Uranio Impoverito: bandiera del Movimento ammainata dai suoi stessi ministri?

(di Nicolò Manca)
20/06/19

Leggere la “Relazione sullo stato di salute del personale militare e civile italiano” presentata il 10 maggio scorso al Parlamento dai ministri Trenta e Grillo comporta condannarsi senza scampo ad una masochistica rilettura del documento (v.link), nel tentativo di decifrare il contenuto e soprattutto le finalità di quella che ha tutto il sapore di una smentita di quanto dichiarato fino ad oggi in fatto di uranio impoverito. Ma le cose si complicano ancor più se lo stesso lettore si imbatte nel successivo comunicato congiunto Askanews del 19 giugno che sembra smentire quella smentita.

Partendo dalla relazione in questione salta subito agli occhi una sovrabbondanza di pagine inutili (aventi il solo scopo di “fare volume”) e l’inserimento di elementi fuori tema quali “studi di coorte su lavoratori di impianti di produzione e riprocessamento di combustibile nucleare” oppure “i coefficienti di rischio elaborati dai dati dei sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki.” Meglio lasciar perdere!

Più meritevole di attenzione invece quanto ribadito più volte in fatto di “esclusione di nesso tra UI e tumori” sostenuta dall’oncologo Mandelli, dall’UNEP e dai paesi che hanno impiegato soldati nei territori dell’ex-Jugoslavia. Il fatto che non siano citati altri scienziati, e in particolare la poderosa ricerca effettuata nel 2001 dall’oncologo Franco Nobile, getta più di un sospetto sul ministro Grillo, come suscita più di un sospetto che il ministro Trenta non si sia chiesta se, quando, dove e chi abbia impiegato proiettili all’UI nelle aree e nel periodo preso in esame. Se è comprensibile che la Grillo non si intenda di cose militari è altrettanto comprensibile che la Trenta non mastichi di aspetti sanitari, fermo restando per entrambe il dovere di documentarsi anche nel campo del vicino!

Per il resto l’intero documento è costellato di prese d’atto che la percentuale dei malati oncologici tra i militari e civili impiegati fuori area è sempre inferiore a quella sia dell’intero bacino nazionale sia dei militari non impiegati all’estero (vds. pag. 22, 23, particolarmente interessante la 25, 26, 32, 33 e 37).

A questo punto uno si aspetterebbe un clamoroso “ma allora l’UI non solo non causa malattie oncologiche, ma addirittura immunizza da queste e le contrasta!” E invece no. Si auspicano ulteriori stanziamenti per indagare ancora sull’UI (e non sui vaccini o su altre numerose possibili cause delle malattie tumorali) e in particolare (pag. 28) sulla “… presenza di contaminazioni interne … ottenute analizzando militari aventi frammenti o schegge di proiettili all’uranio impoverito. Ma se nessun nostro militare fosse rimasto ferito dalle schegge in questione, sarebbe sufficiente studiare qualunque portatore di protesi dentaria o di stent, notoriamente fatti con uranio impoverito, come la Grillo ben sa ma anche la Trenta dovrebbe sapere.

A questo punto entra in gioco il comunicato Asknews del 19 giugno che recita (la Grillo) “… da questo supporto (la relazione) partiamo per andare avanti … e rilanciare questa battaglia che è una bandiera del Movimento (testuale!), e poi la Trenta che incalza “...è stato avviato un tavolo tecnico …volto allo studio dei nuovi dati … a difesa delle vittime colpite dall’uranio impoverito”.

Cosa non si è disposti a dire e a fare, anche al di fuori di ogni logica, per supportare la vacillante situazione politica di un partito con pressanti problemi di sopravvivenza!

Comprensibile lo sconcerto e il disorientamento che ha colpito anche i sostenitori dei due ministri, dal maresciallo Domenico Leggiero (che continua a non concordare con le convinzioni medico-scientifiche dei massimi oncologi nazionali e non solo) al maresciallo Pasquale Fico (impegnato in uno sciopero della fame per ottenere dal suo ministro della difesa (!) i fondi necessari per il riordino delle carriere.)

