La paura delle divise

(di Nicolò Manca)
16/04/21

Mettendo in pratica la massima di Andreotti “a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”, i cattivi pensieri contagiano l’italiano medio quando la sua mente viene frastornata con una valanga di numeri relativi al covid 19 e di esperti interpellati sul tema nonché di un generale in tuta mimetica chiamato a sostituire un commissario finito nel mirino della politica e non solo. Ma sono soprattutto i numeri, rigorosamente ufficiali perché di fonte Istat, a insospettire il cittadino. Nel gennaio 2021 in Italia si sono registrati 70.538 decessi, 12.527 dei quali attribuiti al covid19 e i restanti 58.011 ad altre cause quali tumori, cardiopatie ecc. Lo stesso istituto di statistica informa inoltre che nel quinquennio 2015-2019 la media dei decessi per tumori, cardiopatie ecc è stata di 68.324, ovvero 10.313 in più del gennaio 2021; e questo malgrado nel 2020 si siano bruciati, a causa del covid, ben 30 milioni di visite, terapie e interventi chirurgici, una circostanza che fa da pilastro all’ipotesi che i decessi per tumori e cardiopatie riferiti al gennaio 2021 siano lievitati e non diminuiti.

Deduzione: il numero dei decessi attribuiti al covid 19 per il gennaio 2021 è inequivocabilmente gonfiato. Con quale scopo? Facendo peccato (ma forse azzeccandoci) si può ipotizzare che si tratti di una manovra tesa a impaurire i cittadini e distogliere la loro attenzione da altri problemi tra cui l’opportunità di elezioni anticipate che metterebbero in forse la sopravvivenza della classe politica in carica.

Altri cattivi pensieri nascono dalla chiamata in causa delle forze armate per combattere la pandemia e dalla insolita enfatizzazione dell’opera degli uomini con le stellette (finalmente! Un atteggiamento in cui i militari non speravano più, dopo decenni di indifferenza se non di denigrazione).

Prende corpo il sospetto che si voglia lanciare il messaggio: la situazione è così grave che è indispensabile chiedere l’intervento delle forze armate, quindi che nessuno disturbi il manovratore con altre quisquilie.

Ma entrano di nuovo in gioco i numeri: il concorso militare sarebbe di importanza vitale perché alla potenzialità dei 403.454 medici civili (senza considerare i 300.000 operatori della protezione civile) è indispensabile sommare il concorso di circa 6000 medici con le stellette (poco più dell’1% del totale), parte dei quali devono avvicendarsi anche nelle missioni fuori area. Il contributo militare nella campagna di inoculazione che fino al 13 aprile ha totalizzato circa 15 milioni di vaccini è stato certamente qualificato ma non massiccio, mentre resta interamente di matrice “militare” l’attività di gestione e distribuzione dei vaccini, operazione evidentemente non garantita dal sistema nazionale che ogni giorno rifornisce capillarmente le 19.331 farmacie operanti nei 7.904 comuni italiani.

Giusto quindi che la “supplenza” svolta dalle forze armate sia riconosciuta da politici, media e opinione pubblica, anche se sono da registrare due stonature.

La prima è stata l’entrata in campo a gamba tesa della scrittrice Murgia che, forse alla ricerca di una visibilità a buon mercato, ha dichiarato tout court che le “divise” a lei fanno semplicemente paura. Lascia perplessi che tale dichiarazione abbia innescato vibrate proteste e imparruccate dissertazioni socio-filosofiche, quando forse avrebbe meritato solo un commento di matrice popolare sintetizzabile nella colorita enantiosemia romanesca: “e sti cazzi?” (che le signore perdonino il sermo castrensis!).

La seconda più che una stonatura appare come una forzatura. Perché un militare che svolge un ruolo che non ha niente a che vedere con le competenze del mondo delle stellette continua a esibire una tenuta da combattimento? Gli altri paesi europei oltre a non fare un cronico ricorso, come avviene in Italia, alle forze armate in versione dual use, non esibiscono militari in uniforme nell’espletamento di compiti “civili”, come non impiegano permanentemente 7.000 soldati in compiti di polizia (vedasi “Strade sicure”).

Perché non collocare quindi incarichi quale quello di commissario covid nella posizione temporanea dell’aspettativa? La soluzione eviterebbe oltretutto l’identificazione delle figure del militare e del politico, accomunati in “parole, opere ed omissioni”, cosa inopportuna specie per il militare, che agli occhi del cittadino potrebbe apparire, oltre che collaboratore del politico, all’occorrenza anche connivente. Per un politico infatti può essere una macchiavellica necessità ricorrere a una falsità o a una censura su problemi quali l’errata gestione del covid o il collasso dell’economia o l’emigrazione clandestina, ma avallare falsità o censure non si addice all’uniforme, neanche in nome del bene supremo del popolo né tantomeno nell’interesse di un partito. Il giuramento del militare fa riferimento infatti a “la difesa della Patria e la salvaguardia delle libere istituzioni”, che vanno difese anche dalle falsità.

Inquadrata la partecipazione militare nelle molteplici problematiche riguardanti i più disparati campi quali l’approvvigionamento dei vaccini, la loro efficacia, le cure alternative, i tempi e le priorità dei soggetti da vaccinare, gli interessi miliardari delle case farmaceutiche, ma soprattutto la drammatica situazione economica nella quale è sprofondata l’Italia, il cittadino di una certa età reagisce temendo il peggio. A fargli tremare le vene nei polsi è la prospettiva che i suoi discendenti ereditino un debito pubblico inestinguibile, figlio del covid, che li condannerà a corrispondere per tutta la vita a centri di potere non italiani gli interessi sui prestiti concessi dagli stessi e poi dispersi in elemosine, sussidi e redditi di varia natura distribuiti a pioggia. Il colpo di grazia l’anziano in questione lo subisce poi nel sentire il presidente del consiglio dichiarare in una conferenza stampa che “… la copertura vaccinale per gli anni avvenire, perché dovremo continuare a vaccinarci negli anni avvenire perché ci saranno delle varianti (e chi lo dice?) e quindi ci saranno nuove gare (riferite all’approvvigionamento di vaccini) per gli anni avvenire…”.

Il colpo di grazia è dovuto al fatto che queste parole richiamano alla mente dell’anziano un imperativo di altri tempi che attualizzato suona: “È il covid 19 che traccia il solco, ma è la variante che lo difende”, è così in lui si fa strada la drammatica sensazione che il peggio per l’Italia non sia più una prospettiva ma una realtà.

Foto: Esercito Italiano