Legittimo sospetto

(di Paolo Palumbo)
01/04/19

Tanto per cominciare ribadiamo subito un concetto: chi cerca di entrare in casa mia, violare la mia proprietà e commettere reati a danno della mia famiglia va respinto con ogni mezzo consentito dalla legge. Difendere l’abitazione e chi vi sta dentro è un atto sempre legittimo, tuttavia non per questo la Costituzione italiana stabilisce che in nome della famiglia o proprietà si possano commettere qualsivoglia tipo di delitti. La legge, sopra ogni cosa, sempre e comunque.

Finalmente Matteo Salvini, il ministro degli interni, ha realizzato il suo sogno e quello di milioni di italiani che bramavano sfoggiare armi e quant’altro in nome della protezione del suolo privato. Ripetiamo – a beneficio degli hater ultrà di Facebook – la legge approvata dal governo Salvini (Conte e Di Maio simpatiche comparse) è una conseguenza del lassismo e della sconsideratezza di certi magistrati i quali non solo hanno punito chi abbia reagito contro un aggressore, ma lo hanno pure condannato a risarcire i danni al delinquente. Assurdo, certo, ma peggio ancora un atteggiamento foriero di terribili conseguenze. Qui, in questa circostanza, si crea il solito paradosso italico dove da una parte una legge per la tutela dell’autodifesa esiste già, storpiata però da una parziale e ingiuriosa interpretazione dei giudici nei confronti di chi ha patito il danno. L’Associazione Nazionale Magistrati leva gli scudi contro il provvedimento del ministro, giudicandolo incostituzionale, ignorando che proprio loro hanno innescato la rabbia di quanti plaudono al cowboy Matteo e ai seguaci della lobby delle armi.

Le parole del ministro dell’interno rassicurano l’opinione pubblica che il decreto sulla “legittima difesa” non significa il far-west; eppure è evidente, già da un po' di tempo, come gli italiani – giudicati erroneamente imbelli dalla storia patria – aspirino a vestire fondina e porta caricatori come novelli giustizieri del Texas. Questo è certamente una conseguenza del clima che si respira da qualche tempo, dove la violenza, i piccoli reati e le effrazioni a danno di onesti cittadini hanno raggiunto un livello intollerabile. Nella visione di molti pistoleri nostrani esiste altresì una connessione tra legittima difesa e immigrazione, laddove il rifugiato o il nigeriano di turno, raffigurano l’immediato nemico, i principali fautori della brutalità.

Sarebbe mendace negarlo: i predecessori di questo governo, hanno dato il meglio per seminare l’odio. Quanti oggi accusano gli italiani di essere razzisti devono, per coerenza, farsi un esame di coscienza e puntare il dito contro chi, per anni, ha avvilito in nome della “accoglienza” i valori della nostra cultura. L’ignoranza proclamata da talune dichiarazioni dell’onorevole Boldrini, Fiano e compagni, hanno ingrossato a dismisura le file dei salviniani, ma non solo.

Chi occupava prima i seggi del parlamento è colpevole di aver convertito la parola patriottismo (sentimento nobile) in nazionalismo, senza per altro conoscerne il significato. In nome di cosa? Hanno forse mai fatto qualcosa di concreto per integrare o accogliere in modo adeguato quanti vedevano nel nostro paese il loro Eden? Quindi le chiacchere stanno a zero e ci troviamo dunque obbligati ad assistere al passaggio di testimone da un governo ottuso ed ignorante ad un direttivo stolto e propenso a promuovere la violenza come forma di tutela.

Tra non molto, i gestori dei poligoni dovranno organizzarsi poiché ogni sabato e domenica saranno assaliti da aspiranti killer, pronti a migliorare le proprie prestazioni balistiche davanti ad un bersaglio di carta. Oppure in molti accorreranno per frequentare corsi sulla “Difesa abitativa”, dove sedicenti istruttori ti insegnano a non stare tranquillo nemmeno a casa tua e – perché no – ad indossare la Glock anche mentre mescoli la minestra… non si sa mai cosa potrebbe uscire dalla pentola.

Quello che però questi corsi non spiegano è cosa sia la percezione del pericolo, ma soprattutto cosa voglia dire sparare e uccidere un’altra persona. In ambito militare, dove queste cose accadono, il principio “ti uccido io, altrimenti tu uccidi me” è sacrosanto, ciò nondimeno nessuno racconta come questo assioma si trasformi in un incubo nella mente di ciascun soldato costretto a premere il grilletto. Certo, poi si supera, ma le tracce rimangono indelebili.

Mettiamoci per un attimo nei panni del ladro. La figura romantica del “ladro gentiluomo” all’Arsenio Lupin non esiste più e di certo non è il ritratto di colui che va a rubare negli appartamenti di qualche malcapitato. Le recenti rapine sono state quasi tutte di natura violenta: bande organizzate e senza scrupoli che si sono introdotte in ville isolate, aspettando con diabolica pazienza l’attimo in cui il proprietario era più vulnerabile. Una volta entrati i padroni di casa sono stati oggetto di inaudita violenza, subendo botte e gravi traumi e non v’è dubbio che i delinquenti non avrebbero esitato a sparare un colpo di pistola ad una eventuale opposizione alle loro richieste. Su “Repubblica” – quotidiano non certo favorevole al governo – hanno pubblicato un video (v.link) nel quale si documenta lo svolgimento di un corso per difesa abitativa rivolto alle donne di un comune nel padovano: il risultato è davvero imbarazzante e se non fosse foriero di conseguenze drammatiche, ispirerebbe ilarità e tenerezza. I gruppi criminali che irrompono nelle abitazioni altrui sono persone senza scrupoli, che non hanno nulla da perdere e di certo non hanno seguito alcun fantomatico corso per esprimere la loro attitudine selvaggia, vile e aggressiva. Siamo sicuri che basti una pistola e qualche oretta di istruzione per fronteggiare un tale pericolo? Siamo certi che la legittima difesa, vista in questo senso, non possa trasformarsi in una letale arma a doppio taglio? Non basta impugnare una pistola, questo è certo.

Quanti inneggiano alla legge salviniana come una garanzia di sicurezza o un “liberi tutti” sullo sparare a chi trasgredisce gli spazi personali sottovaluta queste cose, non le immagina nemmeno, e spesso gioca ad “interpretare” un ruolo improprio all’interno di un poligono.

Il secondo punto sul quale si dibatte è il presunto “favore” di Salvini nei confronti dei produttori di armi. È indiscutibile che in tutto questo frastuono di opinioni discordanti, i fabbricanti di pistole e carabine siano gli unici a sorridere, soprattutto di fronte alla notizia – per fortuna smentita – secondo la quale si dovrebbe rendere più agevole l’acquisto di armi da fuoco. In ultima istanza ci domandiamo perché, in paesi civilmente avanzati come la Nuova Zelanda, emotivamente sconvolti dopo un terribile attentato terroristico, la premier si sia espressa per un fermo stop alla vendita delle armi e qui, nella pacifica Italia, spingiamo i cittadini ad armarsi? Qualcosa, evidentemente, non torna.

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