Perché i progressisti non odiano la Jihad?

(di Giampiero Venturi)
18/11/15

La prima reazione ad un attentato plateale e sanguinario è istintiva per natura. Indignazione, orrore, paura sono sentimenti in teoria legati a ogni essere umano disposto a relazionarsi secondo le regole di una convivenza armonica. Gli attacchi perpetrati contro i simboli della normalità occidentale dovrebbero però suscitare una reazione più accesa in quei settori della società civile che fanno della libertà e dell’emancipazione tout court una bandiera ideologica e uno stile di vita.

L’islamismo oscurantista dovrebbe in altri termini essere l’antitesi di ogni sostegno al progresso espresso nelle più diverse forme in cui siamo abituati a manifestarlo in Occidente. Solo per fare un esempio è difficile immaginare sul piano ideologico una distanza maggiore di quella che divide l’universo LGBT dal mondo della jihad.

Come ogni volta che l’estremismo islamico torna a mostrare le sue capacità genocide, viene fuori però un intoppo. Gli inviti alla cautela e ai distinguo tra Islam moderato e jihadismo vengono proprio da quei settori della società che sulla carta sarebbero i più minacciati da un fantomatico mondo governato dalla sharia.

Per essere chiari: perché proprio l’universo “lefty” sembra il più scettico nell’individuazione di legami tra Islam e violenza?

Non entriamo nei contenuti riguardo le possibili connessioni tra cultura islamica e terrorismo internazionale. Parliamo di reazioni nel mondo occidentale e di quelle a caldo in particolare, più legate cioè all’istinto di difesa dei propri diritti civili.

Il dibattito ideologico interno al Primo Mondo ripete così un eterno ritornello: da una parte le destre che sostengono il primato dell’autodifesa contro l’invasione aliena; dall’altra le sinistre che pretendono di guardare oltre, astenendosi da crociate religiose e culturali.

La cautela espressa dagli ambienti progressisti si trasforma però talvolta in una campagna combattuta con un fervore innaturale rispetto ai principi sbandierati, la tolleranza su tutti. La foia con cui si combatte un avversario politico riesce ad essere addirittura più acerba della naturale rabbia con cui ci si dovrebbe indignare per la strage di innocenti messa in atto dal fanatismo confessionale. Si arriva al paradosso per cui esponenti “liberal” anziché esprimersi contro chi avversa ogni forma elementare di dignità umana, preferiscono accanirsi contro il nemico politico della porta accanto.

Con ogni probabilità quella che finisce per apparire come una strizzata d’occhio al mondo islamico (tangente a quello islamista) nasce da un obiettivo ideologico di lungo periodo, perseguito spesso neanche troppo consapevolmente. La galassia progressista erede del mondo postcomunista, benché orfana di riferimenti forti e ormai declinata in una miriade di sfumature, rimane nel bene e nel male ancora oggi legata a proiezioni antioccidentali. Per scelta o per attitudine sembra che il profilo del pensiero radical, antagonista o moderato che sia, rimanga per lo più ostaggio di una distonia con la società occidentale e le sue tradizioni, culturali, sociali e religiose.

Il ribaltamento della cosiddetta “società borghese” fallito con la lotta di classe internazionalizzata e foraggiata per decenni dal blocco sovietico, viene accarezzato oggi attraverso strumenti più attuali ed efficaci: società multiculturale, relativismo religioso, policentrismo etico. La difesa a spada tratta dell’immigrazione incontrollata è la punta di lancia di questa strategia tesa alla modifica di quei principi su cui, volenti o nolenti, si è costruita nei secoli la società europea e per deriva quella americana.

L’attacco di frange estremiste del macrocosmo islamico al cuore d’Europa è un’occasione storica imperdibile. Se il nemico del mio nemico è mio amico, ecco che gli ex detrattori del sistema occidentale si ritrovano con un orizzonte non troppo diverso da quello perseguito dai miliziani del terrore: l’Occidente bianco e cristiano è uno schema superato per entrambi.

Estremismo islamico e mondo liberal virtualmente connessi sul piano ideologico: è una suggestione astratta o una realtà concreta?  

(foto: press جهاد)