Ulteriore operazione dei carabinieri a Palermo. azzerati i mandamenti mafiosi di San Lorenzo e Resuttana

(di Arma dei Carabinieri)
05/12/17

I carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo, su delega della Procura distrettuale, stanno eseguendo un provvedimento restrittivo emesso dal GIP del Tribunale di Palermo nei confronti di 25 indagati, ritenuti a vario titolo responsabili di associazione mafiosa, estorsione consumata e tentata, danneggiamento, favoreggiamento personale, ricettazione, tutti commessi con l’aggravante del metodo e finalità mafiosi.

L’attività d’indagine rappresenta la logica prosecuzione delle pregresse operazioni condotte nei confronti degli affiliati ai mandamenti mafiosi di San Lorenzo e Resuttana, quali “David” (2005), “Eos“ (dal 2008 al 2010), “Oscar “ (2011) e, in ultimo, “Apocalisse” (giugno 2014).

Le risultanze investigative consentivano di:

  • documentare l’attuale riconducibilità del mandamento mafioso di Resuttana alla famiglia MADONIA, nonostante il decesso dello storico capomafia, Francesco MADONIA, il cui  controllo veniva mantenuto attraverso Sergio NAPOLITANO e Salvatore LO CRICCHIO, rispettivamente cugino e zio di Mariangela DI TRAPANI, moglie dell’ergastolano Salvatore MADONIA, detto Salvino;
  • individuare i nuovi reggenti dei mandamenti mafiosi di San Lorenzo e di Resuttana, già designati successori nella costanza della reggenza dei rispettivi predecessori;
  • trarre in arresto la componente soggettiva dei due mandamenti mafiosi attraverso cui venivano realizzate le finalità illecite dell’associazione mafiosa;
  • individuare i mandanti e gli autori di numerose estorsioni, tentate e/o consumate, nei confronti di imprenditori e commercianti della zona di riferimento, costretti al versamento a cosa nostra di somme di denaro per evitare ritorsioni che, in alcune circostanze, sono avvenute e sono state documentate;
  • delineare l’interesse di cosa nostra nell’ippodromo di Palermo;
  • tracciare i contorni dell’interesse mafioso verso il settore delle scommesse on line, attuato sul territorio mediante la logica dell’imposizione mafiosa.

Nello specifico, nel mese di agosto 2015 si assisteva alla nomina di Giovanni NIOSI che, grazie all’interessamento di Mariangela DI TRAPANI, diveniva il reggente del mandamento mafioso di Resuttana.

Sin da subito, Sergio MACALUSO e Pietro SALSIERA manifestavano una grande insofferenza nei confronti di NIOSI, ritenendolo inadeguato e in malafede, accusandolo di molteplici mancanze, tra cui:

il patteggiamento durante il processo scaturito dall’operazione “Addio pizzo 5”, scelta che violava i “pilastri del galateo mafioso” a cui deve attenersi ogni uomo d’onore;

il mancato sostentamento economico di Tommaso CONTINO, da cui scaturiva una vera e propria indagine interna finalizzata a verificare la veridicità delle lamentele del figlio del boss detenuto. In tale contesto, Sergio MACALUSO, che in passato aveva già consegnato somme di denaro destinate esplicitamente al mantenimento del CONTINO, tratteneva in una circostanza parte del denaro proveniente dall’attività estorsiva, rifiutandosi di consegnarla a Giovanni NIOSI, temendo che questi se ne potesse appropriare, così come avvenuto in altre circostanze;

l’ermetismo nella conduzione delle attività estorsive realizzata da Giovanni NIOSI, tenendo all’oscuro gli altri affiliati di vertice che non erano, quindi, in condizione di valutare la consistenza della “cassa mafiosa”;

la direzione mafiosa proiettata su un vastissimo territorio che comprendeva le principali famiglie del mandamento di Resuttana e di San Lorenzo.

La destituzione di Giovanni NIOSI era molto lunga e complessa ed avveniva:

  • in primo luogo, per effetto di un processo decisionale maturato all’interno del mandamento, previa acquisizione del placet di Mariangela DI TRAPANI che lo concedeva soltanto di fronte a prove univoche ed incontrovertibili;
  • in un secondo momento coinvolgeva gli esponenti di vertice dei mandamenti mafiosi palermitani di Porta Nuova e di Passo di Rigano. In particolare, Paolo CALCAGNO, reggente del mandamento di Porta Nuova (sino al suo arresto avvenuto, nel dicembre 2015, nell’ambito dell’operazione “Panta Rei”), interveniva, tra l’altro, nell’intento di bloccare qualsiasi progetto omicidiario nei confronti di Giovanni NIOSI. CALCAGNO Paolo chiedeva che Giovanni NIOSI fosse demansionato, piuttosto che estromesso, pur riconoscendo la validità delle intranee decisioni adottate, in maniera autonoma, dai mafiosi del mandamento di Resuttana.

Il massivo sviluppo della radice investigativa consentiva, altresì, di ricostruire buona parte della componente soggettiva del mandamento di San Lorenzo che risultava diretto da LIGA Francesco Paolo, autorevole uomo d’onore della famiglia mafiosa di Tommaso Natale e figlio dell’ergastolano Salvatore detto “tatuneddu”, famoso perché bruciava i cadaveri delle sue vittime nella graticola della sua abitazione di Fondo De Castro. LIGA Francesco Paolo veniva altresì interessato dal processo di destituzione di NIOSI Giovanni perché quest’ultimo lo coadiuvava nella gestione operativa del mandamento. Le indagini, infatti, documentavano come fosse in atto una forte sinergia tra i mandamenti di Resuttana e San Lorenzo dovuta all’azzeramento delle rispettive componenti soggettive per effetto dell’inchiesta Apocalisse.

Il segmento investigativo incentrato sul mandamento di San Lorenzo consentiva tra l’altro di:

  • identificare gli affiliati dediti all’imposizione del “pizzo” che agivano sul territorio di Tommaso Natale e Partanna Mondello;
  • individuare gli affiliati che si occupavano della borgata dello ZEN che risultavano diretti da VATTIATO Massimiliano;

L’indagine “Talea” offriva poi un patrimonio conoscitivo sul modus operandi degli associati mafiosi da cui emerge uno spaccato in cui cosa nostra, per quanto depotenziata dai risultati investigativi e giudiziari, dimostra la sua perdurante capacità di avvalersi della forza di intimidazione e del vincolo associativo per assoggettare i commercianti, piegandoli ad accettare l’imposizione del pizzo. Ed infatti venivano documentati 33 episodi delittuosi, quali 22 estorsioni tentate e/o consumate nei confronti di 5 attività imprenditoriali e 17 commerciali, incendi ed intimidazioni attuate attraverso le classiche metodologie mafiose: in particolare venivano registrati durante le fasi esecutive, la sera del 6 giugno 2015 a Palermo un grave atto intimidatorio ai danni di un’attività commerciale e la notte del 14 agosto 2015 un incendio ai danni di una concessionaria di autovetture a Partinico.

Inoltre, emergeva l’interesse del mandamento mafioso di Resuttana sull’ippodromo di Palermo, al cui interno veniva esercitato un controllo delle corse e delle scommesse, che consentiva, in conseguenza, all’organizzazione mafiosa di reperire liquidità economica.

Il controllo dell’ippodromo avveniva attraverso un referente che si impegnava a versare, mensilmente, una somma di denaro destinata alla cassa della famiglia mafiosa di Resuttana.