Caserme verdi e bilanci in rosso

(di Nicolò Manca)
04/02/20

L'oscillante 1% del PIL che l'Italia destina alla Difesa deve confrontarsi, come noto, col 2% che altri paesi europei destinano alle rispettive forze armate. È pertanto motivo di soddisfazione prendere atto dell'ambizioso studio “Caserme verdi” promosso dallo SME per dare corpo a un progetto che si prefigge di rinnovare un patrimonio infrastrutturale vetusto e quindi poco funzionale e di onerosa gestione. Nel progetto verranno coinvolte le istituzioni interessate a permute e dismissioni di immobili nonché all'uso duale di parte delle infastrutture dell'esercito. L'accorpamento e la razionalizzazione delle caserme esistenti consentirà, in particolare, l'apertura al mondo civile di infrastrutture sportive e ricreative, compresi gli asili nido divenuti indispensabili in una collettività militare in cui uno dei genitori è impegnato periodicamente in missioni di lunga durata all'estero o in concorso alle forze dell'odine (“Strade sicure”). Ovvio che i tempi per la realizzazione del progetto in questione, che prende in esame 26 siti militari, sono condizionati dall'esiguità delle risose disponibili, un condizionamento che è visto con spirito critico non solo dai militari ma anche dalla crescente percentuale di cittadini (il 72%) che esprimono fiducia/gradimento verso le forze armate.

È significativo sottolineare che l'autorevole fonte di questo dato statistico, l'Eurispes, fornisce una corposa serie di rilevazioni attinenti alle principali problematiche nazionali, consentendo così di estrapolare interessanti deduzioni da mettere in relazione al progetto “Caserme verdi”.

Sorprende innanzitutto confrontare il citato 72% di fiducia verso le forze armate con il 26,3% espresso nei confronti del Goverrno nazionale, il 25,4% per il Parlamento, il 49,3% per la Magistratura e il 54,9 % per il Quirinale. Ma sorprende ancor più valutare gli aspetti economici di alcuni onerosi impegni cui il Governo ha attribuito un'importanza prioritaria, quali il reddito di cittadinanza (circa cinque miliardi di euro per un milione di beneficiari) e i costi connessi con l'immigrazione irregolare o clandestina che dir si voglia (secondo la Corte dei Conti si spendono 203 euro/pro capite/giorno, pari a 6000 euro/pro capite/mese, per un numero imprecisato dei 500.000 individui che si valuta compongano il bacino degli immigrati irregolari).

Occorre prendere atto del fatto che il 67,1% del campione Eurispes si dichiara contrario al reddito di cittadinanza (spesso utilizzato come copertura del lavoro in nero e talvolta come cortina fumogena di attività malavitose). Emerge altresì che percentuali significative degli intervistati (forse memori che un terzo della nostra popolazione carceraria è costituita da non-italiani) esprimono diffidenza o ostilità o paura nei confronti dell'immigrazione irregolare.

È ragionevole ipotizzare che quel 72% di cittadini che esprimono fiducia/gradimento verso le forze armate preferirebbero che a favore di esercito-marina-aeronautica fossero destinate maggiori risorse, e meno a favore di reddito di cittadinanza e immigrazione irregolare.

Non è da escludere che l'atteggiamento favorevole degli italiani verso le forze armate si sia accentuato in occasione della recente crisi politico-militare libica e dell'emergenza sanitaria “corona virus”. Nel primo caso infatti il cittadino si è reso conto che disporre di forze armate credibili è indispensabile per avere un peso nei contesti e nelle crisi internazionali. Significativo l'atteggiamento prevaricatore della Turchia e dell'Algeria che in tempi recenti hanno deciso unilateralmente di estendere a loro vantaggio l'uso esclusivo delle acque internazionali in fatto di pesca e ricerca e sfruttamento di risorse energetiche.

Nel caso di emergenze di altra natura, comprese quelle sanitarie, è basilare poter contare su uno strumento militare efficiente e sempre disponibile per fronteggiare tempestivamente missioni come quella che aeronautica ed esercito, in collaborazione col ministero della salute, stanno portando a termine tra Wuhan e la cittadella militare della Cecchignola.

Va de sé che disporre di forze armate credibili non vuole postulare un potenziale o possibile impiego delle stesse ma, al contrario, come la storia e la cronaca recente insegnano, è proprio questo indispensabile condizione a esorcizzare il ricorso alla forza.

Da quanto detto conseguono due incontrovertibili dati di fatto: il primo, immediato, è che la politica nazionale non è in sintonia con il sentire popolare e con le aspirazioni del cittadino elettore. Il secondo è che le vicende internazionali impongono con sempre maggiore evidenza che l'Italia adegui il bilancio della Difesa allineandolo a quello degli altri paesi europei, perchè i bilanci in rosso mal si conciliano non solo con le caserme verdi ma anche con la sicurezza e la difesa degli interessi economici nazionali.

Foto: U.S. Army National Guard / presidenza del consiglio dei ministri / ministero della Difesa