Il progetto di recupero e restauro di un Macchi C.205 caduto a Pantelleria nel 1943

(di Giacomo Falanga)
16/03/24

Nella giornata del 05 Marzo scorso si è tenuto nell’auditorium di Palazzo Aeronautica a Roma un evento, moderato dal giornalista Vincenzo Grigenti, a cui hanno partecipato il gen.b.a. Urbano Floreani (capo del 5 reparto SMA-Comunicazione), il gen. isp. capo Basilio Di Martino (storico aeronautico), il col. Franco Linzalone (comandante del Distaccamento Aeroportuale di Pantelleria), Antonello D’Aietti (operatore subacqueo dell’OTS Green Divers), il capitano di corvetta Sebastiano Sgroi (3° Nucleo Operatori Subacquei della Guardia Costiera di Messina), il dott. Roberto La Rocca (Soprintendenza del Mare Regione Siciliana) e Renato Andrich (figlio di Alvise Andrich).

Il gen. Floreani ha iniziato ricordando la figura del cap. Alvise Andrichi con una frase molto interessante: “I più grandi monumenti agli eroi caduti in battaglia non sono fatti di marmo ma sono in fondo al mare”.

Il col. Franco Linzalone ha fatto una panoramica degli eventi che hanno interessato l’isola di Pantelleria, usata come un laboratorio delle forze USA per dimostrare che le forze aeree erano in grado di ridurre alla resa un caposaldo fortemente presidiato, questo esperimento era finalizzato ad organizzare l’attacco in Normandia. Il risultato ottenuto dalla strategia usata per Pantelleria venne usata durante il D-DAY ma causò molte vittime civili.

Il Macchi C.205 caduto a Pantelleria l’8 Giugno 1943 (due giorni prima che la guarigione si arrendesse), decollò per difendere l'isola dai bombardieri americani ingaggiando il combattimento durante il quale vennero abbattuti sei Spitfire e un P-38 finchè proprio il C.205 di Alvise Andrich venne colpito e il pilota si salvò lanciandosi con il paracadute, lasciando inabissare il velivolo.

Nel 2007 l’operatore subacqueo dell’OTS Green Divers, Antonello D’Aietti durante un’immersione trovò il relitto dell'aereo e lo segnalò alle autorità.

Il comandante Sebastiano Sgroi, del 3° nucleo operatori subacquei della Guardia Costiera di Messina si è occupato delle fasi di recupero eseguite nel mese di aprile 2023 portando alla luce i primi pezzi del velivolo, e svolgendo un minuzioso lavoro di ricerca da numerose fonti storiche è riuscito a ricondurre i pezzi estratti dal mare al velivolo Alvise Andrich.

Il progetto di restauro prevede la costruzione di una struttura in legno e acciaio che riproduce la forma dell’aereo. All’interno, saranno visibili pezzi originali recuperati, mentre la parte posteriore del velivolo sarà rivestita in alluminio dall’artista Marco Mazzei. Alla fine dei lavori, il velivolo sarà esposto presso l’hangar Nervi dell’Aeroporto di Pantelleria, luogo da cui il velivolo operava durante la guerra.

La testimonianza di Renato, figlio di Alvise Andrich, ha ripercorso i momenti del salvataggio in un mare in burrasca, operato da una motovedetta tedesca.

La vita del pilota Alvise Andrich

Alvise Andrich nasce a Vallada Agordina, in provincia di Belluno, nel 1915. Il fratello Giovanni è un grande alpinista e amico del re del Belgio, Leopoldo, suo compagno di arrampicate. Anche Alvise da giovanissimo inizia ad arrampicare. In breve dimostra una eccezionale maestria e diventa protagonista dell’epopea del sesto grado, in particolare nel gruppo del Civetta.

Nonostante il breve periodo di attività, svolta fra il 1934 e il 1936, ancora oggi numerose vie di arrampicata sulle Alpi portano il nome di Alvise Andrich.

Arruolato nel 1936 nella Regia Aeronautica, per cui combatte in diversi teatri operativi come pilota, nel giugno del 1943 partecipa alla difesa di Pantelleria e viene abbattuto. Sopravvissuto lanciandosi col paracadute, nel 1944 si unisce all Aeronautica cobelligerante e torna a volare sul P-39 Airacobra, entrando a far parte del 4° stormo caccia.

Dopo la guerra riceve due medaglie d’argento e due di bronzo al Valor Militare e tre croci di guerra al Valore finisce la sua carriera con il grado di capitano.

Muore il 17 ottobre 1951, ai comandi di un Beechcraft C-45F Expeditor durante una missione di trasferimento sull’Appennino a causa di una formazione di ghiaccio sulle ali, ma riesce a non far schiantare l'aereo sopra ad un paese e a salvare l'intero equipaggio; per questo atto eroico ha ottenuto la medaglia d’argento alla Memoria.

A questo punto non ci resta che attendere la conclusione del lavoro di recupero e restauro per poter ammirare questa importante opera.

Foto: Aeronautica Militare / web