli di simulazione: i centri di simulazione in Italia e nel mondo"

Riferimenti

1 INTRODUCTION TO MODELING AND SIMULATION, Anu Maria

2 Metaverso e Sicurezza Nazionale, Istituto Italiano Di Studi Strategici, Fabio Vanorio

3 Open Challenges In Building Combat Simulation Systems To Support Test, Analysis And Training, 2018 Winter Simulation Conference (WSC), Andreas Tolk - Raymond R. Hill - Douglas D. Hodson - Jeremy R. Millar

Note

1 Concetto affine è quello definito in inglese dal termine “Mission Rehearsal”, cioè prova della missione

2 Spesso vengono commissionate al fornitore diverse versioni del modello, intese a riflettere il grado di avanzamento del progetto del sottosistema. In tal modo si possono avere ritorni intermedi, prima che il progetto finale sia rilasciato, così da poter verificare la bontà delle evoluzioni richieste e, se opportuno, poterle correggere in fase di disegno del nuovo prodotto, quando il costo delle modifiche è ancora ragionevole.

3 Non vengono simulati i comportamenti dei comandanti, deputati all’esercizio della funzione di Comando e Controllo delle unità dipendenti

4 Il sottosistema di inseguimento del bersaglio

5 Sul riuso dei modelli di simulazione occorre comunque essere cauti, ed avvertire il lettore che non è sempre possibile il riuso tra modelli nati per due simulazioni di livello gerarchico diverso, o anche dello stesso livello gerarchico. Esistono problemi di livello di fedeltà, di requisiti di esecuzioni, ed altro, che spesso rendono impossibile il riuso. Si ovvia o semplificando il modello, o riprogettandolo, o anche semplicemente usando nel contesto di una simulazione di livello gerarchico superiore i dati della simulazione più accurata.

Foto: U.S. Air Force / autore