Moskva: quando i nomi diventano troppo pesanti per una nave

(di Gino Lanzara)
14/04/22

La guerra russo ucraina, prodiga di spunti imprevisti sul fronte terrestre e aeronautico, riserva notevoli soprese anche sulle acque del Mar Nero. Pur non potendosi parlare di azioni navali in senso stretto da parte ucraina, stante l’inesistenza di una flotta in grado di operare, le offese portate alle unità navali di Mosca lasciano un’eco notevole.

Dopo l’affondamento del cargo Helt saltato su una mina in prossimità del porto di Odessa, gli attacchi di Berdyansk, portati con missili Tochka rimodernati con un sistema a guida satellitare gps e testate da 482 kg di esplosivo che hanno colpito la nave anfibia da sbarco Orsk a Berdyansk e danneggiato la Kunikov e la Novocherkassk, è stato il turno dell’incrociatore Moskva (foto), considerata l’unità in zona più potente a disposizione del Cremlino.

Secondo la dottrina d’impiego russa, gli incrociatori più che scortare unità maggiori, assolvono a funzioni d’attacco. Non a caso il Moskva dispone di missili antinave supersonici e missili da difesa aerea S-300F che insieme ai missili S-400 della base di Sebastopoli e ad altri sistemi d’arma schierati in Crimea permettono la copertura di gran parte del Mar Nero settentrionale.

Durante le operazioni terrestri, dopo aver operato in prossimità dell’Isola dei Serpenti, il Moskva è rimasto a distanza dalle azioni intimidatorie operate sotto costa dalle altre unità tornando periodicamente a Sebastopoli. Le dimostrazioni di capacità anfibia condotte marina russa, a voler indicare all’inizio delle ostilità un assalto imminente, sembrano essere servite a bloccare le forze ucraine, con il Moskva impegnato in funzioni di comando e controllo.

Le notizie ovviamente si rincorrono, specialmente in merito alle dinamiche.

Che il "Mosca" sia nave nobile in quanto incrociatore è fuori di dubbio, che poi la sua capacità bellica venga messa a tacere non può che rivestire ancora maggiore rilevanza.

Gli ucraini si attribuiscono il merito di essere riusciti a centrare la nave con i loro missili Neptune, mentre i russi denunciano danni da grave incendio a bordo. In ogni caso, per una nave di quella importanza, laddove anche si fosse verificato un semplice incendio, non si potrebbe stigmatizzare altro che o una imperdonabile incuria in zona d’operazioni, oppure il richiamo ad una presa d’atto della pericolosa obsolescenza di un’unità ormai attempata entrata in servizio nel 1983, il che ci riporta a considerare lo stato d’efficienza generale dello strumento bellico russo.

Se la Orsk ha costituito una perdita dolorosa, riesce facile immaginare il clima che si sta respirando al Cremlino in queste ore, con la nave ammiraglia della Flotta del Mar Nero per di più intitolata alla capitale, di fatto persa; nave ammiraglia, aneddoto da ricordare, protagonista dello scambio di invettive con il personale ucraino di stanza sull’Isola dei Serpenti.

La Marina russa, a seguito della fine del regime sovietico, ha attraversato lunghi periodi di crisi, attribuibili a carenze strategiche interne all’apparato statale che hanno determinato un’imperfetta preparazione tecnica del personale e manutenzioni precarie.

Gli intenti dell’attuale esecutivo hanno puntato sull’ammodernamento di armi ed equipaggiamenti, con il contestuale miglioramento delle condizioni di vita degli equipaggi.

Torniamo agli avvenimenti del Mediterraneo, che vedono le navi di Mosca cui è impedito il passaggio del Bosforo per effetto della Convenzione di Montreux.

Tra le aree marittime greche ed italiane stanno prendendo dunque forma operazioni che richiamano i ricordi legati a controlli ed inseguimenti navali da guerra fredda in una zona, quella tra Jonio e Adriatico, più prossima alla Crimea e che permette il lancio di missili balistici a lunga distanza.

Se il Bosforo è vietato, aumenta la pressione all’esterno. Nelle settimane scorse il Mediterraneo è stato solcato dagli incrociatori Varyag (foto) e Ustinov dotati di missili anti portaerei, dai caccia Tributs e Kulakov, dalla fregata Kasatanov, con schermaglie che hanno riguardato unità USA (USS Truman con velivoli F-18 Hornet) prospicienti le coste calabre.

Ma non tutto procede secondo le pianificazioni, come del resto sul fronte terrestre; permanenza fuori sede, carenza di valide basi d’appoggio per la manutenzione, logistica approssimativa, stanno creando problemi di difficile soluzione, testimoniati dall’emersione di un sommergibile Kilo prossimo a Cipro supportato da una nave officina e da una corvetta.

Anche la Francia ha fatto decollare i suoi Rafale dalla portaerei Charles De Gaulle per tenere a distanza bombardieri russi. Con il Bosforo chiuso la Russia perde la possibilità di rimpiazzare un’unità navale in grado di operare quale centro di comando e controllo, e di sviluppare ulteriori volumi di fuoco. Resta da verificare la capacità russa di sostenersi logisticamente e con costanti manutenzioni in aree lontane dalle basi ed altamente impegnative.

Grande assente l’unica portaerei russa, la Kutnetsov1, in prolungata manutenzione.

1 Durante i lavori la nave è colpita da due incidenti: nel 2018 il bacino di carenaggio galleggiante a lei destinato affonda parzialmente, ed una gru precipita sul ponte di volo aprendo uno squarcio di quasi 20 metri; nel 2019 scoppia un incendio a bordo per errori nella procedura di saldatura.

Foto: MoD Fed. Russa