Intervista al comandante del 51° Stormo, col. D'Andrea

07/08/14

Conferme e cambiamenti. Sono queste le parole chiave che stanno caratterizzando il 51° Stormo dell'Aeronautica Militare, su base Istrana. Da poco effettuato il cambio di comando, lo Stormo ha visto anche il rientro dall'Afghanistan dei "Black cats" dopo sei anni di attività, e nei prossimi due mesi vedrà lo schieramento del 101° gruppo di volo, finora operante presso il 32° Stormo, su base Amendola.

Abbiamo intervistato il colonnello pilota Maurizio D'Andrea, da poco subentrato al colonnello pilota Mauro Lunardi alla guida dello storico Stormo.

Colonnello, come sappiamo ha da poco preso il comando qui ad Istrana al 51° Stormo. Ci può raccontare il suo percorso professionale?

Appartengo alla classe 68, e sono entrato in Accademia Aeronautica nel 1988 con il corso Ibis IV. Ho frequentato l'iter normale allora previsto, tre anni e mezzo a Pozzuoli, la scuola di pilotaggio, nel mio caso negli Stati Uniti (Base di Laughlin, Texas), ed il corso pre-operativo sul G91T ad Amendola, uno degli ultimi corsi effettuati su quel velivolo, ed al termine dell’iter il trasferimento al 3° Stormo sulla linea AMX.

Assegnato al 132° Gruppo Volo, sono sempre rimasto lì. Sino al 1999 a Villafranca di Verona, dopodiché, seguendone la rilocazione, ad Istrana, con una parentesi di un anno come Ufficiale di inquadramento in Accademia ed un impiego nei Balcani, a terra, come forward air controller, un ruolo attualmente svolto in Aeronautica dalle Forze Speciali.

Terminato il percorso operativo al Gruppo Volo ed all'Ufficio Operazioni, nel 2008 sono passato al Comando Operativo di Poggio Renatico (FE), dove ho prestato servizio con diversi incarichi sino al mio rientro al 51° Stormo. Durante i sei anni a Ferrara sono stato allo staff college a Roma e per due anni in Afghanistan: 6 mesi come Comandate della JATF (Joint Air Task Force, ndr) ad Herat e 18 mesi come Deputy Director Air Operations a Kabul, nel Comando Operativo della NATO.

Ritorno qui ad Istrana in veste di comandante, quindi non solo nel settore operativo, ma con un incarico a 360°. Ho ritrovato l'aeroplano su cui ho sempre volato, l'AMX. In questo momento di ottimizzazione delle risorse, l’AM trasferisce gli AMX del 101° Gruppo Volo dal 32° Stormo di Amendola ad Istrana, tra Luglio e Settembre.

Sappiamo che lei ha già prestato servizio ad Istrana, come pilota. Quali sono state le sensazioni che ha provato tornando allo Stormo in qualità di comandante?

Una forte emozione, poiché avevo un bellissimo ricordo di questo reparto. Sapevo che stavo tornando in uno Stormo con tradizioni fortissime, una radicata integrazione nel territorio ed una professionalità eccellente. Dall'ultimo dei ragazzi in arrivo, al più esperto degli ufficiali, dimostrano tutti un entusiasmo nel lavoro encomiabile. Nella marca trevigiana mi sono trovato benissimo, ed è stato facile integrarsi. Siamo ben voluti e lavoriamo spesso con le amministrazioni pubbliche, con le istituzioni, anche con i privati.

Quando un comandante fa ritorno in un posto dove ha prestato servizio, paga un prezzo e riscuote un benefit. Il benefit è immediato, si conoscono le dinamiche, le persone, si può partire subito con il lavoro senza bisogno di un periodo di rodaggio e di ambientamento.Il prezzo da pagare è il rischio di sottostimare certe problematiche perché influenzati da ciò che si è vissuto e dai propri preconcetti. Evitando di farlo, si traggono solo i vantaggi, e con questi presupposti si può lavorare molto bene.

Il 51° ha visto schierati su questa base tra i più amati velivoli dell'AM, dal G91, ex velivolo PAN, e l'F104 - lo spillone come lo chiamano gli appassionati - e ora l'AMX. Come è stato questo sviluppo tecnologico continuo non solo dello Stormo ma anche dell'intera arma?

Il mutamento è notevole. Quello che l'AMX fa oggi grazie alla tecnologia è molto diverso rispetto a quello che si faceva con il G91 o con l’F104. Sono velivoli che appartengono a diverse generazioni. Dal punto di vista avionico è la capacità di originare e gestire complesse e numerose informazioni che fa la differenza con il passato, mentre nel settore dell’armamento è la precisione “chirurgica” e l’efficacia raggiunta. Inoltre, si sa che per una persona l'aggiornamento in campo tecnologico è difficile, e che con l’età si fa sempre più fatica. Noi chiediamo ai nostri uomini di fare questi salti tecnologici su un intero sistema d'arma molto complesso, e grazie ai corsi, alla dedizione e alla professionalità, si preparano in modo efficace. I risultati dimostrano anche la bontà dei processi addestrativi e di riqualificazione.

