Siria: Ankara in difficoltà mentre Riad si defila

(di Giampiero Venturi)
16/02/16

Come previsto nelle precedenti analisi di Difesa Online, assistiamo ad un’escalation della situazione in Siria. I fantomatici accordi di Monaco (leggi articolo) hanno accelerato l’inquietudine di tutti i protagonisti, in particolare di quelli che vedono svanire i propri progetti nel Paese arabo.

Iniziamo dalla situazione militare.

Le informazioni si accavallano soprattutto dopo le decine di morti civili dovuti ai bombardamenti su ospedali e scuole nelle zone comprese fra Idlib e Azaz nella Siria del nord. L’attribuzione dei raid è oggetto di uno scambio di accuse tra Mosca e Ankara con coinvolgimento dei jet della coalizione a guida USA per il caso specifico di un presidio di Medici senza Frontiere. Stabilire cosa sia propaganda e cosa verità è estremamente difficile.

Per la scelta di raccontare ciò che vediamo, ci limitiamo a dire che secondo il Diritto internazionale tutti gli aerei militari armati dei Paesi non espressamente invitati dal governo legittimo siriano a sorvolare lo spazio aereo della Repubblica Araba di Siria, stanno di fatto violando la sua sovranità.

Con riguardo alla situazione sul terreno, l’inquietudine aumenta in virtù dell’avanzata delle forze governative nei punti strategici intorno ad Aleppo. Proprio la cittadina di Azaz, dove sotto i bombardamenti sarebbero morti 14 civili, è al centro di una disputa di carattere strategico. Sarebbero circa 100 i km della frontiera con la Turchia ancora non sotto il pieno controllo delle forze governative. La manovra delle truppe di Damasco avrebbe l’appoggio delle milizie YPG curde da est. La disfatta per i terroristi (ISIS e Al Nusra) sarebbe totale nel momento in cui i rifornimenti dalla Turchia fossero bloccati del tutto.

Ecco spiegato lo sbarramento d’artiglieria turco in pieno territorio siriano sia ad nord est di Latakia sia a nord est di Aleppo contro le milizie curde. L’imbarazzo degli Usa è totale, intrappolati tra gli assegni in bianco girati ai turchi e il tanto sbandierato appoggio alle YPG.

Ankara giustifica gli attacchi nel territorio di uno Stato sovrano come legittima autodifesa, ma nasconde la paura di una débacle strategica. Il nervosismo turco che su questa rubrica mettiamo in evidenza da molti mesi, è alla base di un’intensa attività militare a 360°. Alcune fonti (televideo RAI) sostengono che due dei caccia turchi intercettati sulle isole dell’Egeo nello spazio aereo greco fossero armati.

La situazione militare evolve di ora in ora. Abbiamo visto con i nostri occhi colonne di vecchi T-55 siriani sull’autostrada in direzione nord, verso il fronte di Aleppo. La 4a Divisione meccanizzata dell’esercito siriano disporrebbe però di una recente fornitura di T-90 russi e secondo nostre fonti locali, la riconquista definitiva della seconda città siriana sarebbe prevista per il mese di aprile. Per Palmyra nel fronte di Homs i tempi sono più stretti. Si parla addirittura di 3 settimane.

Ci preme sottolineare che le unità delle Forze Armate siriane che combattono al fronte nord (quello di cui abbiamo avuto visione diretta) annoverano molti islamici sunniti e cristiani. Il dato sarebbe in linea con la forte coesione della gran parte della popolazione intorno all’idea di nazione araba siriana e al tempo stesso dimostrerebbe l’autogol commesso dalle monarchie del Golfo e dalla Turchia nel finanziamento della jihad di provenienza estera.

A proposito di Golfo, proprio da sud nel frattempo giungono due notizie importanti:

  • in Qatar, Russia e Arabia Saudita avrebbero raggiunto un accordo per il congelamento della produzione di petrolio di cui i due Paesi sono i principali produttori.
  • al confine col Kuwait è iniziata “Tempesta del Nord”, un’imponente esercitazione militare saudita col coinvolgimento di circa 20 Paesi fra quelli del “cartello antiterrorista” (leggi articolo)

Entrambe le notizie rientrano nello stesso quadro strategico. L’Arabia saudita fa la voce grossa ma non ha alcuna intenzione (né possibilità reale) d’impegnarsi in Siria senza l’esposizione americana. Soprattutto non ha nessun interesse a compromettere le relazioni con la Russia, moderatrice anche delle pessime realzioni con l’Iran. Il ritorno in chiave geopolitica è comunque enorme. Riad oltre al ruolo di potenza regionale conteso proprio all’Iran, sta diventando il riferimento globale per tutti i sunniti anche in termini politici.

La Russia che non fa parte dell’OPEC, il cartello a guida araba che in sostanza controlla la produzione mondiale di petrolio, attraverso l’accordo garantirebbe l’inversione di tendenza dei prezzi del greggio, suo tallone d’Achille. Al tempo stesso aumenterebbe il suo carisma in Medio Oriente, salito alle stelle dopo l’intervento a settembre al fianco di Damasco.

Pe ora dunque notizie politiche e militari non fanno altro che confermare la difficile posizione della Turchia, ormai ampiamente compromessa in Siria e in tutta l’area. Vedremo nelle prossime ore.

(Foto: Andrea Cucco)