Intervista al comandante di UNIFIL, generale Luciano Portolano

19/04/15

Abbiamo avuto il piacere di porre alcune domande al generale Luciano Portolano comandante della missione UNIFIL che ci ha parlato dell'attività in Libano in base alla risoluzione ONU 1701.

Sig. generale lei è il terzo comandante italiano al comando della missione UNIFIL. Questo è un motivo di orgoglio visto che hanno scelto un altro italiano?

Si tratta di un evento straordinario, testimonianza del riconoscimento, a livello internazionale, della nostra professionalità e della serietà dei nostri intenti caratterizzati dalla trasparente, imparziale e integrale adesione al mandato ONU e in particolare alla risoluzione 425 che istituisce UNIFIL e alla 1701 che la potenzia. É un risultato storico, frutto dell’operato delle truppe italiane, della capacità, propria del nostro retaggio culturale, di saper rispettare culture e tradizioni diverse, di sapersi mettere nei panni degli altri, capirne il modo di pensare e agire di conseguenza nel rispetto del mandato assegnato. Questa caratteristica è di fondamentale importanza soprattutto in una Missione dove il comandante di UNIFIL, in qualità di head of mission e force commander, svolge la delicata e fondamentale azione di mediazione diplomatica tra le Forze Armate Libanesi (LAF) e le Forze di Difesa Israeliane (ISD), volta a garantire il rispetto della cessazione delle ostilità e a ricondurre le parti al dialogo ogni qualvolta si manifesti una situazione di crisi.

Ci può spiegare meglio come funziona il “Tripartito”?

L’incontro “tripartito” rappresenta l'unico forum di discussione esistente fra questi due Paesi. Con cadenza mensile, convoco i delegati delle parti che si incontrano alla nostra presenza nell'area di Ras Naqoura, una sorta di no man’s land, all’interno di una stanza posta sul confine, dove vengono discusse alcune problematiche che, a tutt'oggi, non hanno ancora trovato soluzione. Si tratta di uno strumento vitale e ad alta valenza strategica attraverso il quale i due Paesi, che non hanno alcun tipo di relazione diplomatica, si confrontano direttamente grazie alla mediazione del comandante della Missione. Questa forma di “confidence building” tra le parti esiste dal 2006. Il primo incontro ha avuto luogo subito dopo la cessazione delle ostilità e fino ad ora abbiamo ottenuto risultati estremamente positivi. Al riguardo, è importante rilevare come entrambe le parti (Libano e Israele) durante gli incontri “tripartito” hanno sempre dimostrato il massimo impegno nel voler continuare a rispettare la cessazione delle ostilità in aderenza ai contenuti della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

Secondo la sua esperienza diplomatica di head of mission crede che il dialogo tripartito tra Libano ed Israele abbia bisogno di un'accelerazione, relativamente alla questione Blu Pillars e alla posa delle boe in mare?

Lo stato del processo di visualizzazione sul terreno della Blue Line, attraverso il concordato posizionamento dei pilastri “Blue Barrels”, e la posa delle boe in mare sono alcuni dei principali temi che vengono trattati nell’ambito dell’incontro “tripartito”. Il lavoro legato alla demarcazione della Blue Line continua ed è un importante elemento di “confidence building”. Per quanto concerne il confine marittimo tra il Libano e Israele, esso non è mai stato stabilito e UNIFIL non ha la responsabilità di tracciarlo. La linea delle boe, unilateralmente posizionata da Israele nel 2000 (dopo il ritiro delle IDF dal Libano), di fatto non è riconosciuta né dal Libano né dalle Nazioni Unite. UNIFIL, infatti, non ha in seno al suo mandato il compito di monitorare la linea delle boe. Tale problematica è stata affrontata anche durante gli incontri “tripartito”, ma solo per prevenire o minimizzare i rischi legati a possibili incidenti che possano danneggiare la sicurezza della zona.

Dall'assenza di dialogo al tavolo tripartito. Cosa manca perché la missione diventi più politica che militare? Quali sono, a suo giudizio, i punti fermi, irrinunciabili, perchè il Libano riparta e si avvicini ad una stabilità?