Dal punto di vista addestrativo qual è la routine che si segue all'interno dello Stormo?

Prepariamo i Gruppi Volo, fondamentalmente i piloti, che possono essere impiegati in operazioni convenzionali, in operazioni di peace-keeping o di peace-enforcement. Ma anche in operazioni non necessariamente militari, a supporto della protezione civile o a supporto di attività come l'operazione Mare Nostrum. Dobbiamo essere pronti ad operare su un ampio spettro di attività, e quindi l'addestramento deve riflettere tali necessità. Negli ultimi 15 anni gli AMX sono stati impiegati principalmente in operazioni di peace-keeping, ma non per questo dobbiamo trascurare tutti gli altri aspetti operativi, e la difficoltà, dopo un lungo impegno in un teatro come l'Afghanistan, è di saper calibrare bene quello che resta per mantenere la capacità addestrativa nelle rimanenti aree di lavoro. La parte della Base che non vola deve di contro essere in grado di fornire il supporto operativo e logistico necessario ai velivoli, sia in sede che proiettati all’esterno, e deve saperlo fare in ambienti degradati e con cornice di sicurezza ridotta all’essenziale.

Come ha detto, principalmente il reparto prepara piloti: qual è l'iter addestrativo che svolgono per diventare "combat ready" sulla linea AMX?

Normalmente dopo il brevetto di pilota militare, che può essere conseguito in varie scuole, si frequenta il corso pre-operativo a Lecce presso il 61° Stormo, in cui si valuta la capacità di un pilota di poter operare sulla linea aero-tattica. A questo punto si identificano i piloti che andranno sulla linea AMX, i quali, sino ad oggi, venivano mandati al 32° Stormo per il corso di conversione operativa, fatta principalmente sul velivolo biposto. Da settembre la fase di conversione, che dura circa sei mesi, verrà svolta presso il 51° Stormo, e si conclude con il conseguimento della capacità "limited" diimpiego. Dopo questi sei mesi, i piloti iniziano un addestramento avanzato per conseguire la capacità piena in tutti i ruoli, della durata di circa un anno.

Quindi più di 18 mesi per acquisire tutte le capacità operative del velivolo?

Esatto, il velivolo è multiruolo. Ha capacità di ricognizione tattica, e di fornire supporto ravvicinato alle truppe a terra, ed ognuna di queste due cose può essere fatta in vari modi, e con diverse tipologie di addestramento. In questi 18 mesi, ogni pilota transita attraverso varie fasi: l'addestramento viene condotto a pacchetti, in modo tale da dare la possibilità ad ogni ufficiale di apprendere prima o dopo alcune capacità a seconda delle proprie attitudini. A percorso finito, ogni pilota raggiunge comunque lo stesso livello di operatività.

Visto l'ampio spettro di operazioni in cui l'AMX può essere impiegato, che sinergia c'è con le altre Forze Armate sia a livello nazionale che internazionale?

Il velivolo viene impiegato al meglio quando fornisce supporto ravvicinato alle unità di manovra. Eserciti, Forze Speciali, unità navali ed anfibie. In questi contesti rende il massimo perchè viene impiegato per gli scopi per cui è stato concepito. Le dimostrazioni sono i Balcani e l'Afghanistan, e quindi cerchiamo di focalizzare l'addestramento in questi termini. Proprio in questi giorni stiamo ospitando un nutrito numero di JTAC (Joint terminal attack controller, ndr) che si addestreranno ad operare in simbiosi con l'AMX. Questa attività avviene a seconda delle esigenze delle FFAA. Dobbiamo sviluppare attraverso l’addestramento la sinergia necessaria.Esercitazioni più complesse come la Red Flag (esercitazione NATO con l'impiego di più forze armate dei paesi che fanno parte dell'Alleanza Atlantica, ndr), non fanno altro che da banco di prova: si svolge l'addestramento, lo si prova durante un'esercitazione complessa e se c'è l'impiego in un'operazione vera, siamo sicuri di essere pronti al 100%

Il rapporto con FFAA di altri paesi è un'ottima cartina tornasole per valutare le capacità che i vostri uomini raggiungono.

Certo, un livello di professionalità con elevati standard. E questo livello è stato testato in addestramento, con le esercitazioni "Red flag" e "Green flag", dove i nostri velivoli hanno operato anche con forze internazionali, e sul campo, in Afghanistan. L'AMX era basato su Herat e supportava prevalentemente le truppe italiane di RC West (Regional Command West, ndr) ma è stato chiamato anche a supportare unità all'esterno di RC West.

