Angela Pellicciari
Ed. Ares, Milano 2011
pagg. 287
L’autrice, storica del Risorgimento, in questo suo saggio, elaborato in occasione dei 150 anni dall’unità d’Italia, andando controcorrente, dà una versione, sul periodo storico esaminato, totalmente differente dalla comune visione.
“L’immagine del Risorgimento che ci è stata tramandata è quella voluta da coloro che lo hanno costruito: i governanti dl Regno di Sardegna, innanzi tutto…” Molti, però, sono i fatti rimasti senza spiegazione, come, ad esempio, “la prima seria persecuzione anticattolica dall’epoca di Costantino, immediatamente estesa al resto d’Italia dopo l’unificazione”, scatenata dal governo sardo in Piemonte, nonostante il primo articolo dello Statuto del regno reciti “la religione cattolica apostolica romana è l’unica religione di stato.”
Viene decisa la soppressione – che inizia nel 1848 e finisce nel 1873 - di tutti gli ordini religiosi, con 57.492 persone, fra uomini e donne, messe sul lastrico. “In questo secolo la storiografia liberale sia laica che cattolica ha dato voce alle dichiarazioni di intenti della classe dirigente risorgimentale ma ha dimenticato i fatti ed ha messo la sordina alla stampa e alla storiografia cattoliche dell’Ottocento col risultato che, oggi, si conoscono solo le ragioni dei liberali, cioè dei vincitori.” Pio IX e Leone III, però, vedono nel Risorgimento un tentativo di sterminare la religione di Gesù Cristo, “voluto e promosso dalla Massoneria nell’intento di distruggere il potere spirituale usando come grimaldello il potere temporale.”
Il 1848 comincia con il re delle Due Sicilie, Ferdinando II che, il 29 gennaio, concede la Costituzione, seguito a ruota dagli altri sovrani della penisola. Questo è anche l’anno della prima guerra d’indipendenza iniziata, contro l’Austria, il 23 marzo. Ma in quest’anno si combatte anche un’altra guerra, non dichiarata. Una “guerra sporca che, come prevede l’Istruzione della Carboneria, è condotta sotto le bandiere della menzogna, della calunnia e della diffamazione. Nel 1848 si combatte la guerra contro la Chiesa cattolica. […]”
Per Cavour, diventato presidente del consiglio nel 1852, politica estera e politica interna sono due facce della stessa medaglia: “entrambe funzionali all’unificazione italiana sotto il Piemonte, da realizzarsi sotto il patrocinio della grandi potenze liberali.” Per questo invierà 15.000 uomini in Crimea, su richiesta del governo britannico. Per questo, visto che il governo britannico desidera liberare l’Italia dall’oscurantismo cattolico, scatenerà una guerra contro la Chiesa cattolica, religione di stato del Piemonte, presentando, nel 1854, un progetto di legge per la soppressione di comunità e stabilimenti religiosi. “Tutto quello che si vede cade sotto l’influenza del potere temporale e quindi dello Stato; tutto quello che non si vede cade sotto la giurisdizione del potere spirituale e quindi della Chiesa. […] È evidente che se la Chiesa non può possedere nemmeno le case in cui vivono monaci e frati, figurarsi se può legittimamente pretendere al possesso di un intero stato.” Pertanto con questa legge verrà motivata giuridicamente la volontà predatoria del Regno di Sardegna nei confronti della Stato della Chiesa.
Appare chiaro, quindi, perché l’autrice, nel sottotitolo di questo saggio, parla di una guerra di religione dimenticata.
Gianlorenzo Capano