Ucraina-Russia: la pace impossibile

(di David Rossi)
16/06/22

I lettori di Difesa Online spesso mi chiedono se non sarebbe meno doloroso per l’Ucraina arrendersi e accettare una pace qualsiasi con la Russia. È la domanda di chi, diciamolo francamente, è disturbato dalle immagini di guerra e di morte durante i telegiornali né più né meno che dalle pubblicità delle pomate per le emorroidi o degli assorbenti per il ciclo mestruale durante il pranzo o la cena. Insomma, disturbano la nostra vita comoda: in fondo, ci farebbe piacere tornare a parlare di tasse, di immigrazione clandestina e di calcio. Anzi, meglio non parlare di calcio e della Nazionale in questo periodo.

Ma è davvero possibile per l’Ucraina raggiungere adesso un accordo con la Russia? Lasciando da parte la questione dell’esclusione da alleanze e della demilitarizzazione, che evidentemente possono essere imposte a un Paese capitolato, che non è il caso dell’Ucraina, la domanda merita di essere dettagliata, per essere capita meglio.

Proviamo a farlo: è sostenibile internamente ed in termini di sicurezza una transazione fra lo Stato ucraino, aggredito e attualmente in parte occupato, e la Federazione russa, che attualmente ha più di due terzi dei propri battaglioni schierati in Ucraina in fase offensiva, che preveda la cessione legittima di territori e popolazioni dall’Ucraina alla Russia in cambio della cessazione di detta offensiva? Ecco, posta così è un’altra cosa, vi pare? Ci sono almeno punti che caratterizzano questa benedetta “transazione”, perché di questo si tratta, che non possono essere trascurati:

La transazione deve essere internamente sostenibile, cioè deve collocarsi all’interno del quadro costituzionale ucraino, non in contrasto con la volontà popolare e soprattutto non in opposizione agli obblighi internazionali dell’Ucraina. Alla luce dei disposti costituzionali di Kiev, sarebbe necessario un referendum esteso a tutte le popolazioni e non valido solo a livello di singoli oblast, ma nazionale. Poi, ci sono i nodi, probabilmente non solvibili, dei territori sottoposti a occupazione e/o governo militare, della libertà di espressione delle popolazioni trasferite in Russia, dei profughi ecc. Insomma, siamo nella nebbia più fitta, checché ne dicano i “pasdaran” della pace subito e a qualunque costo.

La transazione deve essere sostenibile in termini di sicurezza. Innanzitutto, deve partire da un cessate il fuoco che comporti non solo la cessazione delle ostilità da parte dell’attaccante, ma anche il ripiegamento delle sue forze su posizioni non offensive. Ma che questo significhi la fine dell’aggressione è tutto da vedere: con le truppe russe presenti su una parte del proprio territorio e i sistemi missilistici del Cremlino puntati su ogni singola città dell’Ucraina, Kiev ha bisogno non di chiacchiere ma di garanzie. E le garanzie di cui si parla sono meccanismi di reazione rapida a eventuali future aggressioni. Insomma, lungi dallo schierare solo dei caschi blu, Paesi come l’Italia, gli Stati Uniti, la Turchia ecc. saranno richiesti di trasformarsi in difensori dell’Ucraina nell’ipotesi di un nuovo attacco russo. I sostenitori della “pace per non cadere nella Terza guerra mondiale” non si sono accorti che questo meccanismo renderebbe un enorme conflitto ineluttabile e che senza questo meccanismo nessun accordo è possibile.

La transazione deve prevedere un passaggio legittimo di territori e popolazioni da una parte all’altra. In pratica, si chiede all’Ucraina di “cedere” a chi già li ha in suo possesso dei territori sottratti in spregio al diritto internazionale, in qualunque modo la si veda. Sì, si deve legittimare in tutto o in parte la conquista di un territorio con la forza nel 2022. Le anime belle che pensano che “gli Americani lo hanno fatto” in Iraq e in Afghanistan forse dovrebbero premere il pulsante sign out dai social media ogni tanto: entrambi i Paesi non sono mai stati sul punto di diventare stati o dipendenze degli USA, come invece è successo alla Crimea e potrebbe capitare a Kherson e al Donbass. Poi, stiamo parlando di abbandonare popolazioni e territori al controllo dei “macellai” di Bucha, Chernihiv e Mariupol. Insomma, come cedere i prigionieri a Stalin… Cosa che, tra l’altro, abbiamo fatto in passato…

La transazione deve prevedere la cessazione completa dello stato di guerra. Intendiamoci: lo stato di guerra è cessato fra Giappone e URSS o fra le due Coree da tre generazioni senza che le due parti abbiano firmato un trattato formale, ma limitandosi a tenere in piedi una tregua lunghissima. Ma non è questo l’obiettivo dei nostri “uomini di pace”: loro vorrebbero che la Russia fosse abbastanza “appagata” e soprattutto “non umiliata” da abbandonare ulteriori ambizioni e velleità aggressive. Invece, i recenti disegni di legge presso la Duma, il parlamento russo, che prevedono il ritiro del riconoscimento dell’indipendenza di Ucraina, Lettonia, Lituania e Estonia dicono il contrario. Ma questo spesso ci rifiutiamo di vederlo, per non ammettere che un accordo di pace è al di là del possibile.

Alla fine, una domanda si impone: se al posto dell’Ucraina ci fosse stata l’Italia, quali regioni o province ognuno di noi sarebbe stato disposto a cedere alla Francia, alla Germania o all’Austria per non soffrire più? Quanto dolore e quanta ingiustizia verso altri italiani saremmo stati disposti a tollerare? Si sarebbero sentiti degli "eroi" e dei "pacificatori" se nell’autunno del 1917 avessero ceduto il Nord Est agli Asburgo o Trieste alla Jugoslavia nel 1945?

Forse sì, ma io, nel mio piccolo, li avrei definiti in altro modo.

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