Ridurre il suono di uno sparo: ogni arma "ha la sua voce"

(di Andrea Sapori)
05/12/23

(Continua) Veniamo alle carabine (bolt action o semiautomatiche).

Ricordo che, fatte salve alcune eccezioni, in Italia non si può "silenziare" un'arma.

Date cariche di polvere in quantità e qualità (velocità combustiva) atte a ottenere velocità subsoniche relativamente elevate, e quindi ancora con una grande quantità di gas di cui attenuare la velocità all'uscita del proiettile dalla volata dell'arma, il compito dei soppressori per armi lunghe risulterà assai complesso.

Così come nel caso di armi corte, ma forse in maniera ancor più particolare, la progettazione dei soppressori comprende fondamenti di fisica (dinamica dei fluidi e termodinamica) e chimica (formule e ricette ottimizzate per ottenere particolari velocità combustive) sia teorici che pratici, che daranno luogo alla produzione di cartucce da testare in ragione di soddisfare le particolari esigenze operative in specifici scenari di utilizzo.

Esistono in commercio cartucce subsoniche nei calibri per carabina (così come per pistola) di maggiore utilizzo. 
Tolta la fortuna (o la perizia) di trovare quelle giuste, cosa sempre possibile, ritengo però che ricaricare (ricreare, direi meglio) la giusta cartuccia per la propria carabina sia, in generale, la cosa più corretta da fare in questo particolare contesto.

Già poter e saper abbassare ad altamente subsonica la velocità di un proiettile, riduce di molto il rumore dello sparo: come diceva un famoso slogan "provare per credere". Questo, tra l'altro, porterà a comprendere in modo pratico quanto influisca la velocità supersonica del proiettile nel rumore dello sparo.

Ma perchè insistere sul volere "creare" la propria cartuccia?

"Ogni pistola ha la sua voce", diceva il personaggio di un famoso western. Aveva ed ha assolutamente ragione. 

Ogni carabina è stata costruita con il proprio passo di rigatura, il suo numero di righe, che addirittura avranno una loro geometria, e una specifica lunghezza di canna. Queste singolari caratteristiche tecniche, di per sé determinerebbero la necessità di personalizzazione delle cartucce.

Se aggiungiamo anche una specifica tipologia di ciclo di riarmo, bolt action o semiautomatica (che necessita di una carica diversa, più dinamica), direi che non ci dovrebbero essere dubbi sulla logica di ricaricare (o creare dal nuovo) le nostre munizioni, anche se testare le "commerciali" male di sicuro non fa. Come sempre, sarà la nostra personale esperienza a determinare la scelta più performante.

In ultimo, precisiamo che anche la forma della palla impiegata andrà attentamente valutata, dato che l'aerodinamica avrà un influenza minore sul volo del proiettile e che il peso andrà scelto tra i massimi accettabili dalla rigatura. Abbiamo quindi senz'altro intuito che rendere subsonica una cartuccia che nasce supersonica non è affatto limitarsi a ridurre la quantità di polvere all'interno del bossolo. Non funziona così.

Dedichiamo ora il giusto spazio all'utilizzo militare dei soppressori per carabine tattiche.

"Tatticamente", appunto, abbiamo un pro, la furtività, e un contro, la canna della carabina si allunga di alcune decine di centimetri, divenendo più evidente.

Prendiamo in considerazione uno scenario ipotetico: un tiratore scelto appostato in modo ovviamente occulto, in attesa del suo bersaglio, che già ha visualizzato le vie di scampo successive allo sparo anzi... agli spari (questo già fa capire l'opzione tattica essenziale di non far rilevare il primo sparo, sempre cosa buona e giusta).

Valuterà di quanti colpi potrà disporre prima di essere individuato. Rendere difficile al nemico (ma non impossibile) individuare da dove provengono gli spari è il dogma di ogni cecchino.

Oggi esistono sistemi portatili di rilevazione sonora in grado di localizzare con l'approssimazione di pochi metri quadrati la posizione di uno sniper. Come sempre, sarà il tempo impiegato per la localizzazione a fare la differenza. Ecco una ragione, o meglio La Ragione, di disporre di un valido soppressore (oltre che di un valido addestramento specifico): guadagnare tempo, sapendo che ad ogni sparo ce ne sarà sempre meno.

Certo, con un soppressore efficace la canna di una carabina da cecchino si allunga di 30 centimetri, e anche di più. Ok. Ma se il silenziatore saprà far bene il suo mestiere questo è un prezzo che si paga volentieri.

Un tiratore scelto addestrato saprà calcolare lo scadimento del colpo subsonico silenziato, in ragione del contesto di missione, rispetto ad uno supersonico. Avrà fatto le prove necessarie per capire che, oltre i 300 metri, attingere un bersaglio con una cartuccia subsonica e con un soppressore è sostanzialmente come fare un terno al lotto dove, per forma mentis, la fortuna non ha quasi nessuno spazio.
Cosa diversa invece, è la scelta tattica di sparare comunque con una cartuccia supersonica con un soppressore montato sulla canna, al fine di guadagnare qualche secondo in più, pur sapendo che lo sparo, anche se attenuato, si udirà, pur con qualche incertezza, che sarà possibile gestire. Ma, secondo me, queste sono "malizie" che hanno più a che fare con le caratteristiche da "fuoriclasse" dei singoli soggetti in questione. E dei loro istruttori.