Ha parlato di Afghanistan. Da poco sono rientrati i "Black cats" dal teatro operativo: uno schieramento molto lungo. Quali sono state le principali difficoltà, quali tipologie di missione hanno svolto i nostri AMX e quali sono stati gli obiettivi raggiunti?

L'AMX ha dimostrato di poter essere impiegato con una facilità impareggiabile. Non ci sono state difficoltà, se non quelle logistiche nel dover raggiungere un teatro così lontanto e fare un set up per poter operare. Ma non è una difficoltà, è un'attività per cui l'AM è pronta: richiede solamente preparazione. Posso fare un esempio della facilità d'impiego di questo sistema d'arma: quando sono state cambiate le configurazioni del velivolo grazie ad un upgrade dell'avionica, queste nuove capacità sono state implementate nel giro di giorni. L’AMX è da poco rientrato in Italia, ed ha volato fino al giorno prima in Afghanistan. Siamo in grado di mantenere l'operatività fino alla fine dello schieramento, grazie alla flessibilità. Quali risultati sono stati ottenuti? I Black Cats hanno effettuato quasi diecimila ore, con migliaia di target ricogniti e centinaia di overwatch per le truppe a terra.

Il rischio più grande in un'operazione di counter-insurgency è quello dei collateral damage: non si è contrapposti ad un esercito schierato e con sistemi d'arma antiaereo. Ci si trova in un ambiente asimmetrico, dove si combatte una minaccia che si nasconde o si mischia all'interno di una popolazione. Il rischio più alto era quello di causare danni collaterali ma, con quasi diecimila ore di volo, in 6 anni di attività non ne è stato causato alcuno. Penso che questi dati riassumano perfettamente la qualità del lavoro svolto dai nostri uomini e la consistenza delle regole di ingaggio utilizzate. La possibilità di monitorare il territorio con assetti ISR quali Predator e AMX consente di conoscere molto bene la situazione allo scopo di prendere decisioni importanti per conoscere gli obiettivi senza arrecare nessun danno indesiderato.

Un altro fattore che molto spesso passa in secondo piano sono migliaia di procedure da rispettare in un teatro operativo suddiviso in diverse zone, come quello dell'Afghanistan.

La preparazione degli equipaggi è difficile, devono aderire e rispettare tutte le procedue del caso: posso assicurare che in Afghanistan prima di eseguire un intervento, che sia a fuoco o meno, prima di fornire un supporto di protezione, le regole a cui sottostare sono molto rigorose. Bisogna essere in grado di operare nella propria area, poichè ci sono aerei ovunque. Bisogna rispettare i confini nazionali e gli spazi aerei: la zona di RC west confina con l'Iran e con il Turkmenistan, altre zone con il Pakistan. Uno sconfinamento avrebbe un contraccolpo strategico. Nel collateral damage ci inserisco anche questo tipo di rischio. E anche sotto questo aspetto posso affermare che non abbiamo commesso errori.

Ora gli AMX sono tornati in Italia e come mi ha confermato, a breve tutta la linea AMX sarà schierata sul 51°. Come vede il futuro di questo velivolo?

L'AMX è in questo momento in piena maturità, e laddove la volontà politica/militare sia di impiegarlo, per una semplice esercitazione o per un'operazione, è pronto, ed i suoi equipaggi sono pronti con le capacità che dobbiamo mantenere. Il nostro compito è di essere sicuri che questo sistema d'arma sia full up fino a quando viene mantenuto operativo dai nostri vertici. È una macchina di una certa età, inizialmente per 2/3 italiana e ora è diventata al 99% italiana, e quindi dobbiamo anche esserne fieri.

Un'ultima domanda: cosa significa per lei essere stato pilota?

Significa aver avuto la fortuna di fare il lavoro che mi piace, che mi appassiona e che avrei fatto anche gratis. Tornare qui, ad Istrana,in veste di comandante mi ha cambiato totalmente la prospettiva: ora devo essere sicuro di mettere a disposizione dei miei uomini un percorso che permetta loro di esprimere al meglio le loro capacità. E considerato che so che darebbero anche la vita per questo mestiere - e qualcuno lo ha fatto - devo essere all'altezza in termini di professionalità, devo ricordarmi di quando, da pilota al Gruppo, mi si chiedeva disponibilità incondizionata, e quindi voglio meritarmi quella che chiedo ai miei uomini adesso. Sono responsabile di questo nei loro confronti. L'AM esprime delle capacità; noi qui esprimiamo alcune di quelle tra le più importanti che le forza armata possiede. Il mio compito è proprio questo: essere sicuro che queste capacità siano sempre pronte al 100%.

Nicolò Marangoni