Gli USA hanno nove basi nel mediterraneo equipaggiate con i droni

27/03/15

Un drone Predator, durante una missione di sorveglianza resa nota la settimana scorsa, è stato abbattuto nei pressi della zona residenziale del presidente Bashar al-Assad.Gli Stati Uniti non hanno escluso un guasto tecnico, ma il probabile abbattimento rappresenta il primo confronto tra le forze USA e quelle di Assad.

L’incidente siriano è solo l’ultimo di ordine di tempo in cui gli Stati Uniti hanno perso dei droni. Numerosi, ad esempio, gli incidenti avvenuti in Yemen, un paese in cui ogni missione americana è classificata.

Le Tribù yemenite hanno segnalato tre episodi negli ultimi quindici mesi in cui droni statunitensi sono stati abbattuti, ponendo l’attenzione anche sulla perdita di materiale sensibile. L’Air Force non ha commentato le perdite in Yemen, ma secondo il The Washington Post le date degli abbattimenti coincidono con incidenti ufficiali avvenuti in luoghi classificati.

Da gennaio dello scorso anno, l'Air Force ha perso 14 droni tra Predator e Reaper. Tre incidenti sono avvenuti in Afghanistan, mentre sei droni sono stati persi in siti classificati.

Lo scorso novembre un Reaper si è schiantato nel deserto del Sahara in fase di rientro nella nuova base americana attiva in Nigeria.

Nel gennaio dello scorso anno, un Predator si è inabissato nel Mar Meditarraneo dopo aver condotto una missione segreta in Libia, segno tangibile di una delle numerose operazioni di sorveglianza compiute dagli Stati Uniti.

Ma per capire quanto sia ormai diffusa la componente UAV nell’esercito moderno, basta elencare le basi operative dei droni nell’area del Mediterraneo. Gli Stati Uniti lanciano droni armati dalle basi in Turchia, Italia, Etiopia, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti e Gibuti, un piccolo paese sul Corno d'Africa. Inoltre, la CIA, gestisce due basi per operazioni Hunter Killer in Arabia Saudita ed Afghanistan.

La domanda dei droni militari in grado di sferrare attacchi aerei è in continua ascesa. Nel 2014, Predator e Reaper hanno volato per 369.913 ore, sei volte quanto registrato nel 2006, secondo le statistiche ufficiali dell’Air Force.

Il Predator è la piattaforma volante dell’Air Force con il terzo maggior numero di ore accumulate dopo l’F-16 ed il KC-135. Curioso anche il modo in cui si è arrivati a tali numeri. Il Pentagono, infatti, credeva che con il ritiro delle truppe dell’Afghanistan la domanda sarebbe diminuita.

Il nuovo conflitto contro lo Stato islamico in Iraq e Siria e le minacce terroristiche in Yemen, Somalia e Nord Africa, hanno aumentato in modo esponenziale la flotta. Le forniture sarebbero addirittura inferiori alle richieste dei militari che continuano ad inviare droni in battaglia.

Oltre a salvare le vite dei piloti, i droni come il Predator ed il Reaper possono trasmettere immagini ad alta definizione, essenziali per gli analisti dell’intelligence e tecnologia fondamentale nella guerra moderna.

Il Pentagono chiederà al Congresso 904 milioni dollari da inserire nel prossimo budget per acquistare 29 Reaper. Fornitura, spiegano i militari, per sopperire alla perdita dei droni e rilevare gradualmente il Predator in favore del ben più potente Reaper.

Ma c’è dell’altro ed è un punto tenuto ben nascosto all’opinione pubblica. Uno dei nemici fondamentali dei droni da battaglia è l’affidabilità.

Si scopre che più della metà dei 269 Predator acquistati dall’Air Force sono andati perduti in incidenti. I droni volano generalmente ad altitudini superiori ai 18mila piedi, al riparo dalle armi di piccolo calibro della fanteria, ma alla mercé delle batterie missilistiche degli eserciti regolari.

Proprio il 17 marzo scorso, l’Air Force ha perso contatto con un Predator durante una sortita notturna nei pressi di Latakia, in Siria. Quello, però, non era un raid contro i combattenti dello Stato islamico, ma una missione di sorveglianza in una delle roccaforti di Assad. I media siriani, mostrando le immagini del relitto ed un’etichetta con su scritto General Atomics, produttore del Predator, parlarono di “aereo ostile abbattuto”. La versione ufficiale del governo americano per la perdita del drone, invece, parla di perdita di energia elettrica ed interruzione dei collegamenti con la postazione in remoto.

L’episodio siriano ha rivelato altro. Sarebbe estremamente difficile per i droni statunitensi raggiungere l’area nordoccidentale della Siria dalle loro basi principali nel Golfo Persico. Ciò significa che il Predator era quasi certamente entrato nello spazio aereo siriano dalla Turchia.

L’Air Force ha una flotta di Predator di stanza nella base di Incirlik, ma il governo turco ha sempre garantito sul profilo delle missioni di sorveglianza effettuate esclusivamente nel nord dell'Iraq. L'incidente in Latakia dimostra quanto il governo turco stia volutamente ignorando le vere missioni dei Predator, consentendo al Pentagono di utilizzare la base per le missioni in Siria.

Franco Iacch

(foto: US Air Force)