Parliamo ora dell'utilizzo di soppressori montati sui fucili da assalto.

Chiunque abbia sparato con (o che sia stato nei pressi di) una carabina di medio calibro, in azione, senza protezioni uditive, potrà dirvi che ha subito un trauma (chiedere lumi al direttore).

Un plotone, una sezione, una squadra che effettua una manovra di assalto con fucili semiautomatici, scarica sull'obiettivo un'autentica tempesta di fuoco (nell'immagine fotogramma de la "battaglia di Bala Murghab").

La prima cosa che accade a chi si troverà nelle vicinanze, nemico o amico che sia, senza le adeguate protezioni uditive, sarà la lacerazione dei timpani (ammesso che non abbia di peggio a cui pensare). Questo significherà una pericolosa perdita di essenziale "consapevolezza situazionale". Si pensi per esempio anche all'uso, in particolari contesti, di ordigni "flash-bang", specifici per questo scopo.

Per contro, per chi attacca, usare protezioni uditive comporta un certo limite tattico: bisogna sentire, ascoltare, percepire in ogni modo la posizione esatta di amici e nemici. Unitamente a sistemi di controllo attivo delle onde sonore (cuffie elettroniche) oggi comunemente disponibili, i soppressori rappresentano un vantaggio evidente (se ben condiviso in fase di addestramento).

Nelle armi da assalto moderne (prendiamo ad esempio la carabina M4 in calibro 5.56x45 NATO) un buon soppressore non è più lungo di una ventina di centimetri, quindi gestibilissimo in ogni contesto operativo. Lo scadimento balistico non sarà superiore al 20, 25% dello standard con munizioni supersoniche, a fronte di una discreta riduzione del rumore dello sparo, anche in semiautomatico, un'opzione interessante soprattutto nel CQC.

Nel caso invece di armi da appoggio di squadra, come le nuove carabine "marksman" in calibro 6.5 Creedmoor, sarà la scelta operativa del soldato a determinare la facoltà di utilizzare o meno un sistema di soppressione sonora, a seconda dei contesti operativi.

La tecnica

Nonostante la progettazione richieda conoscenze tecnico-scientifiche di buon livello, per la costruzione non si tratta di alta ingegneria, ma di semplice applicazione di regole già previste da ormai più di un secolo, con variazioni di volta in volta dettate da esperienze e prove pratiche sul campo.

Quello che, a mio avviso, davvero conta, è "sentire" come si comporta il flusso dei gas al variare del tipo e della carica di polvere utilizzati nella cartuccia.

Suddividiamo per tipo di arma e per tipologia di utilizzo i due tipi di soppressori di più pratico impiego, restando al contesto militare:

  • armi corte, medie e fucili da assalto
  • armi lunghe

In entrambi i casi, il materiale utilizzato è l'acciaio o, al limite, l'alluminio aeronautico. La verniciatura esterna è necessariamente termoresistente, date le temperature che si raggiungono durante l'impiego operativo o in addestramento. La costruzione di tutte le parti è di precisione decimale, sia in tolleranza di montaggio che in allineamento, e prevede la possibilità di smontaggio completo di tutte le componenti ai fini di pulizia e controllo usura.

Le dimensioni (da considerare relativamente) variano a seconda dell'utilizzo, della lunghezza della canna dell'arma, e hanno approssimativamente un rapporto con la canna di 1 a 1 per le armi corte e medie, 1 a 3 per i fucili d'assalto, 1 a 2.5 per le armi lunghe da tiro. Il rapporto lunghezza su diametro sarà di 1 a 5 sulle dimensioni del silenziatore. Esempio: una canna da 61cm vedrà un silenziatore di 25cm come standard, con diametro di 5cm.

Il tubo avrà una precamera lunga circa il doppio delle camere di riduzione, che solitamente vanno da 7 a 9, composte da dischi variamente forellati, anche a geometria convessa contraria al flusso dei gas di sparo, di solito (ma non necessariamente) tenuti in posizione da molle o spessori calibrati, con un foro centrale passante avente un lasco di un millimetro rispetto al calibro utilizzato. Ovviamente il disco base sarà filettato, per il bloccaggio sulla volata della canna, mentre quello opposto sarà passante, entrambi rimovibili per avvitamento.

Parrebbe, a prima vista, nulla di complicato. E invece, le armerie e gli arsenali dei reparti delle forze armate interessati custodiscono gelosamente i loro segreti costruttivi e le loro alchemiche ricette, frutto di decenni di esperienza sul campo. Facendo meno rumore possibile.

Leggi la prima parte Ridurre il suono di uno sparo (dimenticando i film)

Foto: U.S. Navy / web / U.S. Marine Corps / U.S. Army / Difesa Online