Aria mefitica

(di Paolo Palumbo)
03/05/19

In certi ambienti romani l’aria di questi mesi dev’essere diventata davvero irrespirabile. Probabilmente chi sperava in una salubre boccata d’ossigeno, ha sentito nuovamente quella strana e antipatica sensazione conosciuta anche come “fame d’aria”. I militari del nostro paese stanno boccheggiando: essi speravano che la miracolosa scomparsa politica della Pinotti avrebbe ridato lume e speranza al Ministero della Difesa e invece siamo punto a capo.

La difesa ha toccato il fondo con il ministro Trenta: una sventura, un cataclisma come del resto è stato l’assurgere al potere di una simpatica compagnia di principianti senza né arte né parte.

"È impossibile fare peggio" – diceva la vulgata dopo le elezioni – e invece l’hanno fatto e, ahimé, non hanno ancora finito.

Ora arriva la notizia dell’inquisizione aperta a danno del generale di brigata Paolo Riccò che, in occasione delle manifestazioni del 25 aprile a Viterbo, ha fatto dietro front con il suo drappello dopo aver udito accuse infamanti sull’operato dell’esercito in Afghanistan. Essere il presidente dell’Anpi il giorno della liberazione è una responsabilità importante, un palcoscenico sul quale si deve per forza recitare il ruolo del protagonista; questo però non autorizza a dire delle sonore cretinate, ma soprattutto non autorizza a gettare fango su un’istituzione come l’esercito che tante vite ha donato per la liberazione della penisola.

Certe volte sembra quasi che a parlar male dell’esercito si dia un valore aggiunto alla parola pace e libertà quando è esattamente il contrario poiché svariate volte “pace e libertà” sono state garantite da uomini che indossavano una divisa.

Quello che si reclama non è una venerazione incondizionata dei militari – lungi da farlo poiché anche tra loro esistono mele marce poco degne dell’uniforme che portano (vedi carabinieri dalle vicenda Cucchi) – tuttavia è necessario il rispetto, ma soprattutto una disamina storica e obiettiva su quello che è stato il nostro esercito.

Quello che si chiede, aggiungiamo, è che il seggio di ministro della difesa possa un domani essere occupato da una persona che abbia studiato la storia dell’istituzione che rappresenta. Non basta, infatti, mettersi una giacchetta mimetica o aver trascorso qualche mese come ufficiale della riserva selezionata in teatro operativo per definirsi “soldato”. Il mondo sarebbe altresì colmo di Iron Man o Thor – visto che impazzano gli Avangers!

Però all’occhialuta ministro deve essere accaduto qualcosa, perché durante i primi giorni del suo mandato tenne un comportamento quasi dignitoso, sebbene lo scrivente non ci abbia mai creduto. Poi sono iniziati i tagli, le scuse, voci di spesa totalmente estranee al mondo della difesa che, come per incanto, si sono trasformate in necessarie per incrementare la voce di bilancio.

La setta o movimento alla quale appartiene, evidentemente ha iniziato a fare pressioni a richiamarla alla cieca remissività. Non si spiega altrimenti come un ministro non sia riuscito a proferire parola quando il signor Salvini – lui si che è il vero Avanger – ha iniziato a dare ordini a generali e ammiragli, fregandosene apertamente di competenze e quant’altro.

Adesso veniamo deliziati dall’inchiesta sul generale Riccò (v.intervista) il quale, sebbene abbia scelto un mestiere dove disciplina e silenzio siano requisiti fondamentali per una veloce carriera, ha preferito manifestare apertamente il suo disappunto dopo essere stato offeso pubblicamente.

Affermare che i soldati italiani in Afghanistan abbiano massacrato civili e non talebani è un atto di accusa che grida vendetta, ma soprattutto è una calunnia che meriterebbe quanto meno una querela da parte del ministro. E invece? Che si fa? Si investiga su chi ha avuto l’ardire di salvaguardare la sua dignità e quella dei suoi uomini.

È disarmante assistere allo sfacelo di un dicastero così importante dal quale dipendono uomini che hanno consacrato la loro vita ad un mestiere difficile, che implica molti sacrifici e nessun riconoscimento.

Se il ministero rifugge da investimenti militari proficui per i suoi soldati, allora – per cortesia – investa in libri per i suoi funzionari!

Foto: ministero della difesa