La missione al momento è propriamente configurata in base alla situazione attuale della nostra area d’operazione e alle priorità sia politiche sia militari fissate dal nostro mandato. Il Libano sta vivendo un periodo complicato dal punto di vista interno e, allo stesso tempo, gli sviluppi della guerra in Siria hanno un profondo impatto nella vita del Paese; per garantire l’integrità territoriale e la sicurezza interna, le Forze Armate Libanesi e le Forze di Sicurezza interna stanno affrontando delle sfide molto impegnative che comportano sacrifici, anche in termini di vite umane. Le tensioni sociali sono poi aggravate da un’instabilità politica dovuta al mancato accordo tra i vari partiti circa il Presidente da eleggere, figura chiave nel bilanciamento dei poteri in un sistema politico basato sul Confessionalismo; basti pensare che questo vacuum presidenziale si protrae dal mese di maggio del 2014. Ciò nonostante, la situazione nella nostra area di responsabilità rimane stabile grazie allo sforzo congiunto esercitato quotidianamente dalle Forze Armate Libanesi a fianco dei peackepeers di UNIFIL nel controllo e nel monitoraggio del territorio (lungo la Blue Line), dello spazio aereo e delle acque territoriali libanesi da parte della Maritime Task Force. Per quanto concerne il nostro mandato è importante che le capacità delle Forze Armate Libanesi vengano “incrementate” non solo come pre-requisito perché possano in futuro assumere il totale controllo della nostra area d’operazione e delle acque territoriali libanesi, ma anche come elemento chiave per muovere il Paese verso un cessate il fuoco permanente. A tal proposito, è stata molto importante la creazione dello “Strategic Dialogue” tra UNIFIL e le Forze Armate Libanesi quale meccanismo volto allo sviluppo mirato delle capacità delle Unità libanesi in termini di personale, armamenti e mezzi necessari per la completa attuazione della risoluzione 1701.

Come sono i rapporti tra la popolazione e i militari dell'UNIFIL che operano nei due settori?

Come ho avuto modo di dire recentemente durante i miei incontri con i massimi esponenti politici libanesi, dal Primo Ministro Tammam Salam al Presidente del Parlamento Nabih Berri, con il Capo delle Forze Armate Libanesi generale Kahwagi e sia con i leaders delle comunità locali e religiose, la popolazione della nostra area d’operazione rientra tra le priorità del mio mandato: la generosa accoglienza rivolta al personale di UNIFIL è decisiva per il successo della missione. UNIFIL riserva grande importanza alle relazioni con la popolazione locale che viene costantemente informata circa le attivitá svolte dai caschi blu che operano nel pieno rispetto della cultura locale, al fine di evitare interferenze nella vita quotidiana delle comunità locali. Sebbene UNIFIL, per sua natura, non sia una missione di tipo umanitaria, il personale militare e civile è impegnato nello sviluppo di tantissimi progetti di cooperazione civile-militare attraverso la realizzazione dei Quick Impact Project (QIP), progetti a breve e medio termine rivolti alle fasce più bisognose della popolazione, come la fornitura di beni e servizi di prima necessitá (acqua potabile, energia elettrica, assistenza sanitaria, etc.) e infrastrutturali (strade, presidi medico–ospedalieri, attrezzature per uffici della pubblica amministrazione, etc.). Quest’attività di costante collegamento con le comunitá locali consente accrescere il consenso verso UNIFIL e ciò, naturalmente, non può che favorire il successo della missione. Occorre ricordare che la presenza di UNIFIL genera un indotto economico importante che, unito alla ricaduta in termini economici dei citati QIP, ha determinato nel corso degli anni una ripresa dell’economia dell’area. Va da sè che il miglioramento delle condizioni economiche crea un ambiente più sicuro, minori tensioni sociali e consente a UNIFIL di operare efficacemente in collaborazione e a supporto delle LAF per il pieno rispetto della Risoluzione 1701.

Rispetto agli ultimi avvenimenti internazionali che stanno interessando il Medioriente, l'ISIS in particolare, potrà o non potrà cambiare la missione UNIFIL?

La Missione è rinnovata di anno in anno, su richiesta delle parti, con obiettivi e strumenti la cui validitá ed efficacia è valutata in base ai risultati raggiunti e all’evoluzione della situazione geopolitica della Regione, del livello e del tipo di minaccia. L’ISIS rappresenta una minaccia a livello globale, per cui anche il sud del Libano non può sottrarsi a tale pericolo. Proprio per questo motivo, sebbene la situazione attualmente sia stabile, al fine fronteggiare efficacemente qualsiasi criticitá, abbiamo incrementato le attività di controllo del territorio e delle acque antistanti al Libano. Tutte queste attività sono ovviamente svolte in stretto coordinamento e a supporto delle Forze Armate Libanesi che, insieme al Governo, sono i primi responsabili della sicurezza e stabilità di quest’area.

Secondo lei le buone pratiche di UNIFIL potrebbero essere applicate in altre missioni alla quale l'ONU potrebbe essere chiamata (Libia)?

Quando si parla di UNIFIL si ha in mente un modello vincente che ha prodotto un periodo di calma e stabilità che il sud del Libano non conosceva da oltre 30 anni e di cui stanno godendo entrambe le parti. È molto difficile, se non impossibile, paragonare diverse realtà sotto ogni punto di vista: da quello politico a quello storico, dalle relazioni internazionali al diverso contesto geostrategico in cui si trovano i due Paesi che fa osservare situazioni conflittuali assai differenti che non consentono l’adozione ovvero l’applicazione dello stesso “algoritmo operativo”.

Salvatore Pappalardo