Ahimè, quante cose si sarebbero potute fare se il ministro Trenta non avesse passato al Movimento quei 500 milioni scippati al miserabile bilancio della Difesa! Da figlio e genero di due marescialli mi permetto di suggerire ai marescialli Leggiero e Fico di diffidare della politica. Ai politici interessa un partito mentre ai militari interessa, o dovrebbe interessare, la divisa e, aggiungo, così come ai magistrati dovrebbe interessare la toga.

Per chiudere degnamente questo guazzabuglio di contraddizioni che riporta alla memoria gli sconclusionati marasmi ragionativi del Fantozzi dei tempi migliori, si propone un impagabile “Egregio generale Farina”, col quale un graduato che sul web si firma C.M.C.S. “Q. S.” Carlo Chiariglione, si rivolge al numero uno dell’esercito. Il caporale dà pubblica comunicazione all’egregio generale “di non essere più interessato e motivato ad incontrarla” precisando che “tale conferimento (sic) non era finalizzato a chiedere favori personali … ma per prospettargli … forti fattori di rischio predisponenti e precipitanti (sic) in possibili suicidi tra il personale posto alle sue dipendenze”. Traduco: la minaccia e le responsabilità per l’uranio impoverito partoriscono nuovi elementi criminalizzanti da tenere in serbo per un’eventuale campagna futura. Tuttavia dopo una garbata accusa di essere stato completamente travisato (tradotto: l’egregio generale non avrebbe capito una beata mazza forse perché mal consigliato) e un accenno fugace ma necessario al Tricolore (non si sa mai… con questi generali che non ci pensano abbastanza!) il graduato precisa che “avendo comunque a cuore il benessere del personale sono disposto comunque ad un confronto … !” Considerata questa edificante marcia indietro, nonostante l’iniziale chiusura, mi premetterei di suggerire al generale Farina di chiedere al caporale sindacalista di poter, malgrado tutto, conferire con lui.

Impensabili (almeno fino a poco tempo fa) facezie a parte, è fin troppo evidente che ormai la situazione delle FA è seriamente compromessa e che ”un esercito così è meglio chiuderlo”, come già sentii dire a Sassari una ventina di anni fa dal generale Incisa di Camerana … e allora le cose erano, in confronto alle attuali, tutte rose e fiori.

Poiché la situazione in atto è inequivocabilmente frutto dell’epocale gestione pentastellata del Ministro Trenta e considerato che pare sfumato un rimpasto teso a sostituirla, ritengo che per salvare il salvabile non ci sia che una strada: una concorde presa di posizione dei quattro capi di stato maggiore. Difesa, Esercito, Marina e Aeronautica dovrebbero proporre al Comandante Supremo delle Forze Armate l’alternativa: “O il Ministro Trenta o noi”. Non è detto che una simile decisione (presa in passato da qualcuno e, nel mio piccolo, anche da me) sia risolutiva, ma quanto meno servirebbe a dare corpo all’appello lanciato nel marzo scorso dalle pagine di LImes dal generale Jean: “Non finiamo di distruggere le nostre Forze Armate, perché potrebbero servirci”. E sono certo che Carlo Jean non pensasse a impegni dual-use e consimili iniziative epocali in versione Trenta.

Essendo tuttavia certo che la mia proposta non sarà accolta e che il Capo dello Stato non distoglierà la sua attenzione dall’accoglienza dei migranti per concentrarla sulla pressante drammatica situazione della Difesa (e, aggiungo, della Giustizia), mi impegno per il futuro a non disturbare ulteriormente il manovratore. Chi ha orecchie per intendere intenda. E se in avvenire dovessi avere nostalgia di vedere un gruppo bandiera o sentire uno squillo di tromba, non assisterò più ad alcuna cerimonia dall’alto di una tribuna ma confuso tra la gente. Il solo pensiero di essere apostrofato da un sindacalista in divisa schierato con un partito con un “egregio generale Manca” mi fa venire l’orticaria.