Esercito europeo: una strada che porta all’Eliseo?

(di Tiziano Ciocchetti)
23/02/22

La crisi russo-ucraina ha risvegliato le recrudescenze europeiste per la costituzione di un esercito comune dell’Unione.

I colloqui separati del presidente francese Macron e del cancelliere tedesco Scholz (potere militare e potere economico dell’Europa), con il presidente Putin, hanno dimostrato per l’ennesima volta la mancanza di una politica estera comune e quindi di una Difesa comune.

Diversi politici, anche nazionali, esternano la necessità di dotarsi di un esercito europeo onde poter contare nelle crisi internazionali, appannaggio delle Potenze (dotate di armi nucleari).

È indubbio che le nazioni che posseggono armamenti nucleari hanno un “peso” differente quando si devono relazionare con altri attori internazionali.

Quindi la soluzione sarebbe quella di integrare maggiormente le forze militari dei paesi membri dell’Unione, in modo da poter “parlare con una sola voce” quando si verificano crisi come quella ucraina.

Il problema è capire come realizzare tale progetto epocale.

Innanzi tutto le forze armate di una nazione sono l’espressione politica della stessa. Per fare un esempio lo strumento militare della Germania è strutturato prettamente per svolgere compiti di difesa del territorio nazionale, mentre quello francese (Potenza nucleare ed ex coloniale) è conformato a una maggiore proiezione verso l’esterno nonché alla tutela degli interessi strategici di Parigi nel mondo.

Per quanto riguarda l’Italia, attualmente, la missione più importante è l’operazione “Strade Sicure” che vede impegnati oltre 7.000 militari nelle città italiane.

Poi sussistono interessi strategici spesso divergenti, raramente convergenti, tra i 27 stati membri della UE. Berlino è proiettata verso il nord Europa e la Federazione Russa, così come i Paesi Bassi, il Belgio e i Paesi Scandinavi. L’Italia, invece, vista la sua conformazione geografica, ha una connotazione prevalentemente mediterranea.

Già questo sarebbe sufficiente a far naufragare qualunque ipotesi di costituzione di una forza militare comune che, ricordiamo, sarebbe uno strumento della politica estera.

A nostro avviso l’unica strada percorribile è quella di creare un meccanismo simile alla NATO, ovvero conferire il comando militare a un’unica nazione, ovvero la Francia, l’unico membro dell’Unione Europea che possieda la cultura, le strutture e le capacità politico/militari per gestire una forza multinazionale europea. A tal proposito, dei 27 stati membri, solo alcuni hanno assetti in grado di integrare/implementare l’apparato militare di Parigi.

Per quanto concerne le forze di terra, i reparti corazzati/meccanizzati dovrebbero essere forniti dalla Germania (al momento ha 5 battaglioni carri operativi, ognuno su 44 MBT Leopard 2A6/7) e dagli altri stati membri del nord Europa. L’Esercito Italiano, in questo settore, lascia alquanto a desiderare, mentre come assetti blindo potrebbe fornire, nel prossimo futuro, una componente Centauro II/Freccia, anche se poco adatta per un teatro operativo di alta intensità (come nel Donbass).

In pratica il nostro Esercito potrebbe contribuire a uno strumento militare comunitario con specialità della fanteria leggera (paracadutisti, lagunari, alpini), artiglieria semovente (PzH-2000 da 155/52 mm), forze speciali e, soprattutto, con assetti elicotteristici (CH-47F, UH-90, AH-129D e in futuro il NEES AH-249).

L’Aeronautica Militare al contrario ha assetti “appetibili” con i gli stormi equipaggiati con i Typhoon e quelli con gli F-35A/B. Inoltre la componente EW (Electronic Warfare), nei prossimi anni, riceverà un forte implemento con l’acquisizione di ulteriori G550 in configurazione AISREW (Airborne Intelligence Surveillance, Reconnaissance and Electronic Warfare). Altro comparto “appetibile” è il CSAR, assicurato dal 15° stormo in sinergia anche con gli “incursori dell’aria” del 17°.

Per quanto riguarda la componente navale la Marine Nationale è una marina “blue water”, grazie ai sottomarini nucleari d’attacco (SSN), della classe Suffren (i quali entreranno gradualmente in servizio nei prossimi anni), e ai sottomarini nucleari lanciamissili balistici (SSBN), della classe Le Triomphant (foto). A tale apparato si aggiunge la portaerei a propulsione nucleare Charles De Gaulle, equipaggiata con la versione imbarcata del caccia Rafale, oltre ai caccia classe Horizon e Aquitaine e alle fregate della classe La Fayette e le future FDI.

A questa forza navale, già consistente, la Marina Militare potrebbe aggiungere ben poco. Gli F-35B imbarcati sulla “portaerei” Cavour, raggiungeranno la IOC (Initial Operational Capability) nel 2024. Tuttavia, a regime, non si potranno imbarcare più di 8/9 velivoli, con capacità d’attacco limitate dall’impossibilità di decollare con payload adeguato.

Sicuramente la nave d’assalto anfibia Trieste (che dovrebbe entrare in servizio a fine anno), in una ipotetica flotta europea troverebbe una giusta collocazione, andando a ricoprire il ruolo di ammiraglia della forza da sbarco, che vedrebbe anche la presenza delle Mistral francesi e della Juan Carlos I spagnola. Altra componente fruibili potrebbe essere quella subacquea, con la classe Todaro che nei prossimi anni sarà integrata da 4 battelli U-212 NFS.

In pratica si tratterebbe di mettere sotto comando francese (ovviamente dopo un passaggio politico) gli assetti (magari utilizzando una formula di rotazione) degli stati membri che il Ministero delle Forze Armate di Parigi ritenesse funzionale al raggiungimento degli obiettivi strategici europei (oltre alla creazione di un comando permanente multinazionale).

Altre ipotesi sarebbero difficilmente realizzabili, come accennato all’inizio la Francia possiede il deterrente nucleare, oltre a tutto il resto. Un deterrente strategico che non metterà mai nelle mani di un altro decisore europeo, sia politico che militare.

In conclusione, o l’Europa si “sottomette” a Parigi oppure si dovrà rassegnare a essere “una mera espressione geografica”.

Foto: U.S. Army / Esercito Italiano / Twitter